Coltivare relazioni è qualcosa che s’impara, ma non è proprio spontaneo nell’essere umano. Avere relazioni al contrario lo è, si nasce e si cresce nelle relazioni, in famiglia per esempio, con i parenti, a scuola, con i compagni, insegnanti, che sono tra i primi estranei con cui entriamo in relazione. Le relazioni hanno infatti in comune un aspetto, la continuità nel tempo, altrimenti si parla di incontri. È grazie alle relazioni che nascono amicizie e amori, anche se a volte un incontro può bastare a far nascere la curiosità, la scintilla, il desiderio di iniziare una relazione.
Coltivare relazioni però significa farle durare nel tempo e prendersene cura nelle diverse stagioni della vita e attraverso i suoi diversi ritmi, umori, accadimenti. Alle volte subentrano distanze fisiche alle quali non raramente molte relazioni soccombono in quanto sono appunto difficili da coltivare. Rimane l’idea della relazione, il ricordo, la nostalgia. Tuttavia, poichè siamo esseri proiettati verso il futuro, abbiamo bisogno di presente per nutrire le relazioni. I ricordi bastano, certo, ma il presente rimane orfano per nutrire un futuro che ci allontana sempre più da quei ricordi.
Altre volte sono gli accadimenti a cambiarci. Una scelta che fa crescere le differenze all’interno della ralazione, una malattia, un compagno/a che non le condivide, interessi e “fortune” differenti. Insomma, ci si guarda e non ci si riconosce più nella relazione e si smette di coltivarla. Oppure capita la classica relazione che io amo definire monodirezionale. Quella dove uno dei due fa tutti gli sforzi e l’altro solo prende con una ricca dose di ingratitudine. Ovviamente mi riferisco a relazioni in cui non ci sono asimmetrie dovute a trauma o malattie. Anche queste sono relazioni destinate a dissolversi se non si ha una forte predisposizione al masochismo o non si è spinti da qualche tipo di necessità.
Coltivare relazioni quindi richiede: prossimità (fisica e non), tempo, simmetricità. Ma non basta. Anche una buona dose di generosità, per venire incontro all’altro nei momenti “no” che tutti attraversiamo e pure la capacità di perdonare, di non tenere conto del peso che la relazione può avere sulla propria vita. Ogni relazione ha infatti un costo di rinunce che viene ripagato in termini di stabilità della stessa. Pure queste rinunce necessitano simmetria in un rapporto sano.
Perdere relazioni nel tempo e nello spazio è qualcosa cui difficilmente ci si fa l’abitudine. Tanto più abbiamo coltivato la relazione, tanto più è durata, tanto più perderla è come perdere una parte di noi stessi. Ci destabilizza e ci sentiamo soli, perchè ogni relazione, per quanto asimettrica, ci ha comunque dato qualcosa: amore, conforto, comprensione, sostegno, rifugio. Tuttavia così come si impara a coltivare le relazioni, dobbiamo anche imparare ad accettarne la fine. Forse questa è la lezione più difficile da imparare, se mai lo si riesce. Coltivare è qualcosa che ci proietta verso un futuro ricco di frutti, aspettative e speranze. Lasciare andare, sa di resa, fallimenti, addii, niente cui ci piaccia anche solo pensare.
Sia essa fisica, definitiva, sia essa fatta di distanze, la fine di una relazione, qualunque sia la sua natura, ci lascia sempre una cicatrice nel cuore. Ma un cuore senza cicatrici, se mai esiste, è un cuore che deve ancora imparare a coltivare relazioni.
Antonella Foderaro