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Paperman
Una lettera d’amore bisognerebbe scriverla solo alla fine di una storia, quando le parole sono da trascrivere ricopiandole dalla propria pelle impresse come migliaia di cicatrici perché ognuna di esse è stata lo strappo di un diverso sentire. Mi ricordo di come non ne volessi sapere di me, ma io non ho mai potuto smettere di cercarti. Meritare il tuo amore è stato il senso di tutta una vita. Ora è giusto che io te ne dia menzione perché, nonostante le mille ferite di questo cimento che lascio tracimare con piacere, nel sangue che fluisce ritrovo ogni dolce patimento. Perdere la vita è un modo per ritrovarne un’altra, qui in queste parole. Scriverò, dunque. Giacché ho tentato di conquistare il tuo sguardo unicamente per il tramite dei miei pensieri. Non ho mai smesso, nemmeno per un istante, di godere della idea della tua presenza. E’ buffo come il solo convincimento di possedere l’attenzione di un altro ci possa cambiare la percezione del mondo. Tutto appare libero e vivibile. Ogni minima manifestazione del proprio essere trova uno spettatore attento e riesce ad avere il gusto di impersonare sé stesso. Non è così scontato recitare sé stessi. Risulta assai più facile conformarsi ad un registro comportamentale mutuato dagli altri piuttosto che distaccarsene. Amare è quanto di più desueto si possa immaginare. Eppure riuscire a comprenderne pienamente il senso è davvero una attitudine non banale. Amare è l’unico modo per distinguersi. Ho combattuto a lungo con l’inadeguatezza della mia anima, quella dimensione che rende insormontabile la distanza che intercorre tra un uomo del volgo quale io sono e una donna da cantare in versi come te. Travalicare ogni mio limite era la meta che ogni giorno mi ponevo. Cambiare sé stessi è la più elementare delle manifestazioni dell’amore. Tuttavia può risultare la più difficile se non si rinuncia a quanto ci ha consentito di diventare adulti. Siamo il frutto della nostra storia e proprio da essa dobbiamo allontanarci. Con gli insegnamenti e gli esempi ricevuti dalla famiglia, dalla società, da coloro che incontriamo e con i quali accettiamo di relazionarci, introiettiamo inesorabilmente tutte le minime caratterizzazioni di uno specifico modo di concepire l’esistenza. La diversità ha sempre un prezzo elevato. Bisogna colmare lo spazio esistente tra la socialità codificata e quella individuale e spontanea. Non è mai stata concepita una lingua che non sia almeno bilaterale, non esistono parole pronunciabili unilateralmente. Il senso deve essere condiviso e comune. Non è ammesso che sia di uno solo. Eppure il pensiero è abilitato a spaziare al di fuori dell’immaginario collettivo, distante mille universi da quello che è tale per tutti, alla ricerca di uno spazio siderale nel quale si possa vedere un’altra verità, concepire una diversa parola, possedere un pensiero che identifichi una unica mente. La diversità non è per tutti. Preservarla induce una apertura del recinto, il salto della staccionata, l’abbattimento del muro, il volo oltre la gravità, il respiro in assenza di ossigeno. Non potrebbe esistere eppure è. La storia comincia da qui, da dove nulla può avere un principio e proprio per questo nemmeno una fine. Lo spazio da percorrere non esiste. Tuttavia è infinito giacché esistono illimitati modi di essere. Non è richiesta alcuna accettazione. Essere è a prescindere da un giudizio di ammissibilità. La storia comincia da qui. E’ quella di ognuno di noi. E’ solo nostra anche se non avremo nessuno a cui raccontarla. Questa storia inizia da ciò che avrei voluto dirti e non sono mai stato capace di fare, inizia da te. E’ solo mia, ma io sono te. E’ questa la diversità e io la amo.
Pasquale Esposito
Amare la diversità, percorrerla con coraggio, preservarla. Davvero “la storia comincia da qui”. Grazie!