Questo breve libro di G. Garcia Márquez ha in sé tutto il fascino e la nostalgia della cultura colombiana a cui fa riferimento, come nel più celebre Cent’anni di solitudine, libro intriso della cultura e della superstizione popolare latinoamericana financo a ritornare al pensiero magico dei primitivi, carattere che annovera lo scrittore tra gli esponenti del realismo magico in letteratura.
Pubblicato per la prima volta nel 1994 Dell’amore e di altri demoni narra, con la consueta indolenza di Marquez che non ha nulla da invidiare allo spleen baudeleriano, della vicenda di una giovane donna rinchiusa in un convento a causa di una sospetta rabbia scambiata per un caso di possessione demoniaca da parte degli uffici ecclesiastici del luogo. Si fa carico di indagare sulla questione un giovane prelato avvezzo alla lettura molto più che alla vita e che avrà da scoprire in sé il demone più violento di tutti, quello dell’amore.
Nonostante la storia in sè e per sé non risulti delle più originali, i sottotesti poetici e critici di quest’opera del novecento, la emancipano a testo di lettura realmente interessante. È violenta e affatto velata la critica alla chiesa che ottusamente confina tutto ciò che non si prende la briga di voler approfondire, tra le fiamme del demoniaco, come lo è altrettanto la critica alla condizione di incorruttibilità carnale a cui sono obbligati i suoi ufficiali, una vita in qualche modo contro natura come essa stessa ci è stata donata da Dio. Un’ulteriore punto di vista è l’analisi che emerge chiaramente dalle pagine dello scrittore, sulla condizione dei neri ancora sotto regime di schiavitù dei bianchi, sulla povertà di costoro e su come sia facile trovare un capro espiatorio in ciò che è diverso ed straneo da noi piuttosto che rivolgere lo sguardo agli errori propri, e in questo caso, agli errori dei genitori di Sierva Maria (questo è il nome della protagonista del racconto) che, avuta da un matrimonio di convenienza, fu abbandonata alle cure della servitù di casa. Tale vicinanza della fanciulla con le pratiche religiose e le lingue africane, inasprisce la convinzione che ella sia posseduta da una moltitudine di demoni, mentre in realtà traspare la mala fede della Madre Superiora del convento inacidita da conflitti di potere con il vescovo del luogo, tanto che essa riversa sulla povera ragazza inviata al convento a nome di tale Vescovo, tutta la propria frustrazione.
Oltre i punti di vista critici e i livelli di lettura molteplici, ciò che rende unico un libro come questo è “l’aria” che avvolge tutta la vicenda; l’atmosfera riporta alla mente certi dipinti della secessione viennese in cui emergono dalle tenebre, donne di una bellezza conturbante ed emaciata, di un fascino cadaverico e sublime al tempo stesso, di una bellezza nera e senza tempo. Ma in sottofondo si odono cori atavici di danze africane dai colori caldi ed accecanti, immerse in un caldo umido e soffocante ed il contrasto tra oscurità e luce abbacinante imprigiona la fantasia del lettore costringendolo ad una lettura vorace e senza sosta, fino all’ultima parola, sembra di essere catapultati a teatro e ci si gusta la maestria nell‘utilizzo di luce ed ombra.
L’incipit che l’autore stesso racconta essere stata la molla iniziale di questo lavoro, è di per sé immensamente suggestiva: fu mandato per un servizio giornalistico nell’antico convento di Santa Clara a Cartagene de Indias entro il quale stavano aprendo le cripte delle suore di clausura e da una di queste emerse una chioma ramata di ventidue metri ed undici centimetri ancora attaccata al cranio della defunta Sierva Maria de Todos los Angeles; capelli umani che continuavano a crescere dopo la morte della suora da duecento anni, episodio che rimase particolarmente impresso nella fantasia dello scrittore.
Se amanti del genere, Marquez che fu insignito del premio nobel per la letteratura nel 1982, è un autore assolutamente imperdibile e questo libro in particolare, è una perla piccola e delicata nel panorama letterario contemporaneo.
Elena Sudano