
Scatto © filosofipercaso
Nulla è per sempre ma c’è sempre qualcosa nel nulla e se non c’è nulla da perdere tutto non è perduto.
Il tempo è un mistero infinito anche se tutto sembra avere un tempo finito. Così i punti che legano le domande alle risposte restano delle formiche in cerca di cibo.
Essere attratti dall’incondizionato come sentimento di protezione anche se condizionato dal gioco dell’assurdo, strappi di unicità persi in un compito incompiuto.
L’accaduto non è un soldato caduto in lotta per un trofeo, il salto è un semplice passaggio tra il dire e il fare e tutti ad aspettare quel mare che all’orizzonte non si vuole proprio mostrare.
Il camminare non è solo una necessità ma una propensione alla ricerca, fuga occulta di un viaggio in cerca di risposte anche se le domande spesso sono sedute ad aspettare.
Sono tratti discontinui di una linea che apparentemente si può oltrepassare ma in verità povera di scorciatoie, sbiadita di parole che non fa altro che dipingere storie e racconti di un tempo impossibile da fermare.
Così i ricordi sono come chicchi di sabbia, attaccati alla mente e sciolti nella pioggia del passato come una clessidra in attesa di cadere sopra una duna di silenzi.
Scivoliamo come l’acqua perché è nel liquido che troviamo la nostra destinazione, sfuggenti e imprevedibili siamo costantemente distratti da un futuro che non è sicuro eppure ci lasciamo trascinare con urti e collisioni come asteroidi fluttuanti nello spazio.
Mattone dopo mattone come fossimo un edificio da costruire o demolire innalziamo muri di difesa, barriere di protezione, siamo in battaglia, nascosti nelle prigioni del capire perché il castello è soltanto una fortezza da scalfire come un vecchio colore pastello, imbrattato e maltrattato da un principio schivo e tardivo.
È sempre la stessa storia, anche se non passata perché le curve non fanno deragliare ma naufragare sulla sponda sbagliata del fiume. La corrente non è elettricità, non è un trasporto ma solo un modo prepotente di ferire il tuo avvenire. Così abbiamo cura solo della nostra paura, dura passione di un’ossessione, premura di una condizione che ci ripara dalle tempeste e dal sacrificio.
Curare i nostri interessi e non altri esseri perché c’è qualcosa che dobbiamo aggiungere, accumulare.
Aspettare un segno che possa far sognare oppure restare un manifesto di una pubblicità ripetitiva, nastro rotto di un salotto sempre povero ed interrotto. Cartelli ovunque, si deve ricordare che il tempo se ne vuole andare così sempre a recriminare quel sorriso fuggito nell’oscurità della notte.
Nulla è per sempre per questo c’è sempre un buon motivo, un saluto amico, un abbraccio sbiadito per finire il progetto del divenire.
Francesco Colia