L’uomo è misura di tutte le cose,
di quelle che sono per ciò che sono,
e di quelle che non sono per ciò che non sono.
Protagora, fr.1, in Platone, Teeteto, 152a
Il tempo lascia tracce sempre più profonde che non possono essere cancellate, tutto scorre senza avere soste, il senso del fare si rifugia nel mondo dell’andare. Le parole scritte spesso sono solo delle indicazioni, imperativi da rispettare anche se la nostra attenzione si rivolge al reclamare. Indossiamo vestiti diversi per ogni occasione, il nostro ambiente muta velocemente mentre scriviamo futuri malinconici. I nostri occhi si lanciano nel vuoto, in cerca di segni, simboli, illusioni, siamo estranei a noi stessi, alle parole, ai ricordi.
Dopo ogni introduzione, si devono eseguire le doverose istruzioni così per un tempo imprecisato il nostro pensiero si confonde tra le pieghe del capire. Ora tutto è illuminato, led e luci turbano il nostro percepire, siamo trasportati dal fiume delle regole, dalle rigide voci dell’agire.
Gli schemi limitano il nostro campo visivo, soffocano il nostro respirare con definizioni che accettiamo senza valutare. Siamo la misura delle cose anche se alcune ci sfuggono, ci sovrastano così per un tempo imprecisato il nostro pensiero non comprende perché si è qualcosa che non ci appartiene. Le domande sono tante, molte, troppe eppure come si può vivere senza il domandare?
Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
Col suo marchio speciale di speciale disperazione
E tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
Per consegnare alla morte una goccia di splendore
Di umanità di verità
Smisurata Preghiera – Fabrizio De Andrè
Il mondo dell’andare indica una direzione sicura ed oscura che scegliamo perché le strade rappresentano una rivoluzione, una curva stretta lungo il tragitto dell’abitare. I suoni del corpo chiedono un’armonia che si tinge di anni piccoli e fugaci. Contrari a ciò che si è e vicini a ciò che non si è in cerca di una verità squisitamente umana che non lenisce il soffio del vento, che non apre il cielo durante una tempesta, il rumore è soltanto un silenzio disperato. La lavagna è pulita, ci sono storie da narrare, guerre da raccontare e così passo dopo passo il tempo chiude la porta mentre il finale deve essere scritto con pennarelli e gessetti sporchi.
Credo che sia terribilmente pericoloso, per un artista, realizzare le aspettative di altre persone.
Se ti senti al sicuro nell’area in cui stai lavorando, non stai lavorando nell’area giusta.
Spingiti sempre un po’ più avanti nelle acque, più di quanto ti senti in grado di fare, portati un po’ al di là delle tue competenze e, quando senti che i piedi non toccano più il fondo, allora sei proprio nel posto giusto per fare qualcosa di emozionate.
David Bowie
Francesco Colia