Non ci sono più. La loro vita è stata interrotta da chi diceva di amarle. Di alcune non è stato trovato nemmeno il corpo. Sono tantissime e tutte donne: madri, figlie, sorelle, spose, amiche… Di queste alla fine rimangono solo le loro cose. Oggetti toccati, usati, tenuti, vissuti. Indumenti e suppellettili intrisi del loro profumo, coperti di impronte invisibili che il tempo conserva, preserva, accarezza. E scarpe, compagne dei giorni passati, calzate al mattino e riposte alla sera. Scarpe che hanno servito, coperto, abbellito. Di tutte le forme e dai tanti colori, con il tacco o senza, larghe, strette, eleganti o sportive. Sandali, scarpe da cerimonia, sformate o fuori moda, raccontano storie, ricordano speranze, attese, sogni infranti. Esse urlano, con dire muto, l’immenso dolore. Hanno visto la morte, ascoltato la paura, sentito la pelle tremare ed ora giacciono inerti ma unite sul piazzale del mondo, davanti a occhi lucidi, sguardi increduli e tristi. Tutti si fermano, tutti osservano, tutti si chiedono perché, tutti sentenziano, eppure in tanti sapevano e nessuno è intervenuto mentre dietro ad una porta chiusa si consumava il delitto. Ma violenza non è solo questo.Violenza è anche un complimento pesante. Violenza è pretendere. Violenza è mostrarsi indifferenti. Violenza è s_ parlare. Violenza è uno sguardo diverso, un sorriso di troppo, un doppio senso. Violenza a volte è ciò che sembra normale, ma normale non è. Nessuna donna è un’isola, completa in se stessa. La sofferenza che una sola prova, sminuisce tutte le altre in quanto esseri che fanno parte dell’umanità. “E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te”.
Maria Lucia Tarantino