
[disegno dall’album “Incompiuti” di GP]
…Segni, impronte e tracce di noi ci perseguitano in ogni luogo. Così non esiste un suolo “incontaminato” in nessuna parte del mondo. Ci portiamo sempre appresso ciò da cui proveniamo, è il nostro “bagaglio a mano”.
Ecco perché gli effetti di un viaggio non durano a lungo, perché sempre torniamo a casa col nostro bagaglio a mano. A volte più leggero, altre più pesante.
A me un luogo piace tanto più quanto mi è estraneo.
Il passato ha senso solo quando diventa vissuto (cioè quando viene elaborato), e non credo che il mio l’avrei potuto vivere in maniera diversa da com’è andata. Penso che per fare diversamente da come ho fatto nel passato avrei dovuto essere diversa da chi ero. Ecco perché dico che non credo che l’avrei potuto vivere in maniera diversa.
Non è fatalismo, è consapevole ammissione che siamo quello che siamo, non ciò che avremmo voluto essere.
Non parlo di una natura predeterminata e imposta! Parlo di essere in quanto tale, in quel determinato momento dello spazio_tempo. Se sono stata in quel modo in quella determinata situazione, certo non è dipeso dalle circostanze (perché questo sarebbe fatalismo!), ma dal mio modo di essere. Avrei potuto comportarmi in mille altri modi? Certo! Ma avrei dovuto essere mille altre persone che non ero io all’epoca della situazione.
Esiste una cosa chiamata personalità e un’altra chiamata carattere che sono strutture abbastanza dinamiche (voglio essere ottimista…), ma che per divenire qualcosa di meglio e alzare lo standard delle proprie risposte comportamentali necessitano di molto vissuto, e cioè di molto passato elaborato…e fame di presente, e probabilmente speranza nel futuro.
Non è una mia opinione speculativa che le scelte comportamentali individuali siano repertorio della struttura di personalità e della foggia caratteriale. Né il temperamento è una mia invenzione. La psichiatria, che ha il pregio di essere una scienza, lo attesta perché c’è gente, uomini e donne di scienza, che ha passato la propria vita a studiare non teorie, ma a cercare di capire com’è fatto l’essere umano con criterio oggettivo, non speculativo.
E la psichiatria chiama “incoerenza” quell’intervallo di comportamenti — ma anche di stati emotivo affettivi (tono dell’umore) e stati profondi stabili (sentimenti) — che c’è tra ciò che si è (inteso come proprio sentire e pensare) e ciò che si fa.
In altri termini, non posso essere altro da me, non perché non posso superare i miei limiti o cambiare nella vita, ma perché tali processi dinamici nell’essere umano non sono né improvvisi né scontati. Altrimenti si tratterebbe di alienazione, cioè allontanamento dalla propria autentica e soprattutto strutturata essenza.
Del resto, se cambiamo, o lo facciamo per diventare ciò che siamo, o per perderci sempre più da ciò che siamo.
Ora, ciò che siamo non è una teoria, infatti due persone diverse affronteranno in maniera diversa la stessa situazione, ma soprattutto in maniera del tutto diversa la elaboreranno, e questo è estremamente affascinante, perché significa che dalla medesima esperienza ciascuno di noi acquisisce (o perde) qualcosa di diverso dagli altri, costruisce un vissuto molto personale e originale. Il determinismo di ciò che siamo è, ovviamente, soggetto a molti pregressi condizionamenti in cui il fato non c’entra nulla.
Sta a ciascuno di noi svelare questi condizionamenti e, se vogliamo e ne abbiamo capacità, forza e coraggio, liberarcene.
Ovviamente possiamo essere condizionati in un comportamento anche da noi stessi, dai nostri ragionamenti in quel momento, o dalle nostre percezioni della realtà in quel momento. La lucidità e l’appercezione (termine usato da Leibniz) di sé è un gioco di equilibri, si cammina sul filo.
Ma se i nostri ragionamenti e le nostre percezioni di quel momento sono state grigie e non verdi o rosa, è perché ciò che eravamo complessivamente in quel momento della nostra vita riusciva a vedere solo il grigio, perché quella visione personale ha prevalso su tutte le altre che potevamo avere. Ebbene, il comportamento è solo la naturale conseguenza di questo.
Ciò che ognuno di noi è, non è un’opinione.
Ciò che ognuno di noi sembra, a se stesso prima ancora che agli altri, è un’opinione interpretativa.
Il viaggio sta proprio in quello……scoprire cosa diventiamo per essere riusciti a capire chi veramente siamo.
Il viaggio è ricerca della radice.
GP