Stanco di sentire, di udire mentre l’ascoltare si sottrae senza andare. Palle colorate seguono traiettorie imprecise, le sfere sono attratte sempre da luoghi sconosciuti. Accade, senza perché che l’estraneo conquisti terreno, che la rinuncia indossi i nostri panni, cosa fare? Tagliare è la difesa più facile, crudele e risolutiva che possiamo adottare così ogni legame si tramuta in cancellazione, ogni costruzione in demolizione. Quanti ripensamenti e quanti alibi in azioni che perdono il loro senso nell’allontanare. E cade inaspettato quel non appartenere, quel non essere aderenti con niente e nessuno. Avviene quel taglio primordiale che ti abbandona alla solitudine, al tuo crescere quotidiano così i ricongiungimenti si travestono in sorrisi aperti, paure soffocate per un bene più grande del nostro stupido cercare. Ricomporre i frammenti del vedere, quelli sopraffatti dal caso e dai viaggi non intrapresi perché il sentire è come una nuvola al tramonto, un enorme contorno. Siamo dominati dalla forma, dalla consistenza delle persone e delle cose così ci pieghiamo alle linee e ai numeri per restare aggrappati alle nostre idee, alle nostre emozioni. La verità è che siamo impreparati, anche quando siamo immersi nelle certezze più assolute, cerchiamo rifugi lontani da ogni possibile colloquio. C’è sempre qualcosa, c’è sempre qualcuno, allora dove si trova quel filo che non ha bisogno di distacchi? In bilico su fortune non avute, disgrazie non dovute, oscilliamo, in gravità non comprese su pensieri ormai arresi. Suoni, tanti, da far male al silenzio ma proprio questi rumori assordanti del vivere danno sostanza a quelle orme, piccole per l’universo, grandi per il tuo senso. Voglia di sentire, di udire mentre l’ascoltare viaggia con noi, nell’andare.
Francesco Colia
la verità è che dimentichiamo di essere un agglomerato di quanti
un insieme di fotoni
dimentichiamo di essere luce.
dimentichiamo noi stessi.
piaciuto molto questo post.
cb
Per fortuna nessun uomo e’ ridicolo se semplicemente “e’ “. Purtroppo ogni uomo rischia l’inutilità se appalta ad altri il pensiero. Noi siamo quello facciamo e ogni nostra azione deve derivare dal nostro pensiero. La parola e’ azione. Non abbiamo tutte le parole e dobbiamo ascoltare quelle degli altri. Il filo e’ in quelle parole che criticamente facciamo nostre, che anarchicamente difendiamo. Se ciò che facciamo non e’ comprensibile significa che le nostre parole non sono comprensibili, non da tutti. Allora bisogna cercarne di nuove per allungare il filo, bisogna agirne di diverse per evitare che si spezzi. Dobbiamo “risciacquare in Arno”, nel fango e nel sangue ogni lettera che annettiamo alla definizione incompiuta del nostro essere, liberandola dalla cultura dominante. Una lettera mondata dal potere e’ già salva da ogni taglio possibile.
Un abbraccio all’autore e a tutti i filosofi…non per caso.
I tagli nella vita alle volte sono indispensabili quanto quelli chirurgici, altro è fare del tagliare uno stile di vita. Spesso non siamo noi che tagliamo, ma le situazioni che cambiano e scelgono al posto nostro, caso o destino? Chissà, solo i sentimenti autentici e reciproci sopravvivono alle potature del tempo 🙂
Bravissimo!