Iniziano i racconti su piccoli mattoni di ricordi, fogli scritti con immagini e colori gettati tra le luci della notte, nel buio impalpabile del sentire. Eppure il momento è sempre circondato, sorretto da dubbi e incertezze, colto da fulminei applausi e ridotto in brandelli di tenerezza. Cambiano tante cose, intuiamo che molto di quello che accade non ritorna così corriamo verso improbabili situazioni pensando che tutto possa restare attaccato a noi come un quadro su una parete. Camminare e pensare diventano grossi macigni, montagne piene di pericoli che non abbiamo voglia di scalare perché rinunciare sembra la strada più breve per vivere. Cosa fare quando il cuore è accartocciato e non ricordiamo più quello che desidera? Campanelli suonano senza una risposta, le attese sono sempre delle sorprese che difficilmente riusciamo ad accogliere così quel suono che ci accompagna quotidianamente si tramuta in un eco lontano, orizzonte di foto che tappezzano il respirare del giorno. L’impegno dov’è? È sufficiente per ripagare qualcosa che non ha prezzo? Tutto viene misurato dall’utile, dalla capacità di offrire senza poter capire che quel che viene impiegato non è qualcosa di riconducibile all’appagare. Siamo smodatamente alla ricerca di cose, di riempire ogni nostro spazio, di rendere il tempo un compagno di giochi e proprio questo atteggiamento scava nel nostro animo un solco, un indecifrabile vuoto tra noi e il mondo. Il nostro corpo esegue meccanicamente soltanto movimenti di risposta, segue percorsi precisi di gesti indecisi. La nostra mente cosa fa? Ordina in una sala piena di forme sospette, in bilico tra quello che deve apparire e quello che deve sentire. Le emozioni si nascondono, contano dietro un muro d’incomprensioni, agitando barattoli di biscotti, troppo buoni per lasciarsi andare. Siamo addomesticati in cortili silenziosi sopra il vento che spira, in giornate luminose come questa in debito con noi stessi e con l’unica cosa che conta, l’essere.
Francesco Colia
Cosa resta del passato? Cosa rimane di ciò che non è più? Spesso ci poniamo domande del genere, preoccupati di aver perso per sempre quella parte di noi che è rimasta indietro. In realtà è con noi. Così persone e cose lontane nel tempo continuano ad esistere e a manifestarsi attraverso i nostri pensieri, le parole, i gesti. Le pareti del nostro essere sono tappezzate da immagini e riecheggiano di suoni che propagano una dolce melodia.Ci fermiamo per rivivere nel ricordo quei momenti, fissandoli, quasi a volerli proteggere, all’interno di parentesi che sono al di là del tempo reale, quello che ci spaventa perché è ignoto e pieno di incognite.Ma la vita continua e noi andremo avanti, arricchiti di altre esperienze. Agli istanti di prima se ne aggiungeranno altri, alle sensazioni già provate si sovrapporranno di nuove nell’interazione con chi incontreremo lungo il viaggio. E non importa se i giorni saranno tanti o pochi. Quel che conta sarà aver donato un senso all’esistere, rendendo visibile la parte di noi ancora latente.
La vita è un continuo intermezzo tra la riva dei ricordi e la sorpresa del futuro, restiamo seduti su mucchi di vecchie fotografie in attesa che le prossime saranno talmente belle da farci dimenticare quelle già navigate, frattanto anneghiamo nella ricerca, consolandoci con la fatuità del tempo. Il cuore si dispiega quando raggiunge la consapevolezza del desiderio.