La diversità viene da sempre colpevolizzata semplicemente perché non è assimilabile. Questa affermazione può sembrare un luogo comune ma proprio in quanto tale dovrebbe farci riflettere. Quando pensiamo la diversità procediamo per estremi esterni: differenze razziali, religiose, sessuali, tuttavia esiste una dimensione della diversità che è implicita e che si chiama unicità. Grazie a tale differenza siamo insostituibili. Nessuno è identico all’altro e seppure nell’arco della vita di una persona possa capitare che individui diversi occupino per un periodo più o meno lungo (a volte definitivo) il medesimo “posto” o rivestano per quest’ultima lo stesso “ruolo”, non lo faranno mai nel medesimo modo. Se invece di enfatizzare il distinguo ponessimo l’accento sull’unicum forse riusciremmo a godere la presenza dell’altro senza doverla subire e per subire mi riferisco a tutta quella sterile retorica che tentando di “restituire” voce finisce invece con l’accentuarne i limiti e non il potenziale.
Rispettare l’unicità significa salvaguardarla allontanando da noi stessi e da chiunque l’omologazione ed il livellamento del pensare e del sentire.
Creare un sentire comune non significa appianare le differenze, né smussare gli angoli perdere la propria personalità, piuttosto alleggerirsi da una serie di pregiudizi e di stereotipi assimilati da una cultura ormai superata e da esperienze che ci hanno allontanato da noi stessi. Oggi non manca il coraggio della rivendicazione, manca proprio il coraggio dell’autenticità, quella che ci fa unici ed assolutamente, inequivocabilmente insostituibili. E’ proprio nello spazio dell’unicità che si gioca la gratuità degli affetti, perché ciò che nell’altro è irriducibile a me è quanto lo fa se stesso e se non riesco ad amarlo in ciò in cui non mi riconosco infine dichiaro che non sono capace di amare altri che me stesso. Ecco perché la distanza che mi separa dall’altro, la sua differenza ed unicità è un percorso percorribile solo da quel sentimento che non si ritrae davanti alla vertigine che l’abisso dell’altro significa, anzi fa da ponte invisibile, un ponte che non viola la “sacralità” della differenza. Farsi prossimo di qualcuno significa allora accettare questo scarto non sempre affascinante, spesso scomodo, altre irritante, ma sempre provocante. Nel momento in cui l’altro smette di essere provocazione per noi, significa che abbiamo smesso di amarlo, non a caso la morte dell’amore è l’indifferenza, cioè la non-differenza.
E’ l’unicità dell’altro che stimola la curiosità della conoscenza, ma dal momento che il segreto che essa rappresenta non potrà mai appartenerci, possiamo solo ammirarlo e custodirlo oppure calpestarlo illudendoci di poterlo distruggere.
L’unicità non ha bisogno di urlare e rivendicare se stessa, deve solo poter liberamente essere e se trova nello sguardo dell’altro l’attesa, gli corre incontro come dono dal quale nient’altro spera, se non che faccia altrettanto.
La vita trascorre in quest’attesa: che l’unicità dell’altro ci diventi indispensabile quanto la nostra.
Antonella Foderaro
La mia unicità ammira l’espressione della tua unicità.
Purtroppo, oltrepassare la barriera dei pregiudizi che la diversità spesso genera, per giungere all’unicità, non è facile, ma ne vale la pena perchè è la via migliore per arricchirsi e arricchire. Bravissima come sempre 🙂
E’ vero, è molto difficile concentrarci sull’unicum che contraddistingue ognuno di noi, ma se riuscissimo ad andare oltre le “regole” che a volte ci limitano e oltre il giudizio che ne consegue e che in molti casi ci spaventa, riusciremmo ad essere più autentici e ad aprirci all’altro anche se “diverso” da noi. La difficoltà maggiore consiste nel mostrarci con l’abito che ci piace, quello che ci mostra nella nostra essenza, ma spesso non lo indossiamo scegliendone uno scomodo però alla moda per essere accettati dalla mentalità dei più. L’apertura quindi prima nei confronti del nostro unicum per valorizzarlo e donarlo con convinzione. Da qui l’avvicinamento all’altro è breve. Grazie, Antonella e complimenti!Marilù
Una riflessione che condivido in pieno!