
Mustafa Dedeoğlu – https://www.mustafadedeoglu.com/
Il linguaggio traveste il pensiero. Lo traveste in modo tale che dalla forma esteriore dell’abito non si può inferire la forma del pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell’abito è formata a ben altri fini che al fine di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. (1)
Siamo esseri umani e sicuramente una delle nostre caratteristiche più importanti è la capacità di pensare. Non solo siamo capaci di pensare ma riusciamo a tradurre questa nostra incredibile facoltà in un linguaggio comunicativo. Il pensiero non è abbandonato al silenzio, il tempo ci ha concesso l’opportunità di sviluppare un complesso sistema di segni e parole in grado di comunicare la nostra vasta gamma di sensazioni. Tuttavia, vestire un pensiero di linguaggio non significa essenzialmente comunicare ciò che sentiamo. Il linguaggio è nella sua forma più semplice una costruzione, una struttura di convenzioni e sicurezze concepita per la comprensione delle cose e del mondo. Quello che vogliamo comunicare è un’integrazione, un sentirsi partecipi al grande mistero della vita. Il linguaggio non è altro che il nostro biglietto da viaggio per l’universo umano, è quella chiave che ci permette di aprire la porta del mondo. Il linguaggio è il nostro Passepartout? È enormemente complicato comprendere il linguaggio e lo stesso Wittgenstein viene in nostro soccorso:
I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo…Che il mondo è il mio mondo si mostra in ciò, che i limiti del linguaggio (dell’unico linguaggio che io comprenda) significano i limiti del mio mondo. (2)
E aggiunge: Il mondo e la vita sono tutt’uno…Io sono il mio mondo. (Il microcosmo.) (3)
Dunque, il linguaggio non è solo la porta d’ingresso per la comprensione del mondo ma l’abito che indossiamo per manifestar-ci al mondo. Testimoniamo ciò che siamo grazie al linguaggio che non è un semplice “strumento” di comunicazione. L’associazione linguaggio-comunicazione nella maggior parte dei casi genera fraintendimenti. L’incomunicabilità risiede nel linguaggio, nei nostri limiti di conoscenza e condivisione. Il mio mondo non ruota intorno solo al mio pensare, al mio respirare. Esso diviene un terreno incolto, spoglio di ogni senso se non aperto al “mondo”. Pertanto, quello che penso, il mio microcosmo, può soltanto votarsi al mondo perché è proprio in esso che avviene la conoscenza reciproca tra ciò che sono e ciò che è. E l’uomo deve svelare questo suo essere con la parola, la lingua.
Preso in se stesso, il pensiero è come una nebulosa in cui niente è necessariamente delimitato. Non vi sono idee prestabilite, e niente è distinto prima dell’apparizione della lingua. (4)
Il pensiero non ha confini, di questo siamo sicuri perché non sempre siamo in grado di comunicare le nostre percezioni sulle cose e le persone. Non avendo freni, il pensiero si espande oltre ogni nostra possibile comprensione così da rendere arduo il nostro capire. Ma il mio mondo, il mondo dei pensieri sente il bisogno di uscire. Come una crisalide annidata nella mente, il pensiero scorge la sua riva nella parola, dono concesso soltanto all’uomo.
Il linguaggio è solo là dove il linguaggio è parlato, dove accade, e il linguaggio accade tra gli uomini. (5)
L’uomo parla per comunicare, adotta questa forma di linguaggio per aprire il proprio mondo al mondo. La parola è quell’universo dove il pensiero trova rifugio. Così il linguaggio traveste il pensiero, gli consegna l’abito più congeniale, la parola. La parola è il nostro salvacondotto? La parola ci garantisce un transito tra il pensare e l’appartenere. Avvertiamo sempre un senso di estraneità quando il nostro intimo esistere non trova un porto dove approdare. Tuttavia, la parola resta un travestimento perché il pensare, noi, siamo enormemente complicati. Io sono il mio mondo, il mio mondo è un’attesa, una ricerca costante del luogo dove trovare il mio senso, la mia destinazione. Io sono il mio mondo e il mondo sono io, travestito, investito, sopito.
Francesco Colia
Note
(1) (2) (3) Ludwig Wittgenstein – Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916 – A cura di Amedeo G. Conte – Piccola Biblioteca Einaudi – 2009 Torino;
(4) T. De Mauro, Introduzione a Ferdinand De Saussure, Corso di linguistica generale, trad. ital., Roma-Bari, 1967;
(5) Martin Heidegger – Logica e linguaggio – Logik als die Frage nach dem Wesen der Sprache – Christian Marinotti Edizioni – Milano 2008