Foglie appassite dimentiche della linfa della pianta, ci abbandoniamo all’adrenalina del vento, senza attese, curiosi di nuovi angoli in cui sostare e ripartire. Nessun legame, solo quell’attimo di empatia, la pausa tra il tacco di un passante, il corpo intirizzito di un barbone gettato su una panchina e la fuga dalla ramazza distratta di un assonnato netturbino.
Non ha senso interrogarsi sulla fine di una fine, solo gli inizi meritano quando, dove e racconti di sogni e aspettative.
Alla fine lasciamo il riserbo, la dignità dei silenzi, sempre più lunghi, per assuefarci all’assenza e qualche domanda retorica sospesa ad una sapiente non-risposta.
Come un bambino senza infanzia, un corpo agile e vigoroso in una mente agonizzante, mordiamo avidi l’attimo senza offrire nulla in grazie.
Perchè rimanere se si nasce per passare? Perchè trattenersi se tutto è continuo divenire?
Eppure qualcosa strappa il nostro cuore d’infinita nostalgia.
Qualcosa che non c’incuriosisce più, che allontaniamo con vigore come un dubbio che ci misura senza giudicarci, un odore che non riusciamo a decifrare.
Qualcosa che dura finchè tutto finisce e che rimane se stessa ad ogni nostra trasformazione.
Profuma di terra? Forse, forse sarà la radice che ci nasconde il mistero del seme e l’invincibile forza per cui germogliò.
Antonella Foderaro