(Immagine Andrea Brandino)
Le notizie ormai hanno invaso il nostro campo di attenzione e ci chiediamo perché tutto questo clamore ci investa così prepotentemente, in fin dei conti è da un po’ che ce la passiamo male. Potremmo recriminare su tutto, accusare i politici, gli immigrati, i comunisti, i fascisti, i banchieri, insomma abbiamo tanta carne al fuoco per poter giustificare la nostra misera (o potenziale) condizione sociale. Sociale per chi? C’è veramente molto poco di sociale nelle attuali “condizioni”. Non c’è più una lotta di classe perché l’unica classe che sta mantenendo un certo tenore di vita è la stessa che tira i fili del nostro vivere quotidiano. Quanto vorremmo urlare la nostra disapprovazione, il profondo senso di ingiustizia che avvertiamo ogni minuto sulla nostra pelle ma non tutto ciò che ci appare è sufficiente a cogliere le diverse sfaccettature del problema. Quello che sta accadendo in questo periodo di crisi finanziaria ci ha colti un po’ di sorpresa perché credevamo che il nostro benessere fosse a riparo da tutto, anche dai nostri piccoli insuccessi. Ora, veniamo bombardati quotidianamente da teorie di micro-economia, da annunci profetici sul nostro futuro disastroso, indici, grafici, spread e altro; questi grandi antropologi dell’industria azionaria puntano il dito sul nostro pessimo stile di vita, generalizzano con estrema pacatezza sulle cause della crisi e pochi hanno il coraggio di fare nomi, di soffermarsi sulle vere motivazioni, quelle che hanno portato l’attuale civiltà sull’orlo di un collasso senza precedenti. È il tempo in cui tutti (i governanti) potrebbero fare qualcosa ma nessuno lo vuole veramente. Perché? Siamo davvero sicuri che questa crisi è iniziata qualche anno fa e riguardi solo parametri e numeri da rispettare? Abbiamo vissuto fino ad oggi al di sopra delle nostre possibilità, questo è il mantra che va per la maggiore eppure io credo che abbiamo vissuto al di sotto delle nostre possibilità. Dove è nata la nostra civiltà? Perché l’uomo nel corso del tempo è arrivato a concepire un ordinamento, un sistema di aggregazione delle persone? Storicamente (e non solo) l’uomo ha sempre cercato di difendere le proprie individualità e aspirazioni con l’aiuto di altri soggetti: non vi è dubbio che per raggiungere delle conquiste di “rilievo” si deve far parte di un clan o “un’associazione”. Per ottenere, per derubare, per affermare non è sufficiente il proprio ingegno ma è necessario un gruppo forte e cinico di persone pronte a condividere gli stessi ideali. Il tempo delle guerre (soprattutto quelle mondiali) ha indicato all’uomo la strada da percorrere e in egual misura lo ha rafforzato sull’idea di appartenenza e affermazione verso un solo dogma: il mio io ad ogni costo. Intanto “la crisi” ha seminato i suoi germi e pochi hanno cercato di frenare questo inevitabile risultato. Tutto è deflagrato come una tempesta equatoriale ricadendo inesorabilmente sulle comparse della società, sulle presenze governate. L’animo umano così ha lasciato cadere ad uno a uno tutto ciò che lo rendeva unico, libero solo di soddisfare i suoi appetiti più bassi. Siamo venuti meno a noi stessi perseguendo fini che compiacevano solo la nostra vanità e i nostri desideri. Se sappiamo che una cosa è sbagliata o crudele (ad esempio: lo sterminio delle balene, dei gorilla etc, senza dimenticare le varie etnie indigene del Sudamerica e dell’Africa) ma potrebbe portare vantaggio al nostro benessere, per caso ci fermiamo? Nonostante il fumo porti conseguenze funeste, coloro che fumano riescono a smettere? La chiamiamo dipendenza, forse sarà una debolezza, ma di sicuro non sappiamo riflettere con attenzione su noi stessi e sul nostro futuro. Non ci preoccupiamo più di cosa siamo ma di cosa possiamo, non ci poniamo più domande ma solo obiettivi. Dicevo, cosa c’è rimasto di sociale in una società che rifiuta il concetto di comunità a favore del bilancio e del mantenimento dei “privilegi”? Quello che è accaduto, il passato, la storia è un percorso di lotte, rivoluzioni, sangue per il raggiungimento di uno stato sociale che possa, per quanto possibile, dare dignità e partecipazione equilibrata all’esistenza. C’è dignità nel lottare per una sopravvivenza perpetua e perpetuata dal sistema dei “privilegi”? I nostri legami passati hanno lottato per uno stato, una nazione, un’identità che potesse offrirci quel senso di appartenenza verso un bene comune invece tutto è andato in frantumi come un palazzo da abbattere perché troppo vecchio o pericolante. Oggi l’unico dio sopravvissuto, l’unico culto che rispettiamo è quello dei numeri, i numeri del potere economico-finanziario. È la civiltà dell’abbandono, della dimenticanza e dell’opulenza. C’è tanta informazione e desiderio di apparire che non ci rendiamo conto del nostro lento sbiadire. Siamo cibo che viene masticato e preparato per un unico scopo: mantenere inalterato il quadro della disuguaglianza e dell’ingiustizia. È sintomatico che la Grecia, la culla del nostro sapere, sia stata la prima vittima di questo sistema speculativo/corporativo. Purtroppo il problema non è stato affrontato con buon senso anzi, nessuno Stato adotta sistemi equi per risanare le proprie promesse di “debito”. Oggi, ieri e domani pagheranno i lavoratori con il loro impiego, i pensionati con i loro risparmi, insomma le piccole formiche del sistema saranno le prime e uniche a soccombere. Esistono delle differenze nella “civiltà”? Dunque, la storia ha sostanzialmente diviso il nostro destino come una partita a scacchi, da un parte le pedine bianche e dall’altra quelle nere. Non è un lotta tra brutti e belli, buoni e cattivi; qui la contesa è tra coloro che governano e coloro che vengono governati. Re e schiavi, signori e sudditi, dittatori e popoli, apparentemente è come se una parte sia necessaria alla sopravvivenza dell’altra con la differenza che una di questa vive sul filo della disperazione e dell’alienazione. Possiamo diversificare l’umanità in due fazioni: la presenza governatrice e la presenza utilizzabile. La presenza governatrice si occupa di se stessa e del mondo attraverso il consenso e il potere: sono coloro che sulla plancia di comando decidono il destino di milioni di persone. Parte numericamente esigua di persone che vive in una condizione agiata e di benessere assoluto. A questa si contrappone la presenza utilizzabile. Definita come un tipo di merce, un sottoprodotto umano, questa quantità enorme di entità viene sfruttata non per un profitto (il culmine ormai è stato raggiunto) ma semplicemente per difendere quello status di agiatezza della presenza governatrice. Questa presenza scomoda viene quotidianamente stordita e spremuta per un unico scopo: la difesa della scacchiera. Ma veniamo ora ad uno dei problemi cruciali della civiltà dell’abbandono. Tra le tante discussioni che si fanno ultimamente quella che sta catturando maggiormente l’attenzione riguarda il concetto di democrazia. Sembra che la democrazia si sia sciolta come un cubetto di ghiaccio al sole per lasciar posto alla finanza-speculativa, allo sguardo manipolatore delle agenzie di rating. Davvero è così? Il problema è e sarà sempre un problema politico. Coloro che governano, gli eletti, non considerano la loro elezione un privilegio da ricambiare (con leggi, comportamenti, esempi di valore ed etica) agli elettori bensì un privilegio da poter godere solo per se stessi e i loro “amici”. Gli eletti cercano incessantemente, come un delirio, il consenso e il gradimento. Il cardine del problema non si trova nella forma, nella democrazia ma nella sua espressione, nella rappresentanza. Gli eletti non dovrebbero governare ma scegliere il buon governo tra persone competenti e fuori da ogni lobby o associazione esprimendo soltanto la loro (dis)approvazione su provvedimenti governativi. Il potere è un morbo dilaniante che non risparmia nessuno dalle sue conseguenze. Questa è la civiltà dell’abbandono e noi abbiamo voglia di affrancarci da noi stessi, di far cadere quella scacchiera per realizzare un tavolo che sia comune e non di gioco.
Francesco Colia
La civiltà dell’abbandono- Rivistaeuropea
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Viky
Francesco quel che dici è verissimo, siamo arrabbiati e ce la prendiamo con tutti tranne che con la nostra misera partecipazione alla vita politica. Non basta indignarsi e gridarlo, bisogna agire, cambiare il modo di pensare e reagire. Ci vogliono supini, alziamoci! Ci vogliono rassegnati, ribelliamoci! I vecchi hanno combattuto ora tocca a noi, non lasciamoci togliere la speranza. Sono molto contenta di leggere questo articolo che ricorda a tutti noi quali devono essere le nostre vere aspettative, siamo uomini, non bestie, non greggi e non abbiamo bisogno di pastori che ci conducano al macello, ma di esempi.
Grazie e da oggi comincio la mia personale rivoluzione 😉
Donatella Quattrone
Bravo, Francesco! 🙂 Una riflessione assolutamente condivisibile!
mario caramel
Ciao Francesco, su una cosa sono sicuramente d’accordo con te ed e’ sul fatto che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere molto al di sotto delle nostre possibilita’ e trovo questa affermazione cosi’ importante da poter attribuire proprio a questo l’origine dei nostri problemi. Secondo me viviamo al di sotto delle nostre possibilita’ perche’ da migliaia di anni ormai diamo un valore smisurato all’aspetto della vita che in realta’ ha per proprieta’ proprio la limitatezza e cioe’ la materia. Confondiamo il Bene con il benessere. Anche in questi giorni quello che ci spaventa di piu’ e’ che ci tolgano la macchina nuova, la vacanza di quindici giorni in luoghi remoti, (come se questo fosse un diritto, ma non lo e’, e’ solo un vizio dell’uomo moderno) siamo morbosamente attaccati a cose inutili, ma oggi abbiamo finalmente la possibilita’ di salvare le nostre coscienze protestando perche’ i pensionati non arrivano a fine mese, perche’ gli operai perdono il lavoro, allora firmiamo petizioni e parliamo di democrazia, ma in realta’ sogniamo di tornare un po’ indietro, ma non troppo, quel che basta per poterci nuovamente permettere le nostre cose inutili e poterle godere perche’ tanto chi soffre non e’ dei nostri, vive in un altro continente, ha un’altra religione, la realta’ di qualche anno fa. La democrazia secondo me non si e’ sciolta come un cubetto di ghiaccio, la democrazia non e’ mai esistita, tendiamo a dimenticare che ogni volta che qualcuno e’ uscito in pubblico con idee veramente democratiche e’ stato subito fatto sparire dalla circolazione proprio in nome della democrazia. Con il consueto egoismo vediamo il momento attuale come un momento tragico, dimenticando che non solo qui in Italia pochi anni fa c’erano le guerre mondiali, la prima repubblica e poi la seconda, tutto altrettanto tragico o di piu’, ma anche che ci sono popoli che non hanno mai smesso di pagare per i nostri privilegi. Ecco adesso sono in pericolo i nostri privilegi e allora apriamo gli occhi. Siamo come i nostri governanti, non siamo altro che i nostri stessi governanti, e come loro abbiamo questa abitudine a dare sempre la colpa a qualcosa che non sia noi stessi, pur che non ci vengano tolti i privilegi.
Anche per quanto riguarda i numeri pecchiamo dello stesso difetto, non e’ il culto dei numeri che idoliamo, quello potrebbe aiutarci a capire, ma e’ il culto dei GRANDI numeri che idoliamo ed ecco perche’ siamo completamente fuori strada.
E naturalmente, come sempre e’ stato, la parola chiave di questi tempi non e’ tanto “spread” o “economia” o “finanza”, la parola chiave e’ “Catastrofe”, se non accettiamo quello che ci viene proposto ci sara’ l’abisso, la catastrofe. A me pare che non ci sia proprio niente di nuovo.
CCC
Concordo con te, però non penso che sinora siamo vissuti sopra o sotto le nostre possibilità, abbiamo semplicemente prediletto il lato materiale, che alla maggior parte di noi da più illusioni e soddisfazioni nell’immediato. Adesso che di materiale poco ci resta ci rendiamo conto di essere vuoti, spenti, senza difese, di aver perso tanto tempo correndo dietro al futile, abbastanza da dimenticare la nostra natura. Bisogna raggiungere l’apice per iniziare la discesa. Vivere nella povertà t’illumina la strada ed è per questo che la crisi che viviamo ha un solo lato positivo: l’affacciarsi di una pur vaga possibilità di ricostruire una scala di valori a misura d’uomo.
patrizia
Ragazzi nessuno si chiede come mai i cinesi si sono comprati tutti i debiti americani e cosi ora gli Stati Uniti non hanno alcun problema, anzi si possono consentire di dare 500 dollari a settimana ad ogni bambino finche’ non diviene maggiorenne?
I debiti italiani non li vuole nessuno, perche’ a livello internazionale nessuno ci da credito: si ricordano di noi non per quello che di buono abbiamo, ma per il bunga bunga e le partite. Non siamo un popolo di gente fedele, abbiamo firmato un patto di amicizia con la Libia e poi abbiamo aiutato Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti ad uccidere l’uomo a cui il nostro Presidente del Consiglio aveva baciato la mano.
Pensiamoci su….
patrizia
L’Italia e’ vicina alla fine, l’italiano medio diventera’ sempre piu’ povero e i ricchi sempre piu’ ricchi. Si aumentano le tasse e chiunque abbia studiato un poco di economia, sa che la gente non comprando piu’ non aiutera’ il Paese a rimettersi in piedi. ICI, nessun aumento dello stipendio, no alla patrimoniale, no ai tagli dei parlamentari, le case costano troppo rispetto a quanto si guadagna. In qualsiasi Paese civile, quale la Svizzera, la Gran Bretagna, la Francia, gli Stati Uniti, le case possono sembrare care a noi, ma gli stipendi medi sono 3 volte i nostri. La rivoluzione ci vorrebbe per fermare questi politici che si prendono gioco della gente e poi servirebbe gente nuova, facce giovani, gente appena laureata, pura di cuore e non solo i soliti vecchi che hanno rovinato l’immagine del nostro Paese.
patrizia
altre belle parole, che fa piacere leggere
ma e’ per questo che i politici regnano, non si fa nulla di concreto
la gente non ha bisogno della “Costituzione”, ma di un leader che li aiuti ad aprire gli occhi, a prendere coraggio, a non dimenticare i loro sogni.
patrizia
Non credo che sia stato fatto abbastanza, tanto e’ vero che nonostante i vergognosi scandali, il re del bunga bunga e’ rimasto sul trono sino ad 1 mese fa.
Ormai siamo sull’orlo del precipizio, e’ gia’ tardi
ma possiamo ancora farcela ma la gente ha bisogno di qualcuno da seguire
e mi sto riferendo ad un Martin Luther King, Gandhi, Churchill….
non di facili demagogismi
Lillo
Una riflessione necessaria che ho il piacere di trovare dibattuta e condivisa, anche se non approvo chi fa paragoni con altri sistemi governativi. La cultura e le scelte politico-econimiche di un popolo non è mai associabile (nè applicabile) con equità e giustiza ad un altro.
Il tavolo non potrà essere rovesciato finchè non si capirà che vivere pensando solo al proprio conto corrente non è possibile, per migliorare la società come ben dici tu, bisogna ricordare all’uomo la sua vera natura che non è economica, ma umana e ritrovare i fondamenti ed i presupposti di un’umanità vera.
Trovare politici disinteressati è un sogno, ma noi non smettiamo di sognare.
Fratè scusa il ritardo, ma vedo che sei in buona compagnia femminile! 😉
Hasta!