Film d’animazione giapponese diretto dal maestro Hayao Miyazaki, quest’opera può considerarsi un piccolo capolavoro della cinematografia del genere (i vecchi cartoni animati). Non è un compito semplice parlarne perché la cultura occidentale spesso cataloga questa tipologia nel puro “intrattenimento per bambini” e dunque dobbiamo prima superare questa forma di “pregiudizio” che inevitabilmente ci porta a banalizzarne i contenuti mortificandone, nostro malgrado, l’aspetto poetico e filosofico. Fortunatamente grazie allo sviluppo della tecnologia d’animazione e ad una ricerca e selezione più profonda e articolata delle storie (qui dobbiamo elogiare la Pixar Animation Studios) questo “mercato” è riuscito ad aprirsi anche ad un pubblico più adulto. Hayao Miyazaki (fondatore dello Studio Ghibli) ne è considerato il maggior esponente giapponese e tutti i suoi film sono come un viaggio straordinario verso un mondo magico ed unico. Il tema che seguirò, proponendovi la visione de “La città incantata” è la magia delle cose. Lasciandomi guidare come sempre dai dialoghi e dalle scene del film, cercherò di delineare il rapporto che l’uomo (il bambino?) ha con il mondo circostante e sarà la stessa Chihiro davanti alle terme del parco dei divertimenti a suggerire la sua personale risposta: “è magico!”
I bambini vedono con occhi diversi?
Il film inizia con l’immagine di una bambina, la protagonista Chihiro, sdraiata sulla schiena nel sedile posteriore della macchina dei genitori, i piedi appoggiati al finestrino, che stringe tra le braccia un mazzo di fiori. Questa sequenza iniziale è già un richiamo alla memoria, a quando eravamo piccoli scriccioli: chi di noi non si riconosce seduto scompostamente là dietro? Una delle maggiori doti di Hayao Miyazaki è l’estrema sensibilità nel “raccontare” il periodo della fanciullezza, un raccontare che assume, per chi sa ascoltare, la fisionomia di un viaggio nella propria infanzia. Quando eravamo piccoli il nostro tempo era scandito dalla scoperta ed ogni nostra scoperta era una magia ed ogni cosa, oggetto, elemento naturale assumeva per noi una vita vera e propria. Inutile mentire, quando siamo diventati delle persone “formate” (di che e da cosa poi chissà) abbiamo perso con il passare del tempo “quel tempo” e con esso il nostro sguardo “speciale” sulle cose.
Abbandoniamo i nostri sogni crescendo?
Nella maggior parte dei casi, purtroppo, la maturità di uomo si scontra con la fanciullezza perduta: il mondo degli adulti reclama la nostra “crescita” e l’unico legame concesso e legittimo con la nostra infanzia è quello del rimpianto. Nonostante questa costante educazione al disincanto però, ci sono anime che riescono a mantenere in perfetto equilibrio il loro essere-uomo e il loro stato- bambino. Queste persone sono anime speciali, sono esseri che soffrono nel vedere un solo elemento della natura perire. Dunque, i nostri sogni da bambino possono restare inalterati se abbiamo la capacità di mantenere viva la nostra anima nella quale “quel tempo” in realtà non è mai scaduto.
La magia delle cose si ciba del nostro nome?
Nella città incantata anche delle palle di fuliggine possono vivere ed interagire con noi come entità pensanti. Entrare in un mondo magico equivale a perdere ogni legame con la realtà, si perde il nome (così sentenzia Haku: “…è così che Yubaba ti controlla, rubandoti il nome…”) e il modo di vivere quotidiano; tutto ciò è indispensabile altrimenti la nostra fantasia sbiadirebbe. Pertanto Chihiro si chiamerà Sen. Haku afferma: “Devi mangiare un cibo di questo mondo altrimenti scomparirai”.
Il mondo dove noi depositiamo i nostri sogni deve cibarsi dei frutti del sogno stesso per vivere. Le cose nel mondo reale, la natura che ci accoglie e le cose che ne fanno parte, sono relegate a meri strumenti al nostro servizio, eppure questo mondo umanizzato ha un suo spirito.
Chi di noi non ricorda un luogo che riteneva speciale? Dove ogni oggetto si animava e per noi era un parco dei divertimenti?
Un peluche, un soldatino, una macchinina, un gatto, una stanza, un albero, ogni cosa quando si è piccoli ha uno spirito che noi apprezziamo e custodiamo; afferma la maga Yubaba contro Chihiro: “…e questo non è certo posto per gli essere umani. Sono terme per gli spiriti, un luogo speciale dove gli spiriti vengono a rimettersi in forza e voi umani dovete sempre rovinare tutto…”. In forza da cosa? Devono riprendersi dalle barbarie degli uomini. Già, noi uomini, gli adulti, dobbiamo sempre rovinare tutto. La nostra più grande colpa è quella di rendere ogni cosa un mezzo per i nostri scopi. I nostri occhi non hanno più il tatto per vedere le cose nel loro intimo esistere, noi stiamo perdendo la capacità di percepire l’anima delle cose quindi il dio del fiume si trasforma nello spirito del cattivo odore, una “sostanza” irriconoscibile, usata e infine gettata. Ma per difendere una magia, un sogno c’è bisogno di lavoro e passione. Afferma Kamagi: “Devi renderti utile, devi lavorare” e ancora “Se non lavorano l’incantesimo si rompe e tornano fuliggine”. La magia delle cose è quella terra che un tempo avevamo abbracciato con forza, è lo spirito del fiume Kohaku che nel rivederci ci dice “Ti conosco da quando eri molto piccola”. Le cose ci amano perché quando siamo dei bambini siamo degli esseri straordinariamente sensibili, ingenui, teneri e con occhi che vanno al di là della fisicità. Tutto quello che di cattivo c’è in un bambino è rubato all’uomo. Viviamo di sogni e tutto è magia. Come afferma Yuko Ogino, la madre di Chihiro: “Cambiare casa è un’avventura” e se da una parte il cambiamento non può che farci crescere, dall’altra questo ci lascia tristi perché abbiamo paura di perdere quei momenti di felicità. Tuttavia, il fiume ci lascia un messaggio di speranza, afferma la maga Zeniba: “Ogni volta che ci accade qualcosa quel ricordo ci apparterrà per sempre, anche se non lo ricordiamo più, basta solo un po’ di tempo per far tornare la memoria”. Nella città incantata troviamo una lanterna che ci accoglie saltellando e ci indica la strada, la stessa che ci saluterà con una mano al nostro addio; c’è un treno che attraversa delle acque e trasporta con se uomini-ombra senza volto e parole; c’è il signore Riccamano (senzavolto) che impara a tessere, insomma questo film è magico e noi dobbiamo solo restare incantati. Per questo concludiamo con la frase che dà inizio al film: “Addio Chihiro, mi mancherai”.
Francesco Colia
Donatella Quattrone
L’avevo visto. Un bel film.
“L’aspetto delle cose varia secondo le emozioni; e così noi vediamo magia e bellezza in loro, ma, in realtà, magia e bellezza sono in noi.”
Gibran