
Bill Mayer © 2019 – thebillmayer.com
Sotto i portici della piazza maggiore si aprivano negozi e bar, dove si rifugiavano i non molti abitanti costretti a rimanere in città per sfuggire alla calura di quell’estate davvero torrida.
Seduti al tavolino d’un caffè, come quasi ogni giorno, il commendator Pierangelo Vitelli discorreva amenamente, davanti ad una granita limone, col cavalier Giorgio Pieratti, suo amico di vecchia data, che preferiva un gelato.
Ogni volta la conversazione prendeva le pieghe più diverse: si andava dai tanti misteri del mondo alle sue meraviglie e a quelle della scienza o alle straordinarie facoltà dell’immaginazione.
Quel dì si toccò anche l’argomento dell’origine della paura e ognuno dei due interlocutori l’attribuiva ora ad un’emozione o a una vicenda negativa, ora ad un’indole particolarmente fragile. Certo, talune circostanze (e ce n’erano di ogni genere) che generavano paura richiedevano, affermò Pieratti, davvero un gran coraggio per essere superate.
Ma Vitelli, con un tono un po’ saccente, subito lo interruppe dicendo:
- Ma caro mio, come disse Manzoni del povero don Abbondio, il coraggio, se uno non ce l’ha, non è che se lo può dare!
Il cavalier Pieratti, dopo aver meditato per qualche secondo sull’uscita dell’amico, abbozzò un sorrisetto e, allo sguardo interrogativo di Pierangelo, disse:
- Sai, questa tua affermazione mi fa venire in mente il caso di un amico di mio padre, che sembra proprio smentire sia te che il Manzoni!
- Davvero? Sono proprio curioso di scoprire come!
- La persona a cui mi riferisco e di cui ti voglio parlare era un militare che terminò la sua carriera raggiungendo il grado di generale, partecipando alla seconda guerra mondiale e in ogni campagna (Albania, Grecia, ecc.) si guadagnò medaglie e promozioni con veri e propri atti di valore nelle più svariate circostanze…
- Era, dunque, un uomo assai coraggioso!
- Sì, certo, anche se, in realtà, il suo indubbio coraggio merita una spiegazione. Non ti ho detto qual era il suo nome…
- E che c’entra il nome col suo coraggio?
- È fondamentale, come capirai dopo aver sentito che si chiamava Arcibaldo Coniglio!
- Ma continuo a non capire…
Aspetta e ci riuscirai. Immaginati il ragazzo a scuola, dalle elementari al liceo, preso sempre in giro proprio per via soltanto dei suoi dati anagrafici: un nome, Arcibaldo, che prometteva baldanzosità e coraggio e un cognome, Coniglio, sinonimo, come sappiamo, di timidezza e viltà! Non ce la faceva proprio più: figurati che, secondo quanto dettomi da mio padre, aveva persino pensato al suicidio! Poi, all’improvviso, mentre si profilava ormai un Paese sempre più rivolto alla guerra decise di frequentare l’Accademia militare. Anche lì, beninteso, dovette sopportare le battute degli insegnanti e i sorrisetti dei compagni, esattamente come prima, ma era stato proprio lui a scegliere quella strada e la seguì sino alla fine, forse perché andava facendosi strada in lui una certa idea…
Il commendator Vitelli seguiva il racconto con sempre maggiore attenzione, quasi mal sopportando che l’amico interrompesse la narrazione per gustarsi beatamente il gelato.
Poi, il cavaliere proseguì:
– Scoppiata la guerra, fu proprio allora che si verificò la svolta della sua vita perché il nostro amico trovò finalmente il modo di farsi rispettare. Era sempre il primo ad offrirsi per missioni pericolose, guadagnandosi la stima dei superiori e sui campi di battaglia non c’era nessuno che, come lui, sfidasse continuamente la morte: a parte qualche ferita riuscì ad uscire indenne da ogni massacro, meritando medaglie e promozioni e, soprattutto, nessuno, proprio in seguito a ciò, si permise mai più di ridicolizzarlo solo per il cognome!
Così, come ti avevo anticipato, fece meritatamente carriera fino ad andare in pensione, appunto, da generale.
Vitelli, che aveva seguito fino ad allora il discorso, accompagnandolo con qualche gesto espressivo, si ricordò allora da dove era partita la conversazione e chiese all’amico:
- Ma il Manzoni cosa c’entra?
- Ma, caro mio, il fatto è che questa storia sembra dimostrare, contrariamente a quanto asserisce quel grande, che il coraggio, in certe circostanze, sia pure particolari come questa di cui ti ho parlato, è anche possibile darselo!
Felice Irrera
Bel racconto supportato da una immagine perfettamente calzante.
Letizia B.