
Narciso – Caravaggio
Si legge di tutto, ci si informa su tutto, sempre alla ricerca di una maggiore consapevolezza.
Spesso ci si chiede perché mai nell’uomo è innato il bisogno non solo di conoscere le cose ma anche di rappresentarsele.
Evolvendo si assimila l’idea che non vi sia imperfezione alcuna nel naturale manifestarsi della vita, e che l’autoconsapevolezza umana sia un semplice adattamento, come le mani prensili, la vista, e tutti gli altri sensi in genere.
Infine ci si rende conto che non esiste una categoria di “errore”, e che questo sia solo apparente, connesso e funzionale alla vita planetaria.
Quelli che sembrano errori e storture lo sono nell’ambito della sfera di competenza specifica, piano di manifestazione spazio-temporale per la vita umana autoreferente.
In questo piano non c’è differenza tra l’aggressività predatoria delle specie animali selvatiche e quella della specie umana, anzi si fa evidente quanto questa sia la più aggressiva ed agguerrita fra tutte.
Una specie provvista di armi sottili e peculiari atte a renderla assolutamente imbattibile nella predazione.
Avendo poi posto se stessa al centro di una cosmogonia che presume conoscere, sviluppata nei mille risvolti religiosi più o meno strutturati, si rende cieca a ulteriori approfondimenti e ricerche.
Pensare che l’uomo sia il risultato migliore della manifestazione materiale cosmica in cui è immerso, è un tentativo puerile di darsi importanza, di rapportarsi a un Assoluto che forse nemmeno ha cognizione della sua infinitesima, effimera esistenza.
Non si avvede di esserne soltanto una delle infinite potenzialità di messa in esistere.
Per questa importanza che attribuisce a se stessa, l’umanità perde di vista il relativo, il singolo uomo non sa riconoscersi come mero sistema cellulare, che finirà con la disgregazione delle stesse e con la dispersione dell’energia in cui, e di cui, consiste.
Perfino sperimentare stati di coscienza alterati, indotti o spontanei, alcuni veramente borderline, visioni, allucinazioni, o quanto altro, non dovrebbe indurre a considerare tali evenienze frutto di una reale esperienza subliminale.
Con questo non si esclude a priori un’ulteriore capacità inferenziale umana di altri piani dimensionali, ma nemmeno si può essere così sicuri da poterla asserire.
Oggi forse la scienza ci soccorre, la fisica delle particelle, che nell’infinitamente piccolo
va scoprendo il segreto dell’indeterminabilità dei quanti, della natura della materia tutta che consiste di luce, energia.
Che il senso del Sé attuale permanga in qualche memoria sub-quantica è possibile ma, fino ad ora, non verificabile. Che il tramandarsi degli archetipi ne sia testimonianza è ancora da scoprire.
Intanto è indescrivibilmente intenso e interessante esistere ed essere partecipi di questo insondabile mistero.
Cristina Bove
ho comincato a leggere… però, mi sono detta, sono concetti condivisibili.
poi ho visto la firma.
La realtà in cui l’uomo si evolve, dovrebbe restare scollegata da ogni idea di preminenza innata su altre forme di vita. L’assoluto non è poi qualcosa d’immutabile, i valori di riferimento sono relativi e mutevoli per ognuno di noi e variano nel tempo, come tutto ciò che ci circonda. Noi, gli unici esseri autocoscienti, non possiamo concepire l’assoluto come qualcosa di eternamente stabile solo per ritenerci degli esseri privilegiati, poiché parti di un qualcosa che nessuno è in grado di definire e dimostrare, usarlo come un vantaggio, per erroneamente giustificare ogni forma di prevaricazione, perché in fondo siamo soltanto cumuli di energia, malleabili, incontrollabili e senza memoria passata o futura.
Grazie, Cecilia.
I punti di condivisione sono tanti.
A volte mi chiedo perché mai siamo “condannati” ad essere consapevoli di essere inconsapevoli.
cb
Nell’uomo è innato il bisogno di sapere. E’ vitale per lui la scoperta poiché crede che lo conduca a compiere un passo in avanti rispetto all’insoluto. Tutto questo all’interno di un contesto circoscritto e relativamente alle conquiste avvenute fino ad ora, quindi delimitate da un tempo e da uno spazio. La scienza progredisce, ma non sarà mai abbastanza quello che fa perché ci sono troppi dubbi, tante sono le lacune da colmare. Il noto è poca cosa nei confronti dell’ignoto e si sa che una “verità”, ritenuta inconfutabile, possa essere smontata da un’altra e poi da… Così si “procede” all’in-finito con la consapevolezza di essere andati oltre tutti, oltre tutto e di aver realizzato in assoluto l’im-possibile. ( L’errore sta nell’ego-centrismo umano. Cambiando prospettiva, muterebbe la visione dell’esistere e l’umanità avrebbe una diversa “coscienza di sé”).
L’errore sta nell’egocentrismo umano…
certo, anche se penso che sia imprescindibile per un essere senziente non essere condizionato dal suo stesso esistere.
La scienza, che procede per errore e correzione, trovandosi davanti l’infinito e l’eternità, non potrà mai essere pervenuta alla conoscenza del tutto.
Credo che sia nel procedere, e quindi nel viaggio umano, alla ventura nella materia, il significato stesso dell’esistenza, Misterioso, inafferrabile, ma reale.