Fin da piccoli ci viene inculcato il senso del “dover dimostrare qualcosa”.
Non parlo del “senso del dovere” ormai dimenticato da sempre più educatori, ma del dover dimostrare agli altri qualcosa che (se ci fosse, o peggio ancora, essendoci) non avrebbe bisogno di essere “preteso”.
Un bambino che obbedisce a mamma e papà serenamente, mangia, studia e “non fa i capricci” non dovrebbe avere bisogno di dimostrare di essere un bravo bambino a meno che non venisse sottoposto ad una continua sfida delle proprie capacità. Sfida alla quale veniamo costantemente esposti quando i nostri amorevoli genitori ci “esibiscono” in società: ecco che dobbiamo costantemente dimostare di essere ciò che gli adulti si aspettano da noi.
Sulla nostra azzurra infanzia grava l’ipoteca dell’adulto che deve dimostrare a parenti, amici, conoscenti, estranei quanto noi valiamo.
Così comincia a germogliare, prima inconsapevolmente, poi sempre più cosciente, l’ansia della prestazione, la paura del confronto, il tabù della sconfitta, per non parlare dell’incubo che la parola “delusione” assume per noi bambini.
Cresciamo trascorrendo, se tutto va bene, la nostra vita cercando di dimostrare ai nostri genitori prima, agli insegnanti poi, al partner e sul posto di lavoro, ai figli e forse pure ai nipoti, di essere all’altezza delle aspettative.
Questo non sarebbe certo un problema se le aspettative degli altri ci vestissero perfettamente come un guanto. Ma se ci stessero strette o troppo larghe? Cosa succederebbe se ad un certo punto smettessimo di “dimostrare” costantemente ciò che gli altri si aspettano da noi, e fossimo semplicemente noi stessi?
I bravi bambini che siamo senza bisogno di attività agonistiche, i bravi genitori, figli, lavoratori, fratelli, insomma quello che siamo senza bisogno di aspettarci costantemente conferme dagli altri, perchè le conferme hanno un loro prezzo, che si fa sempre più alto e che non potremo mai, nostro malgrado, saldare.
Chi rispetta il nostro essere e lo coltiva con pazienza e sacrificio, non avrà premura di vederci vincere, ma ci educherà alla gioia del confronto, al riconoscimento dei nostri limiti, ad avere lo stesso rispetto per il vincitore e il vinto, a non aver paura dei fallimenti e delle delusioni. Soprattutto non esigerà gratitudine, dimostrazioni pubbliche delle nostre abilità, perchè sa che quello che siamo è più di quello che dimostriamo e non gli servono conferme per quanto queste lo possano gratificare e rendere fiero.
Chi rispetta il nostro essere ci libera dalle ipoteche e ci cammina accanto solo per la gioia di condividere con noi parte di quella strada che fiorisce nuova ad ogni nostra scelta, passo dopo passo e ci insegna a non esigere troppo da noi stessi, nè troppo poco, ad essere debitori verso noi stessi di quella umanità che vorremmo offrire e trovare negli altri.
Antonella Foderaro
Ero una brava bambina tanti tanti anni fa, che coltivava marachelle in libertà solo nei cortili di casa miei e degli amici di quartiere e, nei lunghi pomeriggi assolati estivi, nel gruppo di coetanei ‘tutor’ (come oggi si usa direi) della risata e della corbelleria. Oggi da tanti tanti anni sono insegnante di bambini tanto uguali e tanto diversi da quello che ero io un tempo. Adoro i bravi bambini, ma tifo e simpatizzo per i pasticcioni un po’ ribelli e… lasciatemelo dire, ho apprezzato molto questo parlare dei bambini in prima persona, questo sentirsi per strada, in strada o meglio in cammino insieme a loro. L’importante è per un adulto, soprattutto nel ruolo di docente, trovare il modo giusto per relazionarsi con loro-noi, senza farsi vivere troppo come ‘amico’ e senza eccedere in adulterie o distanze siderali che non permettono il dialogo. Grazie di questa ‘ipotechica’ analisi e di queste filosofiche considerazioni
Grazie a te Patrizia per l’attenzione, la lettura e il desiderio di condividere la tua esperienza professionale ed umana.
Sono pienamente d’accordo.
Purtroppo l’antagonismo a cui siamo abituati in questi anni spegne qualsiasi vera potenzialità del nostro spirito, perché anche delle buoni doti, in soggetti poco portati alla sfida, possono venirne soffocati irreparabilmente.
Credo che ormai l’umanità sia pronta per un nuovo salto in avanti… abbiamo bisogno di credere nella nostra unicità che ci rende speciali ed indispensabili al mondo!
Dovremmo smetterla di cercare di essere migliori degli altri, sforzandoci invece ogni giorno di essere migliori di come eravamo ieri.
Buona domenica.
“Dovremmo smetterla di cercare di essere migliori degli altri, sforzandoci invece ogni giorno di essere migliori di come eravamo ieri”. Un programma di vita e una sfida quotidiana… molto difficile da realizzare visto che il mondo intorno a noi ci educa all’esteriorità e non all’interiorità. Un vero spreco di energie che ci provoca frustrazioni e ci priva della nostra unicità.
Grazie per la lettura e il commento Mr. Lotus. Buona domenica, a presto.