
Francis Bacon, Study for Portrait (Michel Leiris), 1978
Chi chiami cattivo? Chi mira soltanto a incutere vergogna.
Che cos’è per te la cosa più umana? Risparmiare vergogna a qualcuno.
Friedrich Nietzsche, La gaia scienza
Il cattivo, come dice la parola stessa, è un essere umano prigioniero (dal latino captivus prigioniero). Ma di chi? Se continuiamo a leggere l’etimologia della parola propostaci dal dizionario Treccani scopriremo che “il significato odierno ha avuto origine dalla locuzione del latino cristiano captivus diabŏli «prigioniero del diavolo»”.
Ma qual è l’origine della parola “diabŏli”? La parola “diavolo” deriva dal verbo greco διαβάλλω (diabàllo) che significa letteralmente dia “attraverso” bàllo “getto”, quindi separare, porre barriera, porre frattura, oppure, in senso metaforico, trafiggere, calunniare.
Il cattivo è qualcuno che è prigioniero della divisione forse perchè egli stesso diviso, fratturato, forse perchè fa della divisione un mezzo per il raggiungimento di un fine o forse per entrambe le ragioni. Non sappiamo perchè il cattivo diventi cattivo, è difficile ragionare su un concetto astratto, ma sicuramente sappiamo riconoscere quando lo siamo in prima persona e con un briciolo di introspezione riusciamo a capire pure perchè.
Secondo Nietzsche il cattivo è chi ha perso la cosa più umana, cioè la capacità di “risparmiare vergogna a qualcuno”. Nella sua opera di divisione, il cattivo non è solo colui che fa perdere, ma anche colui che perde, potremmo dire il perdente per eccellenza.
Dividendo, frantumando, calunniando, separando, inoculando dubbio e sospetto, la persona che agisce con cattiveria sminuisce così tanto la propria natura umana, da diventare qualcos’altro.
E che cos`è la vergogna allora se non la lente che il cattivo ci offre per poter guardare a noi stessi attraverso i suoi occhi?
Chi si riconosce umano sa guardare a se stesso con umanità e credere nel cambiamento, nella possibilità di riscatto, nel perdono, nell’amore, nella consolazione. Sa che in quanto uomo cadrà, ma che si rialzerà perchè non è da solo, diviso, fratturato, ma parte di una comunità dove esiste il buono e il bene per i quali essere grati.
La vergogna, nemica della gratitudine, ci fa fraintendere ogni gesto di umanità che riceviamo, privandoci della dignità e della gioia di essere umani. Ci fa vedere inesorabilmente divisi, distrutti, senza speranza, condannabili e condannati.
E allora non dovremmo vergognarci di essere stati cattivi?
No, la vergogna spinge al nascondimento, a cercare capri espiatori per giustificare la nostra inumanità, a distruggerci, frantumarci dentro. Dovremmo piuttosto impegnarci a buttare giù i muri che abbiamo eretto, ripristinare l’unità in noi stessi e intorno a noi, coltivare la nostra parte più umana perdonando noi stessi per averla persa, riparando il danno fatto agli altri nella misura del possibile, consapevoli che se dovessero negarci il perdono, è perchè abbiamo calpestato e forse distrutto anche in loro “la cosa più umana”.
Antonella Foderaro