Mentre i pensieri accarezzano i tuoi occhi ti chiedi se questo silenzio di parole possa far rumore dentro di te. Mille scalini corsi nel tempo con deragliate agli angoli della vita e luci abbandonate a terra. Armato di curiosità, sommerso dalla potenza delle domande, il cielo si fa strada tra le nuvole e calpesta con le sue mani i tuoi piccoli orizzonti. Macchie addensate nei discorsi così il corpo cerca di permutare le emozioni che sfuggono al tuo controllo. Si può sorridere all’incapacità, fingendo di capirla? Così si è stanchi dei passi del dire cercando di cancellare scritte vecchie e vestiti appassiti. Diversi sono i volti dell’apparire, del mostrare quello che non è necessario così si cerca un rifugio nel posto sbagliato mascherando ogni minuscola debolezza. Eppure queste fragili, incomprensibili, angosciose debolezze sono la cosa più amabile che ci è stata concessa. Si esclude, si cancella, si sostituisce, si nuota verso numeri impacchettati, isolati dal nostro pensare più sincero in cerca di sapori, odori chiusi in quelle foto sospese nella cenere di uno sguardo. Infili guanti grandi, ti ripari dall’acqua, dalle gocce calde del cadere mentre fuori esplodono i fogli di un passato andato perso nell’inevitabilità. Correnti di ogni genere ti abbracciano, ti trascinano verso luoghi inaspettati mentre mulinelli di suoni incupiscono i giorni che verranno. La mente intraprende sempre viaggi di circostanza, salti di ordinanza, rigore esile di una grigia mancanza. Avvolgere pellicole di pelle, seminare tentativi, forme indomabili di un tacito fluire così i pensieri scuotono quel silenzio assordante mentre la polvere si sdraia sui ricordi. Dimessi come pagine di giornale, sorridiamo con leggerezza, aspettando che la finzione resti solo un pallido, stupido, tentativo…i pensieri accarezzano i tuoi occhi e non ti chiedi più cosa sia il silenzio.
Francesco Colia