(Immagine Vasilij Vasil’evič Kandinskij)
Che strana sindrome attraversa il pensiero quando si trova solo e senza compagnia. C’è la tendenza a cercare un opposto in ogni ragione e in ogni azione: bene o male, bianco o nero, bello o brutto e così via. Fuggiamo con estrema facilità da quell’unità che non riusciamo ad identificare se non nelle nostre sofferenze terrene. Contrappeso per ogni evenienza per dare soluzione alle incomprensibili domande che ci abbracciano ogni giorno. Nei nostri intenti non vi è un alter ego che possa depurarci dai nostri errori. Siamo uomini, sbagliamo in continuazione, perché allora vogliamo insistentemente riparare ogni incidente, per discolparci? In bilico sul filo delle idee, in tensione tra le fotografie della vita, respiriamo quasi a fatica. L’unica miniera d’oro che dobbiamo cercare e stringere con forza è la nostra inscindibile unità, la nostra pur fragile materia umana. L’essere-in-vita, nel grande movimento temporale non ci deve portare lontano da ciò che siamo. Tutto si bilancia nel nostro completo essere, dove ogni gesto non trova le ragioni nelle separazioni ma nelle immersioni. La profondità che brucia nel tempo verso il sentiero del vivere e del dimenticare non accetta tagli di spesa perché non si può risparmiare sul vento delle emozioni. È mirabile la nostra vita se accompagnata da ogni comprensione dell’errore. Non c’è bellezza più grande di quella brezza che ci sfiora il viso e si posa sui nostri sogni. Alimentiamo malattie sterili e versiamo le nostre attenzioni sui dettagli inutili. Spinti da una forza comune assecondiamo la scorporazione del senso in tante piccole molecole di felicità, gettate come perle per rinnegare un tesoro ingannevole. Siamo uomini e abbiamo piantato la nostra figura come perno del mondo ed ogni cosa gira come un’elica intorno a noi per rendere meno afosa questa pur debole esistenza. Corriamo nervosamente verso castelli di sabbia e il vero nucleo sembra cedere il passo alle estraneità. Abbiamo perso la centralità con noi stessi, con l’essere. Tutto quello che ci sembra vicino si sta allontanando sempre di più: le parole, le persone, le cose ma ciò che stiamo definitivamente perdendo è il senso. Siamo uomini e come un grido silenzioso, come un rifiuto abbandonato siamo parcheggiati in un angolo della strada.
Francesco Colia
felice di trovarvi qui, cari filosofi!
e non per caso.
cristina
Francesco prima o poi dobbiamo incontrarci…
Allora approfitto della tua profonda riflessione fratè per farvi i complimenti per il sito, immagino le parolacce non siano ammesse, ma tu avrai capito. 😉
Questo è un grande passo in avanti, un avvicinamento a ciò che siete, per rimanere in tema. La rivista è finalmente arrivata, è proprio un numero ben fatto, complimenti ai fotografi, molto piaciuto l’italiano Taddei e la natura del Bangladesh -spero di non sbagliare Paese- bravi tutti e l’articolo su Heidegger è brillante.
Aspetto una tua risposta, ok? 🙂
Hasta!!!
Viviamo come funamboli. Il nostro cammino è sul delicato filo della vita.
Grazie a tutti per essere intervenuti..
Frate’ tu sei ammesso di diritto! ^_^
Elena ci dobbiamo incontrare? :p
Antonella grazie e la scelta dell’immagine non è mai casuale…. 🙂
A quando CineSofia?? 🙂