Ci sono giorni che arrivano come un pugno inatteso nella parte più sensibile del nostro corpo, li chiamo i giorni del disamore.
Quelli in cui ci guardiamo intorno e comprendiamo che nessuno ci ha a cuore e ci sentiamo come un regalo, conservato con cura, ma dimenticato in un angolo segreto del cassetto.
Non abbiamo paura della solitudine, ma di ciò che significa.
Niente sembra consolarci, le parole meno che mai, abbiamo bisogno di sentirci amati, senza motivo, senza merito, senza aver dato o fatto mai nulla che ci faccia credere che la risposta sia il saldo o peggio, l’interesse di un debito.
Questo bisogno universale non ricade nell’ambito dei diritti e dei doveri di ogni essere umano, perché l’amore è tale solo quando oltrepassa il merito (dovere) e quando non viene avanzato come obbligo (diritto). Tuttavia pur non essendo né un diritto né un dovere, nel senso sopra indicato, è qualcosa che nessun essere vivente dovrebbe mai sentirsi negato, meno che mai la natura umana che è relazionale ed esprime con consapevolezza la sua piena realizzazione proprio nell’amore.
Ma possiamo sempre amare? Sentirci sempre amati? Possiamo essere sempre in ascolto, attenti, pronti e desti?
L’esperienza ci dice di no, ecco perché è difficile amare, più semplice innamorarsi.
Pensiamo ad un bambino ed alla costanza di cui ha bisogno: possiamo crescere, diventare adulti, disilluderci sui sentimenti e la loro durata, ma la nostra anima rimarrà sempre quel bambino che di nascosto guarda da lontano in cerca di uno sguardo di amore incondizionato e gratuito.
Dimentichiamo in fretta i giorni del disamore al primo raggio di sole, al primo abbraccio, ad un bacio sincero e improvviso che, asciugandoci gli occhi, proprio come un bambino, ci restituisce il sorriso. Non ammetteremo mai di esserci nascosti dietro la porta ad aspettare di sentire il rumore dei passi, lontani, tornare, nè alla finestra a sbirciare il profilo di quella sagoma, a noi cara, passare.
Antonella Foderaro