
Osvaldo Cavandoli – La linea
Non devi neanche desiderare di essere una riga storta, una parola rotta perché lo sporco è un colore dietro la porta. Immagini di salvezza per mascherare la silenziosa tristezza, echi che sembrano brividi così il giorno è soltanto un altro errore da nascondere all’orrore.
Suoni imperfetti mescolano le carte, è il gioco del re che non vuole dare voce al proprio sé. Si entra in stanze vuote, non per volontà, non per serietà, non per avidità, si entra per incapacità così si è diversi, perdenti e senza pane tra i denti. Constatare che la tua compagna è l’ombra e non la luce, gettati per essere ammaestrati, per essere mostrati così non c’è alcuna soluzione, solo una costante e subdola seduzione.
Sono le crepe del tempo, le rughe dell’inverno, segni urlati negli specchi, trucchi lasciati sbiadire nei castelli. Si è qualcosa di definito nella misura della polvere perché il viaggio non è stato deciso, la scelta è stata programmata, assorbita e perseguita ma non capita.
Così come un ramo spezzato, un foglio abbandonato siamo punti, numeri, lettere nella mappa del mondo. Non devi neanche desiderare di essere una strada interrotta, un pensiero senza rotta perché il cammino è un torrente dentro la mente. Si è qualcosa di definito nella misura del togliere, i dubbi, le incertezze, le debolezze, le insicurezze, la via è stata presa, la resa carpita, la vita rapita.
Francesco Colia
Grandioso, il tuo modo di scrivere appare ai miei occhi sempre più in forma di poesia, le parole (dapprima, stavolta, più disincantate e pessimiste) volutamente o no rincorrono e suonano accenti poetici.
La parola rotta non è soltanto spezzata, è anche una via una meta.
Grazie Francesco, hai avuto bisogno di un tempo maggiore per uscire dalla stanza vuota del ritmo a volte insostenibile della quotidianità, ma meravigliosamente (de)scrivi ogni volta la tua interminabile ricerca.