La mia generazione e’ stata testimone di fatti riguardanti la lotta alla criminalita’ organizzata che si possono considerare gia’ storia. Ha visto le immagini, ha letto schietti e coraggiosi articoli di giornale, conosce la condizione di vita di chi ha contrastato con i propri libri il fenomeno mafioso, ed oggi vive con la scorta. La mia generazione si e’ dovuta confrontare con l’idea di una democrazia svilita nel suo valore, infine, ha visto mettere in discussione (non sempre con argomentazioni di tipo costruttivo) l’ istituzione della magistratura.
C’e’ chi sostiene, con ampie e interessanti argomentazioni a supporto, che non solo l’ordine economico sia minacciato dall’ attivita’ delle associazioni nate per delinquere, ma anche la democrazia: ” La democrazia e’ anche trasparenza delle decisioni, partecipazione e controllo dell’esercizio del potere. Il potere della mafia e’ occulto, incontrollato, imposto con la forza e la prevaricazione. Democrazia e mafia sono incompatibili ” [1]
Parte del lavoro dei magistrati consiste nel comprendere il fenomeno delle attivita’ delle organizzazioni criminali , nel conoscere le varie realta’ nelle quali si infiltrano o nelle quali sono gia’ molto radicate, e i sistemi (soprattutto economici) nei quali opera; infine, nel trovare o concepire gli strumenti giuridici per sconfiggerlo o quantomeno per arginarlo.
“Per combattere la mafia e il potere dei mafiosi bisogna conoscerli, cosi’ come e’ necessario sbarazzarsi una volta per tutte delle equivoche teorie della mafia figlia del sottosviluppo, quando in realta’ essa rappresenta la sintesi di tutte le forme di illecito sfruttamento delle ricchezze”, avendo consapevolezza che “le logiche mafiose non sono mai sorpassate e incomprensibili, sono le logiche del potere, e sempre funzionali ad uno scopo”. [2]
Denaro e potere, e’ arcinoto, sono gli interessi delle varie organizzazioni criminali. Il denaro, in particolare, rappresenta la linfa vitale e il punto debole in caso di sequestro e confisca dei beni. Attraverso queste due azioni si toglie di fatto all’organizzazione il controllo sul patrimonio accumulato (case, terreni, aziende, titoli, denaro contante), frutto delle azioni criminali , per osteggiare la gestione e il reimpiego dello stesso a fini illegali (corruzione compresa). In Italia, attualmente, e’ anche previsto che i beni confiscati debbano essere destinati alla collettivita’ e riutilizzati per scopi di utilita’ sociale. L’unico patrimonio, purtroppo, che non riusciremo mai a farci restiture e’ quello umano, perso a causa degli attentati . Mi riferisco in particolare alle stragi del 1992 in cui persero la vita, tra gli altri, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Uomini brillanti, incorruttibili, tenaci, coraggiosi, costretti ad affrontare prove durissime come la paura, l’isolamento, l’indifferenza, costretti a subire pesanti restrizioni della propria liberta’ personale, uomini che hanno condiviso l’esperienza del sacrificio con i propri familiari. Uomini che, anche attraverso la loro professione, hanno segnato una nettissima e profonda linea di separazione tra passato e futuro. Grazie al loro impegno personale e professionale, alla loro determinazione sono state svelate nel tempo le logiche di Cosa Nostra, dalla loro esperienza sul campo, in prima linea, e dalle loro collaborazioni derivano un innovativo metodo d’indagine e un efficace modello legislativo per la lotta alla criminalita’. Strumenti, questi ultimi, per mezzo dei quali si e’ potuta ripristinare (seppure non definitivamente) la legge dello Stato, laddove in precedenza vigeva la legge delle cosche. L’anno 1986, in particolare, viene ricordato (anche grazie alla grande risonanza mediatica dell’evento) come l’anno della svolta. Cio’ che, prima del famoso maxiprocesso del 1986, si riteneva per consuetudine e complicita’ non esistesse (il fenomeno mafioso) era stato finalmente mostrato. Grazie al nuovo metodo d’indagine i magistrati avevano accumulato e depositato le prove con le quali e’ stato possibile giudicare e condannare numerosi esponenti dell’organizzazione e questo rappresentava per l’epoca una novita’, dato che molti processi prima di quella data si erano conclusi favorevolmente per i criminali a causa della mancanza di prove (non che queste non ci fossero, naturalmente).
Fu imposto un duro colpo alle organizzazioni criminali e la risposta , atroce, non tardo’ ad arrivare. Sonora, eclatante, spietata, smisurata. Con l’eliminazione fisica dei magistrati si e’ voluto non solo colpire chi aveva osato contrastare il potere delle associazioni criminali, non solo indirizzare un chiaro messaggio alle Istituzioni, allo Stato, il cui legittimo esercizio del potere confliggeva (sullo stesso territorio) con quello delle organizzazioni, ma anche impedire un cambiamento. A volte, pero’, la realta’ prende una piega imprevedibile. Questi uomini sono andati oltre come solo gli eroi sanno fare e andare oltre, in questo caso, significa morire e rinascere dentro la testa, il cuore, l’anima di altri esseri umani. Quelle esplosioni hanno seminato morte e paura ma sembra anche che innumerevoli schegge siano andate a colpire milioni di persone senza ammazzarle. Sembra quasi che chiunque abbia rivolto l’attenzione verso i fatti di quegli anni porti dentro di se’ un po’ di quel dolore, talmente piccolo da non fermarlo, da non ucciderlo, ma talmente incisivo, pungente, profondo da non lasciare spazio all’indifferenza. Molte persone hanno iniziato a chiedersi quale fosse il significato dell’esistenza in quel momento storico, sia come individui, sia come collettivita’. Dopo le stragi, in molti si sono ritrovati spontaneamente davanti all’ albero Falcone: “….Il tronco dell’albero era coperto da fogli di quaderno e da biglietti di carta di tutti i colori, scritti con la penna o con i pennarelli…….Mi avvicinai all’albero e lessi a voce alta…..”
“…quasi tutti i verbi dei foglietti che hai letto sono al futuro…..il futuro e’ il tempo della speranza. Prima di Giovanni non c’era tutta questa fiducia in un futuro migliore per Palermo e per la Sicilia. C’era rassegnazione: la mafia e’ sempre esistita e sempre esistera’…. Tutti questi verbi al futuro sono la grande vittoria di Giovanni .” [3]
Ogni cambiamento esige una domanda e un desiderio di vita e comprendere qual e’ il significato dell’esistenza in un preciso momento storico e’ fondamentale per poter cambiare il presente e, quindi, riappropriarsi del futuro.
La grande vittoria di Giovanni: la ricerca della verita’, una visione differente del futuro , il risveglio della coscienza collettiva, la capacita’ umana e professionale di cambiare la realta’, la capacita’ di reagire alle avversita’, la grande forza di volonta’, l’uso del potere con fine altruistico. Un sistema senza un sano esercizio del potere con fine altruistico implode e non evolve , genera solo morte, distruzione, abusi, sfruttamento, oppressione, violenza (il potere fine a se stesso).
Tra le attivita’ principali delle organizzazioni criminali troviamo il commercio di armi, di stupefacenti e lo sfruttamento della prostituzione. Tutte queste possono condurre all’annientamento della persona, della sua umanita’. Il potere economico non e’ l’unico di cui dispone la criminalita’ organizzata, il potere in assoluto piu’ forte e’ quello che permette di disporre dell’anima e del tempo delle persone. Chi “possiede” il presente di un individuo ha gia’ messo le mani sul suo futuro.
Il terreno fertile in cui trovano spazio questi fenomeni e’ un tessuto sociale indebolito, incapace di reagire per mancanza di conoscenza, di forza o di semplice disponibilita’, rassegnato, indifferente.
L’ indifferenza uccide, non solo gli altri, chi resta indifferente muore dentro.
Gli individui di una comunita’ sono co-creatori, il loro pensiero contribuisce a costruire la realta’ e la storia. C’e’ un’enorme responsabilita’ nel pensare. La persona che non gestisce questa responsabilita’ spesso diventa un burattino e non sempre per convenienza , puo’ diventare molto facilmente vittima o schiavo in catene. L’uomo che non e’ libero, che non ha mai conosciuto altro rispetto a quel tipo di cultura, difficilmente potra’ essere in grado di produrre pensieri di diverso tipo e di trasmetterli alle generazioni successive.
E’ di Antonino Caponnetto [4] la frase “La mafia teme più la scuola della giustizia. L’istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa”.
E’ vero, la conoscenza ci ha sempre liberato dalle catene. Le catene della “cultura della sopraffazione, della prepotenza, dell’ anti-Stato, della violenza impunita, dell’aggressione senza colpevoli, del silenzio del complice” [5], in breve le catene della cultura mafiosa, non si spezzano tanto facilmente. Ma che sia impossibile spezzarle non e’ vero, il cambiamento che si voleva impedire e’ scritto nella coscienza collettiva ed e’ gia’ memoria storica.
I fatti della nostra storia recente ci hanno reso coscienti di molte cose, ci hanno lasciato molti semi. Credo che tutti siano chiamati ad accogliere tale grande, impegnativa eredita’, con la consapevolezza di dover volgere lo sguardo su queste vicende, sui fatti, soprattutto sulle omissioni. A tenere gli occhi aperti, a guardare oltre le apparenze, ad essere vigili, a partecipare, a capire, a ricordare e a trasmettere. La perdita di uomini di tale spessore, dall’ inestimabile valore professionale, umano e civile, ci porta a dedurre che forse non abbiamo ancora compreso per cosa vale veramente la pena di vivere e ci invita a renderci maggiormente disponibili a convergere verso determinati obiettivi comuni quali la legalita’, la trasparenza, la giustizia (obiettivi in grado di salvaguardare e garantirci il diritto alla vita e alla piena realizzazione di noi stessi), ma non solo. La coesione sociale, la condivisione, l’unione, l’istruzione, la conoscenza. Un sistema nel quale si perdono le migliori risorse e’ un sistema che necessita di ulteriori, profondi cambiamenti che possono e devono concretizzarsi nel tempo. Nessuna generazione nell’arco di tempo in cui e’ chiamata ad esprimersi puo’, da sola, farsi carico di tutto il peso di determinate situazioni, soprattutto se sprovvista degli strumenti necessari. Ogni generazione pero’ puo’ contribuire al cambiamento. Le generazioni del cambiamento sono affamate, soffrono di quella sana inquietudine che spinge continuamente verso la conoscenza, sono animate da una costante e irrefrenabile ricerca delle verita’.
[ 1 ] Mafia pulita, Elio Veltri e Antonio Laudati, Longanesi
[ 2 ] Cose di Cosa Nostra , Giovanni Falcone , Rizzoli
[ 3 ] Per questo mi chiamo Giovanni , Luigi Garlando, Bur
[ 4 ] Antonino Caponnetto, magistrato, guidò il Pool antimafia, ideato da Rocco Chinnici
[ 5 ] Aldo Cazzullo , La forza dei simboli, Corriere della Sera
www. fondazionefalcone.it
www.antoniocaponnetto.it
Antonella Sorvillo