Certamente ci sarà capitato di chiederci “perché comunicare?”
Per esempio, un brutto voto a scuola, una multa, una separazione. Dalle informazioni più ordinarie alle più importanti, spesso si sceglie di comunicare per dovere, raramente per piacere. Dovere verso persone con le quali condividiamo qualcosa o istituzioni, dipendendo dal tipo di informazione.
Non tutte le informazioni però sono uguali per chi le comunica e per chi le riceve. Alcune comunicano eventi personali, gioiosi o dolorosi, altre ci mettono al corrente di come si sono svolti o si svolgeranno determinanti fatti e le loro conseguenze, altre ancora ci aggiornano su nuove scoperte scientifiche. Ovviamente non tutte le informazioni suscitano il nostro interesse, ci coinvolgono o sono importanti per noi. Ogni informazione che risulti significativa per chi la riceve si definisce rilevante per quella persona. Non sempre però chi comunica sa in anticipo per chi quella informazione potrebbe esserlo, anche se vorrebbe fosse rilevante per tutti.
Per esempio, in una scuola viene pubblicata la data della convocazione del collegio docenti. In segreteria presumono che questa sia una informazione rilevante per tutti gli insegnanti. Tuttavia, qualcuno è in ferie, altri in malattia, altri lavorano in diversi circoli e non parteciperanno a quella riunione. Qualcuno è distratto e non legge la comunicazione perché ne riceve tante simili dalla segreteria per cose di ordinaria amministrazione che solitamente non lo riguardano. Insomma, una notizia rilevante potrebbe risultare irrilevante o per ragioni circostanziali (docente malato/in ferie), o per il continuo bombardamento di informazioni poco significative (docente distratto). In quest’ultimo caso consideriamo che la comunicazione è fallita, in quanto una notizia significativa per un individuo, è stata cestinata o ignorata. Un altro esempio di comunicazione (spesso) fallita è il post che condividiamo sui social media. Pensieri, immagini, nostre o di terzi, che rispecchiano i nostri stati d’animo, che possono incontrare la totale indifferenza degli altri a loro volta focalizzati interamente sui propri stati d’animo.
La pubblicità è spesso un esempio di una comunicazione irrilevante che riesce tuttavia ad essere efficace. Le ragioni della comunicazione in questo caso sono ben diverse, non si tratta né di dovere, né di piacere, ma puramente di lucro. Questo tipo di comunicazioni in virtù del loro fine dovrebbero essere considerate non attendibili fino a prova contraria. Infatti, la pubblicità non ha mai il fine di informare, ma di convincere ad acquistare. La propaganda politica può essere considerata al pari della pubblicità. Il fine è raramente informare quanto piuttosto acquisire voti e screditare gli avversari. Anche in questo caso bisognerebbe considerare le comunicazioni divulgate attendibili solo se corroborate da dati oggettivi.
Il fallimento della comunicazione è solitamente dovuto in parte all’agente che comunica, il quale non è stato in grado di applicare una strategia comunicativa efficace. In parte è dovuta come detto, all’eccesso di informazioni, non sempre utili o costruttive, che circolano. Spesso è dovuta all’irrilevanza circostanziale di ciò che è comunicato. Infine, può essere dovuta all’algoritmo della piattaforma sulla quale si condivide, che influenza la visibilità (sempre più spesso a pagamento) di ciò che comunichiamo.
Ma quando una strategia comunicativa può dirsi efficace? Quando raggiunge con chiarezza tutti i destinatari per i quali è rilevante. Ovviamente le situazioni nella vita cambiano, quindi qualcosa che prima era insignificante improvvisamene assume significato.
Per raggiungere tutti i destinatari, la comunicazione deve essere creata in maniera tale da essere gratuita, facilmente rintracciabile, leggibile, comprensibile e deve tenere presente eventuali barriere comunicative. Per esempio, si deve considerare che il messaggio deve raggiungere utenti anziani che forse sono impossibilitati ad uscire da casa, utenti che non vedono e/o sentono bene, utenti che hanno difficoltà di comprensione del testo, etc.
Una buona strategia comunicativa in breve considera le esigenze di tutti i possibili destinatari e adatta l’informazione a queste esigenze, non il contrario (per approfondire leggi anche qui).
Questo è vero per tutte le informazioni anche quelle scientifiche. Ogni anno vengono pubblicati tantissimi articoli in discipline scientifiche diverse, alcuni di questi articoli sono sicuramente estremamente interessanti per noi, perché hanno un impatto sul nostro lavoro, la nostra salute, le leggi, etc. Eppure, noi non ne veniamo informati. Alle volte questi articoli sono pubblicati in lingue che non conosciamo, altre pur essendo nella nostra madre lingua sono a pagamento, altre ancora hanno l’accesso gratuito, ma il linguaggio usato è così complesso che è difficile capire quale sia l’impatto sulle nostre vite e scelte. In quest’ultimo caso diciamo che anche la comunicazione scientifica fallisce in quanto non raggiunge tutti gli utenti per i quali è significativa.
A tal fine esiste la mediazione di esperti della comunicazione che semplificano il linguaggio scientifico e presentano le scoperte più importanti degli articoli di ricerca. Attraverso immagini ed altre forme non verbali, questi esperti contribuiscono alla diffusione della scienza. Un esempio memorabile è il dépliant con le istruzioni per lavarsi/disinfettarsi bene le mani distribuito durante la pandemia o su come indossare la mascherina. Queste informazioni, tratte da studi scientifici altrimenti incomprensibili, sono state semplificate in modo che chiunque potesse capire dalle immagini cosa fare per tutelare la saluta propria e altrui.
Non tutte le aree scientifiche ricevono la stessa diffusione e la stessa attenzione, però. In questo caso si tratta di vere e proprie ingiustizie comunicative, rese possibili da investimenti fruibili solo da alcune aree di ricerca ritenute più redditizie di altre. Comunicare in modo efficace comporta sforzo e anche denaro, ma senza questo investimento, gli utenti non solo non vengono informati, ma spesso disinformati. La disinformazione ed il calo di fiducia nella scienza, quindi, non devono essere esclusivamente attribuiti all’incapacità di alcune persone di distinguere notizie vere da false, ma anche al mancato intervento di chi dovrebbe salvaguardare il bene pubblico nel promuovere la diffusione di informazioni qualitative a discapito di informazioni spazzatura.
Le informazioni scientifiche di aree privilegiate, quali per esempio la medicina, vengono usualmente più diffuse. Nessuno o in pochi si interessano di diffondere scoperte scientifiche di aree meno “redditizie” come scienze dell’informazione, della formazione, lettere, filosofia, etc. Questo a sua volta ha un forte impatto sul valore che viene attribuito a queste scienze nella società e sulle scelte dei nostri figli nell’intraprendere studi universitari e carriere professionali.
Vi chiederete, ma perchè questo è rilevante per me come individuo? Perché la ricerca scientifica, anche quella che sembra più teorica e meno redditizia, ha un forte impatto su ogni vita, incluso la tua, quella dei tuoi cari e sull’ambiente. Ignorarlo è come cestinare una notizia che ci comunica un appuntamento importante per il nostro immediato futuro.
Non accontentiamoci di informazioni spazzatura, ma pretendiamo che i risultati della ricerca scientifica vengano sempre resi accessibili a tutti e che la loro diffusione venga affidata alla mediazione comunicativa di esperti capaci di raggiungere tutti coloro per i quali quella informazione è rilevante. In questo modo avremo modo di scegliere in maniera informata e di cambiare convinzioni formatesi su notizie obsolete, insufficienti e spesso maliziosamente ingannevoli. Inoltre, dal momento che i risultati della ricerca hanno un impatto sulle nostre vite quotidiane, partecipiamo alla ricerca che riguarda l’istruzione dei nostri figli, la prevenzione della salute, il bene comune pubblico, le leggi, etc.
E soprattutto non dimentichiamo che il fallimento della comunicazione non è mai attribuibile unicamente a chi la eroga.
Antonella Foderaro
Bibliografia
Foderaro, A. and Lorentzen, D.G. (2024), “Traditional, dialogical and complex scholarly communication: towards a renewed trust in science”, Journal of Documentation, Vol. ahead-of-print No. ahead-of-print. DOI: https://doi.org/10.1108/JD-12-2023-0252
Popular abstract of “Traditional, dialogical and complex scholarly communication: towards a renewed trust in science” here: https://link.growkudos.com/1euvofaw3k0
A free version of “Traditional, dialogical and complex scholarly communication: towards a renewed trust in science” here: https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=4789071
Lugones, M. (2006), “On complex communication”, Hypatia, Vol. 21 No. 3, pp. 75-85, doi: 10.1111/j.1527-2001.2006.tb01114.x
Venturini, T. (2019). From fake to junk news: The data politics of online virality. In Data politics (pp. 123-144). Routledge. http://www.tommasoventurini.it/wp/wp-content/uploads/2018/10/Venturini_FromFakeToJunkNews.pdf