“La curiosità è insubordinazione allo stato puro.” [Vladimir Nabokov]
Quante idee nascono come scintille appena entriamo in contatto con una realtà feconda, che ci riempie di stupore incuriosendoci tanto da provocarci piccoli e grandi interrogativi ai quali cerchiamo di trovare risposta con quella stessa cura con la quale accarezziamo chi amiamo, senza stanchezza … Il coltivarli è vitale e vivificante ci appare ogni tentativo ed ogni riproporsi della domanda: una sfida allo scadere del tempo, una quieta, rassicurante ostinazione nel persistere.
Da dove nascono le domande? Forse dalle cose stesse che come vento accendono la brace della nostra curiosità, tuttavia queste, da sole, proprio come il vento volerebbero via presto se non rimanessero impigliate nella folta rete di uno sguardo. A partire da questo incontro, nasce ogni possibilità di ragionamento, perché nessuno potrebbe cogliere un particolare se questo gli fosse indifferente, rimarrebbe piuttosto nascosto o meglio, invisibile. L’essere umano nasce con questa immensa risorsa che non va in alcun modo mortificata, ma salvaguardata e promossa perché “un’esistenza priva di curiosità non è umana vita” 1. Il primo passo verso la conoscenza è allora indubbiamente la curiosità, ma faremmo un grosso sbaglio se volessimo circoscrivere la forza di questa facoltà unicamente ad una sfera. Senza curiosità non esiste creatività: non solo dunque non esisterebbe scienza, ma neppure arte, essa è in senso pieno ed originalissimo, sinonimo di libertà, di novità, di rivoluzionaria partecipazione. Quando essa cede il passo all’acquisizione certa di una risposta, l’interesse verso l’oggetto, ormai ritenuto chiaro ed evidente sembra scemare, tuttavia l’autentica curiosità non è una divoratrice di nozioni, una volta ottenute le quali, sazia cede al sonno ignavo dell’esperienza, ma piuttosto una luce, che di volta in volta illumina solo una parte della superficie della cosa, per poter poi passare, come farebbe un cieco, da un punto nuovo all’altro senza inciampo e da una profondità all’altra senza vertigine. Essa si trasforma in interesse solo se l’oggetto mantiene le promesse delle premesse che l’ha suscitata, dunque è sempre fedele se, in un certo senso, viene ricambiata: si nutre non solo di risposte, ma di ulteriori domande, creando vincoli fatti di stimoli che non solo faranno crescere nel soggetto la conoscenza della cosa, ma la cosa stessa, trasformandola e trasformandolo alla luce di un legame reciprocamente generativo, perciò vivo e appassionante come un viaggio la cui destinazione non è mai l’ultima, né mai del tutto conclusa. Ciò che distingue lo sguardo del curioso da quello del più comune “ficcanaso” è una gradevolissima luce che potremmo anche chiamare attenzione con la quale si apre ricettivo agli stimoli delle cose pronto non tanto a fruire di una consumistica soddisfazione, quanto a farsi guidare dalla domanda fino al “limite” che la cosa stessa gli offre, senza fuorviarla, né travisarla, ma semplicemente assecondandone ed ascoltandone la voce. Il curioso allora lo riconosceremo dalla capacità con la quale saprà far sempre dire nuovo al “vecchio” che lo incalza dentro e fuori se stesso, senza depauperarlo della propria originaria bellezza e appesantirlo con il noioso fardello dell’ovvietà.
1. Platone, Apologia di Socrate
Antonella Foderaro