Privati dell’utopia di un futuro possibile, incapaci di pensare alle infinite manifestazioni del divenire, viviamo soggiogati dalla sintomatologia dell’effimero. Uno spazio puntuale che non riesce ad evolgere in sequenza lineare.
La commedia dell’esistenza va in scena sempre e solo per un giorno concedendoci di ripetere all’infinito sempre la stessa parte oppure di indossare ogni giorno vesti diverse e di recitare nuove battute. Il futuro ha bisogno della finitezza dell’effimero per legittimare la sua esistenza, ma se ne serve come di un servitore sciocco ed inconsapevole. Un appello quotidiano rivolto a tutti noi.
Il tempo e lo spazio non “morirono ieri” al contrario di quanto scriveva Marinetti, bensì devono ancora essere perché di essi non è data altra misura che la rappresentazione del quotidiano, la sintomatologia dell’effimero che nasce e muore in un giorno, che ha un termine stabilito ed un divenire accelerato eppure già dato.
Ogni misura diventa transitoria ed il domani è privato dell’incertezza, vera manifestazione della sua natura. Eppure rinasciamo ogni giorno, pronti a cogliere i sintomi dell’effimero. La storia perde la strada di Musil, non va più bighellonando.
Ogni uomo che nasce si interroga sul proprio effimero, cercando di intuire dove si trovi il suo altrove, alternativa al qui ed ora, per costruire su di esso l’unico progetto possibile: non ammalarsi di quotidiano.
Così lo spazio ed il tempo sono organizzati senza alcuna proiezione nel futuro. Le città vivono di urgenza, funzionali, come devono essere, al tempo reale.
Se l’uomo non ha più alcuna proiezione nel futuro, non riesce ad organizzare gli ambienti della sua vita affinché la vita stessa possa esprimersi.
E’ il tempo mediatico che detta le forme ed i modi dell’esteriorità.
Non esiste una prospettiva della bellezza. Essa può essere solo casuale, uno dei sintomi dell’effimero. Chi appare agli altri, nella liturgia della presenza, attende gli applausi degli astanti. Ogni dispositivo è transitorio, funge, perdendo ogni forma, divenendo irrimediabilmente virtuale.
Si celebra l’assenza, dunque, quale unico simulacro di continuità, nel non esserci si preserva l‘ultimo baccello di infinito. Non è dato alcun desiderio di eternità. Viviamo un interminabile presente che nasce e muore ogni giorno. E’ la sintomatologia dell’effimero.
L’unico futuro possibile è quello che sapremo descrivere con le nostre parole. In esse rimane la prima traccia del virtuale e forse l’unica persistenza alla quale aspirare.
Pasquale Esposito
Che bello ri-leggere uno scritto di Pasquale! 🙂
Trovo illuminante un’espressione usata qui da Pasquale “perdendo ogni forma”. Quell’ “ogni ” è, a mio parere, molto significativo. Mi pare che l’effimero delle nostre situazioni – il tran(s)-sito(rio) di cui parla il nostro autore – sia come la pelle dei serpenti, cioè un qualcosa che smette di esserci senza lasciar traccia della propria passata presenza, un qualcosa, altresì, di talmente esteriore da non essere contenuto in alcunchè, da non avere alcun contenuto. Penso alla brevità delle false emozioni che molti ricercano, alla velocità dello ‘stordimento’, dello ‘sballo’ (di qualunque genere: non parlo solo di vizi orribili come droga, alcol, sesso estremo, gioco d’azzardo, ma anche dell’ambizione sfrenata e soddisfatta a qualunque costo), che dura giusto il tempo di star male. E anche il malessere appare passeggero: basta una ‘dormita’ (anche e soprattutto nel senso figurato del sonno della ragione) e la ‘sbornia’ s-vanirebbe. Ma ad essere vana sarebbe in realtà un’ esperienza di tal fatta perchè all’oblio di essa seguerebbe non la ricerca dell’eterno ma un andare avanti a forza d’inerzia. Questa sarebbe, a mio parere, l’irrimediabilità virtuale di cui parla Pasquale. E il termine virtuale sarebbe, per uno strano gioco di parole che esisterebbe forse solo nella mia mente bislacca, il contrario di virtuoso.
Cari filosofi che andate a rovistare nelle soffitte dei pensieri…cosa mi tirate fuori ? Pensavo che questo testo fosse perito nell’effimero ricordo delle tante parole che uso per garantirmi una barriera contro il nulla.
Forse l’affetto sta anche nel perseguire una comune persistenza.
Vi abbraccio tutti e non per caso.
ho letto e condividso
mi è piaciuto molto, l’ho sentito mio.
La vita è sempre altrove
di quotidianità spenta ci si ammala.
E noi umanità postmoderna stiamo perdendo l’anima. Non riuscendo più a contattare le parti creative e vitali che ci spingono verso il sogno e il mondo dell’oltre senza i quali è impossibile vivere la dimensione futuro in senso costruttivo e trasformativo.
Come percepire il sentimento di un divenire che trascenda caducità e momenti fugaci che ci depredano senza nutrirci
e dunque sentire la vita come uno lento svolgersi?
Dovremmo interrogarci sulla presenza o sulla persistenza nella memoria. Potremmo partire da Derrida o, come ho tentato, da un diverso punto. La ripresa di questo testo attua con impagabile benevolenza una persistenza che supera il nulla, quello nel quale ricadiamo ogni giorno consumando le battute che ci sono concesse nella parte che ci e’ stata assegnata. Nemmeno le scene sono adeguate. Tutto si consuma. Dunque quale tempo avremo se non quello dell’infinito ricordo di chi ci ha amato ?
L’effimero ha il suo ruolo, non di poco conto in una vita per sua natura limitata; per certi versi ci consente di guardare al domani. L’uomo è come l’acqua, se vuole trova il modo per evadere dal letto del fiume predestinato e gli spazi per costruire un futuro diverso in un mondo di uguali. Non siamo delle dune nel deserto, succubi delle raffiche del vento, qualcosa di nostro possiamo sempre aggiungerlo.
Grazie Pasquale,
ricambiamo l’abbraccio e speriamo presto di passare dalla soffitta al solotto! 🙂 Approfittiamo di questo piccolo spazio per dare il benvenuto anche a Raffaella ed a CCC 🙂
Condividere e confrontarsi è sempre motivo di crescita e maturazione personale!
A presto!
Complimenti Pasquale, la tua scrittura è veramente bella e coglie sempre aspetti profondi…
Grazie, Francesco. Il tuo e’ un grande complimento per un musicante di strada come me.
sono spesso colpito dalla “sintomatologia dell’effimiro” , oggi digitando su google : come affrontare il senso dell’effimiro , sono arrivato al presente sito che devo dire molto interessante in quanto allargandomi l’orizzonte….mi ha momentaneamente alleggerito la mente da una sofferenza esistenziale che non ha soluzione. Personalmente a tutt’oggi l’unica mia consolazione in questo ambito è la filosofia che mi piace chiamarla …l’ancora di salvezza di …ultima istanza…un pò quello che dovrebbe fare la BCE (Banca Centrale Europea) per salvare ciò che resta di questa Ns. Europa. Chi volesse un confronto con finalità consolatorie non esiti a scrivere.Ciao a tutti.