
Haga – Göteborg (Svezia) – Fonte immagine: Jul i Haga (https://www.facebook.com/Jul-i-Haga-451069355657589)
Piedi doloranti, gambe stanche, Ester camminava veloce tra i vicoli di quella strana città, grigia e gelida, cercando di scaldarsi aumentando il passo.
Il vento che le litigava i capelli, le toglieva quasi il respiro, rendendole nervosi i pensieri.
Stava cercando qualcosa, era uscita spinta dall’urgenza di trovarla, eppure adesso non ricordava più cosa fosse stato così importante da farle rinunciare al tepore dell’albergo.
“Si dimenticassero altrettanto facilmente le parole” – sospirò tra sé Ester, stringendosi nel cappotto. E il pensiero corse, suo malgrado, alla voce distante di Gabriele, all’annuncio del viaggio. A quel suo modo di trattarla come se stesse sempre concedendole un tempo che avrebbe potuto impegnare in modo diverso, migliore. A quel pessimismo di fondo che non gli lasciava vivere i sentimenti e che lo portava a trattarla come se da un momento all’altro tutto dovesse andar storto e finire. Questo era diventato il loro rapporto: una scommessa dalle incerte speranze.
Ecco la pioggia a rigarle il viso, regalandole quel pianto che si teneva stretto dentro.
Assorta in questi pensieri Ester si era allontanata molto dalla strada principale e aveva imboccato un vialetto alberato tempestato – come una lunga collana di brillanti – di piccole vetrine dalle luci ammiccanti. Vendevano di tutto: bottoni-gioiello, realizzati in ceramica, dalle forme e dai colori che avrebbero sedotto il più esigente collezionista; teiere e vasi di tutte le misure in ferro battuto e rame; caramelle e leccornie di ogni genere, disposte in grandi scaffali trasparenti dei quali non si riusciva a distinguere il fondo; lane pregiate avvolte in gomitoli a forma di stella che pendevano come luci dal soffitto e sotto, due attempate signore, intente a fare la maglia seguendo l’ordine di un segreto cliente; cereali, semi e spezie di ogni tipo, il cui aroma attraversava le porte sigillate dal vento; gnomi e folletti in vetro soffiato, bottiglie e bicchieri, tazze e piattini; ciclamini, bulbi, piante grasse e rose, fiori di tutti i tipi e stagione; pasticceri di strada, con piastre fumanti, offrivano cialde farcite con miele e cannella e più avanti in un chioschetto, una donna allineava bicchieri rubino di un liquido dal profumo intenso: i passanti lo sorseggiavano allegramente nel breve tragitto che li separava dal successivo chioschetto dove, un uomo alto e smilzo, dai capelli color cenere, porgeva dei minuscoli panini dalle cui estremità, come per contrasto, fuoriuscivano delle gagliarde salsicce.
“E’ la stessa città di prima?” – Si domandò Ester incantata.
La gente camminava senza fretta, come se il freddo non esistesse, sorridente. Quante carrozzine e bimbi intorno ai dolciumi!
Ester pensò di fermarsi e fare anche lei un po’ di rifornimento e stava per aprire la porta della coloratissima Sweetness, quando come per incanto, si accorse che proprio accanto c’era una bottega in penombra dalla cui vetrina, dai vetri opachi, s’intravvedevano ampolle di cristallo di tutte le misure e forme.
Era completamente vuota, come se in mezzo a tutte quelle luci, fosse invisibile.
Ora, se c’era qualcosa che si poteva rimproverare ad Ester, certo non era la mancanza di curiosità!
Aveva capito infatti all’istante che si trovava proprio di fronte al posto che stava cercando e quindi, senza esitare, spinse con fermezza la porta ed entrando cominciò a guardarsi intorno.
Sotto le ampolle più piccole, coloratissime come biglie, il prezzo non c’era, solo degli strani biglietti: “Chiavi di casa”, “Ciuccetti”, “Calzini” ed ogni ampollina aveva la forma di ciò che l’etichetta indicava.
In scaffali più alti c’erano ampolle a forma di cuore, poltrona, treno ed anello e più Ester si guardava intorno, più la sua curiosità aumentava. Cosa contenevano quelle ampolle? Perché quelle strane forme? Quanto costavano?
Decise di chiedere spiegazioni al proprietario, un vecchio signore che nel retro, lucidava cristalli e sembrava non essersi accorto affatto della sua presenza.
- “Scusi?” Chiese con un po’d’ imbarazzo Ester, cercando di attirare l’attenzione.
L’uomo si girò lentamente, aveva gli occhi brillanti come i cristalli che aveva appena finito di lucidare.
- “Dimmi cara, cosa hai perduto?”
Ester rimase sorpresa da quella strana domanda e l’imbarazzo crebbe a dismisura, così farfugliò un frettoloso: “Non c’è il prezzo sotto le ampolline”.
- “Certo mia cara, come potrebbe? Hanno il valore che ognuno gli attribuisce”.
Ester era perplessa, ma cosa diceva quel vecchietto? Faceva mettere il prezzo ai clienti? O forse si stava prendendo gioco di lei, chiamandola “cara” solo per creare una confidenza ingannevole?
- “Non capisco, signore, cosa significa?”
- “Cara, sarei un ladro se mettessi un prezzo più alto a ciò che per la gente ha poco valore e al contrario un miserabile se lo abbassassi a ciò che ne ha uno estremo. Comprendi ora? Non posso dirlo io il prezzo, è il cliente che sa quanto costa. Tu sei qui perché hai perso qualcosa no? Ti piacerebbe se io ti dicessi che non vale niente?”
Ester lo ascoltava sempre più incredula. Cos’era quella strana bottega e chi era quell’uomo?
- Vieni avanti, cara! Non avere timore! Qui troverai di certo ciò che stai cercando. Sei dentro la mia bottega, la Bottega delle cose perdute! E le sorrise gentile.
Mentre parlava prese una lunga bacchetta e cominciò ad indicare elencando una per una le ampolle, aspettando un cenno di assenso da parte di Ester: “Bracciali”, “Collane”, “Orologi”, “Penne”, “Libri”, “Berretti”, “Sciarpe”, “Guanti” etc… Ogni ampolla era diversa dall’altra per forma, colore e contenuto, solo che quello Ester non riusciva a distinguerlo.
- “Signore, a dire il vero, non sono queste le cose che stavo cercando…”
- “Oh cara, potevi dirlo prima! Ti mostro l’altra sezione allora!”
E fece scorrere lo scaffale a parete dietro al quale un identico scaffale con ampolle completamente diverse illuminò d’improvviso la stanza.
- “Che luce! – Fece Ester ammirata – cosa contengono?”
- “Cara, sono costretto a metterle dietro perché altrimenti la loro luce attirerebbe sguardi importuni. Queste ampolle sono diverse dalle altre, come vedi, il loro contenuto è brillante!”
- “Varranno molto allora, signore!”
- “Beh cara, hanno un grande valore in sé, ma non è detto che per chi abbia perduto ciò che esse contengono, valgano altrettanto!”
E cominciò il lungo elenco: “Amicizie”, “Opportunità”, “Aspirazioni”, “Amori”, “Speranze”, “Fiducia” etc…
- “Si fermi signore! Ecco ciò che stavo cercando, ecco cosa ho perduto!”
Gridò Ester con voce commossa. E cominciò a rovistare nella borsa per vedere quanto denaro aveva portato con sé.
- “Bene, bene, mia cara. Ti avevo detto che nella mia bottega tutti trovano ciò che hanno perduto!”
Disse l’anziano signore con gli occhi scintillanti di soddisfazione. Allungò la bacchetta e con un gesto fulmineo, che non si sarebbe mai aspettato da un uomo così anziano, la prese al volo prima che si schiantasse al suolo.
- “Tocca a te aprirla per prendere ciò che hai perduto. Le disse con voce suadente”.
Ester non sapeva che fare, aveva davvero pochissimo denaro con sé. Avrebbe potuto mentire e dire che per lei valeva esattamente ciò che aveva nel portafoglio o forse ancora meno, ma come poteva?
Tornare domani? Seppure lo avesse fatto non avrebbe avuto molto denaro in più … Aveva aspettato così tanto e adesso improvvisamente sentiva di non poter attendere un secondo di più.
- “Signore, la verità è che io non sono in grado di pagare per ciò che ho perduto – disse Ester scoppiando in un pianto improvviso – e vorrei con tutta me stessa ritrovarlo”.
- “Mia cara non piangere, la mia bottega non è visibile agli avidi e ai ladri, ma solo a coloro che hanno capito il valore di ciò che hanno perduto. Nessuno che entri qui dentro ha denaro a sufficienza per poter comprare, però potrebbe tentare l’astuzia d’ingannare. Tu pur avendo potuto non lo hai fatto, perciò apri “Fiducia” e prendi pure ciò che hai perso e quando hai finito chiudi bene l’ampolla perché altri non perdano per sempre ciò che, come te, stanno cercando.
E dopo queste parole, come se si fosse dimenticato improvvisamente di lei, se ne tornò sereno a lucidare cristalli.
Ester aprì con le mani tremanti l’ampollina e subito ne uscì un profumo indescrivibile. Guardò dentro e vide che l’ampolla era piena di ambra e capì che tutto quello che doveva prendere stava già dentro di lei, era il profumo. Richiuse in fretta e con precisione per timore di perdere la fiducia altrui e poi con passo lieve, s’incamminò verso la porta. Si girò verso l’anziano signore per salutare e lo vide tutto intento a lucidare “Opportunità”. Sorrise pensando tra sé, che le sue l’aspettavano al di là di quella porta. E corse fuori lieve, con lo sguardo danzante tra la gente, nell’ aria gravida di promesse della sera.
Antonella Foderaro