I tentativi per emergere sono tanti, confusi e pieni d’entusiasmo ma il tuo corpo viene deriso, proiettato nel mondo del giudizio e dell’utilizzo. Quanto accanimento nel rendere il tuo essere una carta da cestinare e non comprendi le ragioni di questo franare. È il supplizio del vivere senza un’identità precisa, preda delle onde del plasmare e del derubare. Uomo in costruzione, non un luogo virtuale dove ritoccare ogni momento in un delizioso avvenimento. Emozioni in fermento, non una news di numeri in continua oscillazione tra il frenare e il tuonare. Come reagire all’insensata voglia del reprimere? Quante frecce nella faretra pronte per essere scagliate ad ogni tuo gesto di ribellione, ad ogni tuo gesto di distinzione. È il tempo della sottomissione, della speranza desertificata, della volontà ignorata. La verità è una foglia spazzata via dal vento del camuffamento così spogli di ogni possibile autenticità, appassiamo, accettiamo l’ignoto per il noto, disperdiamo il sudore per il candore. Il mondo, stella in continua rotazione, è governato dal caos e dalla brutalità del conquistare. L’attenzione dell’esistere si riduce ad una variabile assorbita dall’indifferenza del persistere così ciò che siamo non è altro che un mucchio di domande occultate dal teatrino del fingere. Spesso siamo ciò che gli altri vorrebbero che fossimo e pensiamo ciò che gli altri vorrebbe non fossimo. La nudità dell’essere è un pericolo d’imperfezione che svela la nostra genuina libertà, la nostra profonda verità dell’abitare. Tuttavia, l’anonimato e l’emarginazione del respirare, dove il luogo e il devastante potere del oggettivazione imperversano, provocano in noi una disarmante assenza. Uomo in distruzione, non un’anima da schiacciare per l’esultanza del dominare. Emozioni in violazione, non un oggetto da precludere per la smania dell’illudere. Così l’assenza di noi e in noi, la totale mancanza di attenzione e partecipazione, aumenta il nostro senso di disorientamento. I tentativi per rammentare sono molteplici, dolorosi e sofferti ma i graffi lungo il sentiero del pensare sono soltanto un tramonto da salutare. Spesso siamo ciò che resta del nostro sognare, del nostro vagare, piccoli satelliti che gravitano intorno al cuore di una stella, sassi dispersi nell’acqua in cerca di una gemma.
Francesco Colia
Giancarlo
Seguendo il tuo filo o forse no, penso a chi, annientata la propria mente, annienta il proprio corpo. E consuma nell’anoressia il proprio spazio nel mondo.
Una maniera, l’unica, per mantenere il controllo. Di sé. Perdendo se stesso.
Una risposta corporea. Una negazione. Nessuna risposta.
Il supplizio di non vivere la propria identità. L’assenza di noi in noi…
E’, inaspettatamente, questo tormento impotente ad accompagnarmi durante la lettura, sviandomi.
Come ricostruire l’uomo distrutto nel fermento delle sue emozioni violate?
Come restituire sogni a chi si è perso?