
Artemisia Gentileschi – Autoritratto come allegoria della Pittura
Oggi è molto facile far sentire una persona “sbagliata” e additarla pubblicamente come tale solo perchè la pensa diversamente da noi. E non mi riferisco solo alle parole di odio ben confezionate oppure alle invettive che si scrivono sui social, ma ai gesti di odio e alle minacce di morte vere e proprie, come quelle recentemente subite da JK Rowling, solo per fare un esempio.
Sembra che la libertà di pensiero sia un diritto consentito solo a chi la pensa come noi e agisce come noi, tutti gli altri sono da stigmatizzare, da ridurre in un angolo, da distruggere. Se vogliamo che qualcuno cambi idea dobbiamo essere in grado in prima persona di dialogare, di offrire argomenti basati su valori condivisi e se questi valori mancano o non siamo in grado di trovarli, non ci resta che rispettare chi la pensa diversamente da noi.
I valori condivisi però non si creano con lo schioccare delle dita, con la frusta o antagonizzando qualcuno sui social. Devono essere curati come si cura un giardino, è necessario educarsi, educare e venire educati alla loro importanza. Non si può dopo anni (o secoli?) di totale incuria ed esaltazione dell’individualismo più sfrenato, pretendere che basti dire o imporre alle persone di fare qualcosa per convincerle che quel bene che indichiamo è veramente un bene per l’individuo e la società.
Invece di allargare il divario tra “noi” e “loro”, tra quelli nel giusto e gli “sbagliati” dovremmo colmarlo di valori condivisi, cercarli se non li troviamo, costruirli insieme se mancano. Non dimentichiamo che le coscienze maturano e cambiano ma non certo a forza di parole d’odio e invettive. Ci vuole tempo e dedizione perchè una coscienza possa maturare, perchè qualcosa prima considerato sbagliato, diventi un bene, giusto e condivisibile. Il processo è altrettanto lungo quando si vuole proporre un valore ad una comunità che non lo considera tale per tradizione, ragioni culturali e religiose. Un esempio comprensibile a tutti è l’uguale dignità della donna rispetto all’uomo, il suo diritto all’educazione, al lavoro, all’autonomia, a svolgere professioni una volta appannaggio solo degli uomini, a studiare ed insegnare discipline (ancora oggi purtroppo) considerate maschili.
Una legge scritta può essere ingiusta ed una non scritta umana e condivisibile. Quando si oltrepassa la soglia del rispetto dovuto all’individuo, alla sua dignità inviolabile, poco conta se abbiamo ragione, stiamo comunque fallendo.
Antonella Foderaro