Il concetto di dono può essere affrontato sotto due aspetti: nella sua volontà (qualità) di trasmissione e nella sua inspiegabile traccia all’interno di un essere. Comunque lo si voglia interpretare il dono sembra rappresentare qualcosa di estraneo, nel senso che non sembra appartenere a nessuna creatura terrestre: è un permesso a tempo che una volontà estranea alla nostra comprensione sembra concederci. Necessariamente non c’è nessun riferimento ad un Dio quanto piuttosto ad un oscuro disegno universale. Facciamo fatica e tendiamo ad assegnare la specialità di un dono ad un Dio perché riteniamo che una particolarità così grande (quale il dono) non possa far parte di una creatura. Dunque, esso assume una connotazione positiva e viene ad essere una concessione temporanea in soccorso di una scarsa capacità. Il dono secondo la visione comune non ci appartiene e viaggia nelle mani dell’essere solo per un breve tempo. Ora veniamo ai due aspetti enunciati all’apertura di questa riflessione. Il primo aspetto che voglio affrontare è il desiderio di trasmissione che si vuol fare con il dono. Quando vogliamo donare qualcosa non ha importanza se il suo valore sia negativo o positivo, ci troviamo di fronte ad una volontà precisa. Ci si vuole privare di qualcosa per lasciarlo nelle mani di qualcun altro. Pertanto, nella volontà di donare si cela una volontà di rinuncia. Il dono nuovamente sembra avere una qualità transitoria che non può essere vincolata in nessun contesto. Non è privazione, ma la rinuncia a custodire qualcosa che riteniamo non appartenerci. In questa volontà c’è anche un pizzico di inadeguatezza alla protezione e alla capacità di espressione. Spiegherò meglio il rapporto offerente-ricevente. Il secondo aspetto del dono riguarda la sua dimora. Siamo soliti legare a qualcuno, che si dimostra particolarmente dotato in qualcosa, un dono. Gli esempi sono presenti ovunque e si trovano in ogni forma d’arte o scienza. Eppure, nonostante il dono si fondi con una creatura, come espresso precedentemente, esso sembra non appartenergli, ma essere una concessione che non riguardi le qualità dell’ospitante. Come concludere questa breve riflessione sul dono? Devo aggiungere ancora due piccole considerazioni. La prima riguarda l’offerente (colui che dona) mentre la seconda il fine del dono. La volontà di donare dell’offerente lascia anche un segno al ricevente. Nella volontà di donare vi è il richiamo alla presenza. Io ti dono qualcosa perché voglio che tu abbia un ricordo vero del mio gesto e della mia presenza. L’offerente non solo si rende artefice di un dono, ma si tramuta in un’umanità comune che lo rende speciale. Io (l’offerente) non sono solo un essere presente, ma mi riconosco nel dono, in qualcosa di speciale quindi mi distacco dal fare comune come fonte di eccezione. Pertanto, colui che dona silenziosamente urla la sua presenza e si identifica nel dono. Il dono è un’offerta che va al di là del gesto, che fonde il dono con il donatore, imprime un ricordo indelebile nel ricevente ed esorta a valorizzare un gesto che varca i limiti del senso. Infine veniamo alle ragioni del dono. Indipendentemente dalle interpretazioni, le ragioni hanno sempre una valenza di conoscenza. Il dono è un messaggio di approccio che aspira ad un legame e ad una conoscenza reciproca. Esso non può esimersi dal fine perché anche in una post-conoscenza si nasconde un intento preciso. Nel donare vi sono delle ragioni intrinseche alla nostra volontà. Il dono è significato e non può riassumersi in un semplice gesto. Non è possibile donare senza una volontà d’intesa. Possiamo trovare le ragioni nei nostri pensieri più veri e più presenti, ma la porta del nostro io in parecchie circostanze rimarrà socchiusa alla voce del donare.
Francesco Colia
Caro Francesco, hai scelto un bellissimo argomento su cui riflettere! 🙂
Tu scrivi: “Il dono è un’offerta…” Ecco, l’unica parola del tuo scritto che mi convince poco è il termine “offerta”. Lo trovo riduttivo anche per quello che in genere richiama questa parola, cioè una forma di assistenzialismo, di cessione di parte del proprio superfluo ad un altro essere umano. Per quanto riguarda il dono io parlerei piuttosto di “oblazione”, che letteralmente ha lo stesso significato di “offerta” ma mi pare più forte perchè può essere inteso anche come offerta di qualcosa che in qualche moso pone una relazione tra il donatore e e colui che dona perchè, come scrivi bene, “va al di là del gesto, … fonde il dono con il donatore, imprime un ricordo indelebile nel ricevente ed esorta a valorizzare un gesto che varca i limiti del senso.” Ma forse si tratta solo di sfumature…
Complimenti per la riflessione! 🙂
Compliment per il post, Francesco.
Rifletto sulla parola dono come rinuncia a favore di.
Io penso che la gratificazione che si prova nel donare sia superiore a quella che si prova nel ricevere.
Non credo che si tratti di reale rinuncia, ma piuttosto di una scelta che appaga. Se dono qualcosa e provo piacere a donarla, ecco che ne sono gratificata anch’io.
ciao
cri
Accolgo il tuo dono. Il tuo condividere.