Non amo guardare film che documentano la guerra perchè le atrocità che vi vengono denunciate mi ricordano quanto l’essere umano sia capace di azioni imperdonabili. Ed io voglio invece continuare a credere nella parte migliore, quella che tende una mano e solleva, cura, conforta, educa, ama, perdona e libera. Ci sono momenti storici però, e questo è uno di quelli, in cui il “cambiare canale”, non leggere le notizie, non guardare ed ascoltare le testimonianze dirette delle persone coinvolte, mi farebbe sentire meno umana.
Personalmente non ho un’opinione sulla guerra, ma un sentimento. La detesto. E poichè detesto lo strumento scelto, a prescindere da quale sia il fine che si voglia ottenere, mi viene naturale detestare chiunque lo scelga.
La guerra è la testimonianza del fallimento dell’essere umano e chiunque la usi per raggiungere i propri fini, è esempio di questo fallimento.
Detto questo, mi sono chiesta: e se diventassi vittima di un’azione di guerra? Se i valori in cui credo, le persone che amo, fossero minacciati da qualcuno che volesse imporre altri valori e costringere a scelte in cui non mi riconosco, cosa farei?
Forse chinerei la testa e la schiena pur di sopravvivere, ma la rabbia per l’ingiustiza subita, l’odio nei confronti di chi mi opprime, seguirebbero i miei passi come un’ombra. Oppure, pur di non ammettere la sventura, cercherei di convincermi che quei valori così estranei ai miei, non sono poi così sbagliati e mi rassegnerei ad essere non più me stessa, ma una pedina sottomessa nelle mani dell’oppressore di turno. Noi siciliani siamo storicamente abituati ad avere a che fare con gli oppressori. Forse scriverei favole o racconti, per camuffare la rivolta, poesie no, non ne sono mai stata capace. Certo non scriverei post indignati sui social, quelli verrebbero subito censurati. Dovrei fare uno sforzo immenso per tenere chiusa la bocca di fronte all’ingiustizia eletta a normalità, cosa che pure in tempo di pace, mi viene estremamente difficile fare. Dovrei abituarmi a girarmi dall’altra parte, a cambiare canale, a pensare che se non mi piego, mi mancherà il pane e che pure camminando in ginocchio avrò sempre fame. Ma ci si adatta a tutto, quando lo stomaco è vuoto e vali meno di un posacenere sul tavolino di un bar.
Forse alzerei la testa, pronta a farmela spaccare, pur di non rinunciare a quella che credo essere la parte migliore di me. Forse offrirei la mia testa dura in cambio di un’altra, ma questo risparmierebbe la vergogna e la disperazione a quanti non possono o non vogliono fare la stessa scelta?
È facile teorizzare e giudicare quando non sono le nostre case ad essere bersaglio di missili, quando non sono i nostri cari a morire soffocati sotto la macerie, quando non siamo noi messi di fronte alla scelta. Io non so cosa farei se il mio Paese fosse aggredito. Sarei capace di porgere l’altra guancia e perdonare? Odierei i governanti perchè hanno scelto di resistere? Li odierei di più se si arrendessero? Non lo so, in Italia siamo abituati ad odiare chi ci governa comunque e forse in quel caso sarei in grado di giudicare conoscendo meglio i fatti.
Mi spaventano le certezze di quanti hanno sempre la verità in pugno e sanno in ogni circostanza chi deridere e maledire. Io credo che la paura di perdere la parte migliore potrebbe sorprendere anche le menti più lucide.
Antonella Foderaro