Ormai sono giorni che mi gira per la testa questa pubblicità, è dentro di me così come lo sei tu. Il momento che sto vivendo è magico e meraviglioso; io, neo bocconiano, mi ritrovo a 23 anni con una laurea ed un impiego niente male un ”giovane rampante”, o meglio “yuppies” viene etichettato chi come me vive questa condizione di benessere e di boom economico. I nuovi ricchi, anche se in verità di soldi ne vedo ancora ben pochi e la fiat uno (rigorosamente turbo, anche se diesel) è stata acquistata a rate. Ti conobbi il giorno successivo alla grande nevicata, il 16 gennaio del 1985; Milano è stata messa in ginocchio da 50 cm di neve, un evento tanto bello quanto devastante ma sempre benedetto da me quel giorno che mi ha permesso di incontrarti: costretto a prendere i mezzi pubblici ti vidi davanti alla stazione centrale, avvolta nel tuo montone color crema, i tuoi lunghi capelli biondi facevano da splendida cornice al contesto innevato. La prima cosa che noto è la fede nunziale al dito; l’aria seria ed austera nonché la tua età, maggiore della mia, lasciano intendere che sei una donna seria e che non mi degnerai neanche di uno sguardo e poi perché mai dovresti guardare un ragazzino come me? Nell’osservarti ho il tempo di riflettere e di fare una considerazione di quanto noi uomini siamo ingiusti, stereotipati nel trattare l’argomento donna: in azienda, tra noi impiegati, si parla delle “donne mature”, quelle donne che hanno oltrepassato i 35 anni, ricche di esperienza e spesso deluse dal matrimonio; si utilizza un termine, “scopabile” per indicare una tipologia di donna, facile preda per noi ragazzi ancora ventenni. Solo adesso mi rendo conto, vedendoti, come quel parlare oltre che inadeguato quanto sia deplorevole. Arriva l’autobus e ti avvii per salire; nonostante non sia la linea che attendo, sono tentato a prenderla, ma pensandoci….perché dovrei? Vedo le tue caviglie appena scoperte e velate dalle calze nel salire i gradini dell’autobus e decido di seguirti. Appenati sono accanto ho delle strane sensazioni come se tu avessi percepito il mio interesse, non so …ho come l’impressione che tu mi stia osservando nonostante lo sguardo sia rivolto in avanti, ma nel momento in cui mi rivolgi un’occhiata veloce e diretta mi rendo conto che le mie non erano illusioni e supposizioni: in quel momento per te esistevo. Ho il cuore in fibrillazione quando mi rivolgi a fil di voce un timido “grazie” nell’aver aperto un varco attraverso la folla dell’autobus, volgendo lo sguardo in basso; Prego ancora tu possa guardami, e darmi un altro cenno…
“che freddo, oggi” dici; sì, parliamo del tempo, basta che si parli.- “è da poco tempo che prendo questa linea, da quando mi sono trasferita da Milano nell’hinterland; certo abitare in città ha dei vantaggi, talvolta”– hai rotto il ghiaccio e ne approfitto per ricambiare scambiando delle frasi di rito, forse balbettando un po’ per l’emozione.- “Anche per me è la prima volta che prendo questa linea…per lavoro sono sempre in macchina…se mi permetti, vorrei presentarmi…mi chiamo Antonio”- “Piacere, Anna ” dirai con un sorriso languido. Sono passati 4 mesi da quel primo fortuito incontro; oggi, come allora, il mio interesse per te non è diminuito. Spesso mi chiedo come mai una donna come te possa trovarmi gradevole. In azienda, diffusa la notizia del nostro incontro, le battute volgari sono all’ordine del giorno…non posso sopportare che venga infangata la tua figura, pertanto rompo alcuni contatti tra i colleghi e per non farti capire cosa stia succedendo intorno a me cerco sempre di precederti e di chiamarti in ufficio. Hai 34 anni, ma dimostri una vitalità ed un entusiasmo degno di una ventenne; la recente maternità non ha scalfito minimamente il tuo corpo, conservi tutte le bellezze armoniche che solo a guardarle mi emozionano e mi esaltano; sebbene ci siamo solo incontrati diverse volte per chiaccherare e bere un caffè non mi dispiace di non averti portata a letto anche se, devo ammettere, la voglia adesso è davvero tanta ma resterà un sogno fine a sé stesso; dopotutto appari felicemente sposata e spesso mi dici che sono per te un grande amico.
Al telefono ti sento emozionata, allegra, mi dici che mi devi assolutamente parlare; appuntamento al “nostro” piazzale Liberty alle ore 10. Ti vedo arrivare più ansimante che mai, con in mano un borsone:- “ho due giorni di libertà, “lui” starà fuori casa per lavoro e il bimbo è con mia suocera…..dove mi porti?” E’ stato come un fiume in piena che ti travolge, non mi aspettavo questa possibilità della tua proposta presa con tanta fermezza e decisione; avrei voluto piangere abbracciandoti, il mio cuore adesso pulsava in maniera accelerata in sintonia con il tuo, eravamo due corpi in un’anima.- “ti porto alle cinque terre, ti va?- “no, da quella parte no, qualsiasi posto ma vorrei salire, andare più a nord, fuggire lontano, metti tanta strada dietro… “ va bene…direzione laghi e autostrada per Novara, poi lì vedremo”.
la ragazza dietro al banco mescolava birra chiara e seven up e il sorriso da fossette e denti era da pubblicità, come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill, mentre i sogni miei segreti li rombavano già i tir” ……le parole di Guccini contornavano il senso di benessere diffuso in macchina accompagnato sì da poche parole, ma da sguardi intensi e dalla tua mano sulla mia fintanto che mi dirai:”fermati a quell’autogrill, desidero fare l’amore con te”. La stanza non è molto accogliente, ma pulita, ti spoglio piano piano, il tempo si rallenta ed ogni secondo è scandito dal nostro respiro sempre più intenso e dalla radio le note di Grazia di Michele con “le ragazze di gaugun” fanno da colonna sonora al lento scoprirsi del tuo corpo; con “forbiddencolours” di David Sylvian sono già dentro di te e l’infinito mi si para davanti nella finitezza dei nostri corpi e immensamente vorrei ringraziarti per il dono che mi hai concesso. Dopo aver fatto l’amore decidemmo di fare un giro, mano nella mano, nei mercatini del lago Orta, animato e variopinto dai primi nordafricani venuti nel nostro paese, chiamati ingiustamente “vu cumprà”; la tua piccola mano nella mia, in un connubio di armonia e leggerezza e quasi non mi sembra vero di vivere questa storia con te. È forse tempo di domande ma la paura di affrontare la realtà ci fa desistere da porre qualsiasi dubbio e quesito; è bello così, viverlo al momento con la consapevolezza non dichiarata che si tratta di una momentanea illusione. La sera ci accompagna in quella che sarà l’ultima e dolcissima notte passata insieme e “le notti di maggio” cantata da Mannoia ci cullerà in un dolcissimo viaggio nel tepore dei nostri corpi.
La verità prima o poi si presenta con la sua crudeltà ed allora non puoi e non devi fare finta di nulla; se prima tutto sembrava possibile e affrontabile adesso piombano addosso sensi di colpa, moralità e pensieri strani…ed è già l’inizio della fine. Sento svanire una magia, un’intesa…parole di giustificazione nei confronti del tuo consorte fan si che io nutra sentimenti di trascuratezza e abbandono. I pensieri, quelli cattivi, vengono su come il sangue alla testa, mi hai preso l’anima, i sentimenti, ti ho difeso a spada tratta…adesso vedo avvicinarsi l’ombra della solitudine.- “pronto Anna? Ti devo parlare, subito, possiamo vederci?”- “Oggi no”, risponderai“. Non sei stata di molte parole ma la brevità del messaggio non lasciava adire alcun dubbio, sentivo la tristezza impadronirsi di me, non dovevo fare quella telefonata, non dovevo. Se l’istintività non avesse fatto da padrone ti avrei chiamato dopo qualche giorno con la speranza che l’attesa ti avesse fatto soffrire un po’! Ed, invece sto soffrendo io, e maledettamente, come una morsa nello stomaco che affonda sempre di più togliendomi il respiro e la voglia di guardare avanti. Mi auguro solo che le mie siano solo supposizioni e vedo nell’indomani uno spiraglio di luce che infonde in me un momentaneo benessere, tanto da poter dire: “che sciocco che sono, domani sicuramente andrà meglio”.
È un sabato, del 16 novembre del 1987; una bellissima giornata, fredda ma limpida; sono qui in piazza Duomo a guardare le insegne della “Milano 3 che avanza” ma le più belle sono sempre quelle luminose di fronte al Duomo; è vero sì, le insegne trasfigurano la piazza ma emanano un fascino, specialmente notturno, che mi ricorda ingenuamente Trafalgar Square. La telefonata che aspettavo da te non è mai arrivata, nonostante siano passati due anni ti parlo ancora come se tu fossi vicino e accanto a me; ti cerco, mi sembra che tu debba apparire da un momento all’altro. Mi rimane una (bella) foto in bianco e nero, scattata da un tuo amico, che ti ritrae malinconia con un gioco di ombre e solo adesso mi accorgo di quanto quella foto fosse audace, sensuale intrigante e accattivante. Mi assale un senso di rabbia profonda: il destinatario della foto non ero io; mi chiedo chi fosse questo tuo amico e che diritto aveva a fotografarti seminuda. Ed altri ricordi ancora riaffiorano mentre le mie guance diventano rosse per la rabbia e ho perfino caldo. Chi era quell’uomo sulla cinquantina che ti cingeva la vita, all’uscita dal posto di lavoro, coprendoti con il suo ombrello, mentre una pioggia torrenziale batteva all’unisono con il ritmo frenetico delle pulsazioni delle mie tempie? Chi era? Non so chi era lui, so solo che sei una stronza, stronza, maledettissima stronza, e le lacrime vengono giù, mentre un bambino intento a mangiare delle castagne arrostite fa cenno alla madre, indicandomi. Prendo possesso di me, asciugo le lacrime; basta…voltiamo pagina.
Oggi vicino ai 40 anni, con una famiglia sulle spalle, un lavoro che dà soddisfazioni ma ti chiede anche tanto, con i pensieri tipici di tutte le famiglie. Un pomeriggio afoso del giugno 2005 mi trovo a perdere tempo in Rinascente, adesso anche questo, come gustare un gelato passeggiando in centro, rappresenta un diversivo, un motivo banale (forse un po’ borghese) di interrompere la monotonia. L’unica novità è che ho avuto modo di coltivale il benessere interiore studiando filosofia e psicologia. Guardo le donne, ora, anche sotto un’altra angolazione, meno ossessivamente per di più mettendomi nei loro panni e il mondo (non più) segreto delle donne mi è più chiaro, con i malcontenti, umori, sensazioni e mondo interiore. Ho imparato molto dal mondo femminile tramite anche i diari che finalmente trovano il coraggio di uscire ed essere pubblicati; veri o falsi che siano, finalmente le donne fan sentire la loro voce, il grido viscerale di rabbia, amore, sentimento, sesso e passione. Nell’osservarle, così come avrebbe fatto un personaggio di Truffaut, guardando le gambe e le caviglie elegantemente finite dalle scarpe che solo il sesso femminile sa quanto sia importante valorizzare nel modo giusto, noto una caviglia familiare; il cuore ha un sussulto perché temo quello che poi si rileva il giusto presentimento quando poi vedo il volto di Anna. Ci siamo guardati, senza dire nulla, anche perché le parole sarebbero state soffocate; non ho potuto fare a meno di osservarti con fare clinico in ogni dettaglio, dalla fede nuziale ancora lì e dal resto del corpo che sebbene appartiene adesso ad una donna sopra la cinquantina, è ancora motivo di degna attrazione. Soltanto gli occhi, sorretti da un leggero contorno di occhiaie, tradiscono stanchezza, delusione, apatia e forse anche gioia mancata, probabilmente ancora ricercata ma certamente da tempo non più assaporata. Nel vedere la mia espressione di meraviglia ma anche di scrutata osservazione dirai:
– sono cambiata, vero?
– un po’, ma sempre elegantemente seducente
– tu sei cambiato.. e molto; hai il fascino dell’uomo posato, con qualche chilo in più che non gusta e con quell’aria da filosofo sei ancora più affascinante.
Ho sempre sognato di rincontrarla anche se da qualche anno, la speranza andava scemando, immaginando le frasi che avrei detto nonché il tono di voce da impostare e gli atteggiamenti da adottare; la ferita era rimarginata, è vero, ma la cicatrice era ancora lì, a pormi ulteriori ed estenuanti interrogativi. Adesso è inaspettatamente davanti a me e tutto si svolge nella più completa naturalezza e sento nuovamente il cuore fibrillare come non lo era più stato in tutti questi anni. Guardandola negli occhi, oggi con la saggezza matura, ho capito che non avrei mai dovuto aggredirla quel giorno, ma soprattutto non avrei dovuto emettere sentenze a priori. E’ proprio difficile tenere a bada un cuore tradito.
– Sai, ho avuto diversi uomini dopo di te, cercando negli altri quelle sensazioni che il tuo mondo magico mi avevano regalato, senza mai trovarle; sei davvero unico, purtroppo mi sono resa conto dell’errore che ho fatto solo quando non c’eri più.
Le parole mi suonano false e rituali, forse un modo per scusarsi di una senso di colpa opprimente volto a cercare un attenuante o un segno di perdono sebbene con qualche anno di ritardo, oppure ancora per salvare la faccia, non so…con una mano mi sfiori lentamente il viso “in una carezza lieve come un soffio di vento” e solo allora ho capito quanto la tua affermazione sia stata sincera. Adesso la tua mano, lievemente velata da qualche ruga in più, è di nuovo nella mia e sento quell’energia ormai assopita prendersi possesso ancora di noi due.
– vieni Anna mia, se corriamo forse riusciamo a raggiungere il tempo che ha voluto rallentare per aspettare due anime che finalmente saranno libere di amarsi”. Il tempo si era davvero fermato, un microcosmo di sentimenti, ricordi, emozioni, gelosamente conservato in un limbo che aspettava ansiosamente di riprendere vita.
– Sì, Antonio mio, andiamo, ma tienimi stretta, forte a te.
Antonello Bellanca