Immagine © Sebastião Salgado
È inevitabile pensare al successo delle nostre azioni come a un riconoscimento delle nostre qualità. Ma davvero le nostre qualità devono necessariamente avere un riscontro positivo per essere accettate come tali? I giudizi, così come i risultati di un progetto o di un’idea, possono congelare ogni entusiasmo e alimentare ogni genere di dissapore. Dietro una grande impresa c’è sempre la possibilità di un fallimento, che spesso viene percepito come una disfatta. Dove si trova il confine tra un’accettazione e una negazione? Il vero spesso si cela nelle ombre del ferire, frecce scagliate per colpire la propria autenticità, la propria serenità. La fiducia viene riposta nella volontà di un sapere che, troppo spesso, si orienta verso una gratificazione condizionata. Cimentarsi in imprese che non rappresentano un traguardo ma soltanto un accesso verso territori inesplorati e ambiziosi. Tutto deve essere orientato al successo, ogni traccia di accadimento, compimento è cancellato, trascurato per far posto a qualcosa che abbiamo dato attenzione e approvazione. Eppure, le risposte non hanno sempre una ragione voluta, un’azione risoluta perché il giudizio ruota intorno alle possibilità, vere o false che siano per una particolare finalità. Non tutto può seguire una logica di comprensione, una linea di sopportazione perché il pensiero si snoda lungo le strade delle aspettative fatte di attese fin troppo disattese così si disperde lo slancio di un sogno, un bisogno. Le risposte sono frangenti di un divenire imprevedibile, sanciscono umori, creano disordini che spesso non sappiamo governare. La luce non può illuminare gli spigoli bui del nostro tentativo di affermazione, il nostro grido permane come un gesto di sopraffazione perché il successo indossa i panni di una marionetta che si muove nella direzione dell’umiliazione. Eppure, il nostro movimento interiore non è inferiore al giudizio di un nome, tutto è nell’alveo delle potenzialità, nella dimora dell’essere dove tutto gravita nella purezza della casualità. Le risposte offrono sempre un forte condizionamento, un solido perfezionamento sulle paure, sulle congetture come se fossero l’unica cura per ogni sventura. Trovare le giuste motivazioni è sempre un luogo di incertezza, un rifugio intriso di leggerezza. Qual è il legame tra il desiderio e la sua realizzazione? Siamo infinitamente piccoli nel vasto mare dell’universo, tuttavia, le risposte che bramiamo sembrano essere l’unica forma di senso, come se il semplice esistere fosse solo una variante scomoda in cui riversare le inadeguatezze. È inevitabile pensare al successo delle nostre azioni e raccolti all’interno di una conchiglia, cerchiamo di proteggere le nostre piccole certezze.
Francesco Colia
La ricerca di un senso, di una ragione, di una meta.
Il riconoscimento di sé nel mondo e del mondo per il proprio sé.
Semplicemente essere, esistere, senza preoccuparsi del giudizio, senza aver bisogno di una corazza, del guscio di una conchiglia, a proteggerci.