C’era un tempo in cui le montagne si muovevano. La mattina aprivano un occhio, aprivano il secondo e sgranchivano braccia e gambe; fatto questo iniziavano a camminare. La nostra storia ha inizio quel giorno in cui gli abitanti del regno si accorsero che nessun piedone sbadato delle montagne aveva rischiato di schiacciarli. Quella mattina, infatti, le montagne non si erano spostate di un centimetro, non avevano nemmeno alzato l’angolo di un sopracciglio. Semplicemente erano rimaste al proprio posto, immobili. La notizia corse veloce tra i campi e i palazzi del regno fino ad arrivare al buon vecchio Re. Lui conosceva bene le montagne: il loro sguardo arcigno e il loro carattere irascibile. Esseri molto generosi – infatti, rappresentavano una grande, immensa riserva d’acqua, di legna e anche di minerali preziosi – ma anche molto irascibili. Capaci di generare tragiche slavine, frane, allagamenti. Tutto con un semplice movimento di anca. Allora il buon vecchio Re decise che sarebbe andato a parlare con loro. Fece preparare il corteo d’onore in alta uniforme. Alla Montagna Regina portò in dono un paio di Scarpe delle mille leghe, ricamate d’oro. Giunti di fronte alle montagne il re fece presentare i doni alla Montagna Regina che non li degnò nemmeno di una sbirciata d’occhi. Tre volte chiese perché si comportassero così ma non ottenne alcuna risposta.
Mentre la corte si riuniva per capire come meglio comportarsi, non molto lontano un giovane contadino aveva raggiunto i monti per cercare di scoprire cosa stesse succedendo. I suoi campi da giorni non venivano più riforniti d’acqua e il seminato andava perduto. Arrivato davanti alla Montagna Regina sedette e parlò: “Montagne di neve, acqua, vento e gelo, che ne è del vostro cammino?”. Non ricevette alcuna risposta e così decise di sedersi e aspettare. All’improvviso giunse un’aquila maestosa che disse: “Se dai monti vorrai farti ascoltare di non essere corrotto ti dovrai dimostrare; sii gentile e cortese e dona quanto potrai” e volò via. Il giovane l’ascoltò e decise che dopo il durissimo viaggio fatto aveva guadagnato il diritto ad una risposta. Appena riformulò la domanda ecco un corvo posarsi lì vicino e gracchiare: “Che ci fai qui?” il giovane non gli diede retta e lo cacciò indispettito. Attese una notte senza che le montagne dessero alcun segno. La mattina successiva guardando le montagne ripeté “Montagne di neve, acqua, vento e gelo, che ne è del vostro cammino?”. Comparve un mendicante che chiese per sé qualche soldo; ma il giovane contadino pensò che anche lui era povero così fece finta di non sentire. Intanto la risposta dei monti non arrivava. Il terzo giorno, dopo aver riformulato la richiesta ai monti, comparve una vecchia che si sedette accanto al ragazzo. In mano portava una grossa cesta. Il ragazzo incuriosito chiese cosa fosse. La vecchia parlò: “qui dentro conservo il segreto dei monti ma manca la chiave per raggiungere il loro cuore”. Così chiese al giovane di tenere il cesto sollevato da terra fino a che fosse tornata con la chiave. Non doveva lasciarlo a terra per nessun motivo al mondo. Il ragazzo rimase in piedi con il cesto coperto. Attese. Arrivò la notte ma la vecchia non tornava; intanto il cesto cominciava a farsi più pesante, ma temendo di rovinare il segreto delle montagne lo teneva ben saldo senza mai appoggiarlo. Ad un certo punto passarono due mendicanti che si raccontavano di un editto del Re in cui stabiliva una ricompensa per colui che sarebbe stato in grado di carpire il segreto dei monti: sarebbe diventato principe ereditario e avrebbe sposato la bellissima principessa. Il ragazzo sentì queste voci e guardò il cesto; bastava scoprire il telo per avere tutto ciò che il Re aveva promesso. Ma rimase immobile con il cesto sollevato in attesa della vecchia. Passò un’altra notte e all’alba arrivo di nuovo la vecchia che ora sembrava più giovane e molto bella. La donna gli disse che non aveva trovato la chiave perché si era distratta passando davanti a una cascata meravigliosa, così avrebbe dovuto aver pazienza aspettandola ancora. La donna se ne andò e lui, ormai al limite delle forze, rimase lì in piedi, cesto tra le mani, rigido, con il viso rigato dalle lacrime silenziose e il cuore disperato. Durante la notte arrivò un uomo tutto vestito di nero. Si avvicinò al ragazzo e disse: “Figliolo, riposati. Terrò io questo cesto fino a domani mattina”. Stava per consegnare al buon uomo il cesto ma intuì la trappola. Quell’uomo avrebbe sottratto il segreto della montagna per diventare Re. Più della perdita del segreto lo urtava l’idea di essere poi governato da un Re sleale. Il ragazzo rifiutò e l’uomo si trasformò in un drago gigantesco e nero che inferocito spalancò le enormi ali tenebrose e soffiò fuoco sul giovane. Ma in quel momento comparve la donna che urlò e lo fece sparire in uno sbuffo di fumo. Quella donna, che ora però aveva le sembianze di una bellissima ragazza, disse: “Con la tua pazienza e fedeltà hai onorato il tuo Re e la Montagna. Ora appoggia a terra la cesta, guarda dentro e capirai”. Il giovane cadde a terra. Con le ultime forze scoprì il cesto e guardò dentro. All’interno non vide nulla. La giovane ragazza lo guardò e disse: “Mi ha mandato sua Maestà il Re; hai dimostrato rettitudine e onestà; ora riformula pure la tua domanda alle montagne” e sparì : “Montagne di neve, acqua, vento e gelo, che ne è del vostro cammino?”. Lo scricchiolare delle pietre divenne presto un vero e proprio ruggito. Fu che ad un certo punto la Montagna Regina aprì il primo occhio … poi il secondo … e poi cominciò a stiracchiare braccia e gambe. Il ragazzo assistette a questa meraviglia mentre anche gli altri monti attorno cominciarono a risvegliarsi. La Montagna vide il ragazzo e disse molto lentamente: “Chiedi pure. La tua rettitudine ti da diritto ad una risposta” Il giovane disse: “Tutto si è fermato qui attorno. Il regno si chiede perchè non vi muovete più.” La montagna guardò l’orizzonte. Sembrava volesse godere di quel paesaggio. Poi offrì la risposta: “E’ venuto il giorno della stupidità dell’uomo. È arrivato il momento in cui si è perso ogni buon senso. Non avete fatto altro che usare e consumare. Siamo state usate per soddisfare i vostri bisogni e a volte le vostre follie senza alcun criterio, senza alcun rispetto. Non vi siete mai chiesti se fosse necessario prendersi maggior cura di noi. L’uomo vive in funzione di se stesso, senza rispetto”. A quel punto era importante portare il messaggio al Re. Il giovane affamato e stanco partì portando con sé il cesto. Camminò per giorni ed arrivò al fiume che separava il regno dalla città ma non trovò alcun ponte per passare. Allora arrivò un pesce che saltò nel cesto e disse: “puoi mangiarmi o liberarmi”. Il giovane affamato ebbe pietà del pesce e lo liberò. Subito apparve un ponte permettendo al giovane l’attraversamento. Poi arrivò al bosco celato dalle nebbie colorate. Impossibile procedere. Comparve un folletto che gli chiese del pane. Il ragazzo aprì la cesta e magicamente vi trovò una pagnotta. Poteva mangiarla ma l’offrì al folletto che riconoscente lo accompagnò lungo il sentiero e lo portò fuori dalle nebbie colorate. Proseguì arrivando alle porte del castello. Vi erano due leoni di guardia. Una strega apparve e disse sibilando: “Se mi regali la cesta ti dirò come passare!” il giovane le diede il cesto e lei gli suggerì: “Passerai quando i leoni avranno gli occhi aperti. Ad occhi chiusi ti sbraneranno”. Così attese che i leoni aprissero gli occhi e prendendo tutto il coraggio che poteva li affrontò. Lo lasciarono passare. Al cospetto del Re il giovane raccontò delle notti passate ai piedi delle montagne. Il Re disse: “Sei un bravo ragazzo, leale e coraggioso. Da oggi dovremmo utilizzare le ricchezze che la montagna ci sa donare con maggiore intelligenza!” e poi continuò: “Come promesso ti concederò la mano della principessa mia figlia”. Nella sala, entrò la ragazza che aveva portato il cesto travestita da vecchia. Era adornata da abiti regali. Lui sorrisero e capirono di essere innamorati. Divenne il principe ereditario e, soprattutto, l’ambasciatore delle montagne. Così da quel giorno le montagne ripresero a camminare per il regno. Il principe e la principessa si amavano. Una volta la principessa chiese al giovane principe: “ma non avevi paura a restare tutto solo ai piedi delle montagne?” “ Non ero solo. In quelle notti la montagna ha vegliato su di me”. E vissero per sempre felici e contenti.
Lorenzo Sacchi
Vorrei leggere cento storie al giorno così! Ingenua ma che si dirige come una freccia al cuore del problema, al rispetto che l’uomo deve avere per il suo ambiente, che gli permette di vivere … non siamo altro che un ingranaggio di un congegno molto delicato, ma siamo anche un ingranaggio molto particolare, capace di pensare e di scegliere se agire bene o agire male, nessuno ci toglierà mai la responsabilità dei danno che causiamo.
Un caro saluto!
Mi fa tanto piacere vi piaccia ma soprattutto che faccia nascere altri pensieri e altre parole. Lo spunto per questo tema della montagna è stato molto banalmente un concorso sulle fiabe. Ad interessarmi è stato il fatto che fossero i bambini a giudicarle e questo mi sembrava bello. I contenuti arrivano da una chiacchierata con dei bambini in un vecchio centro estivo di tanti anni fa. Io non ho fatto altro che prendere la struttura della fiaba (che da sola ha una forza propria) e l’ho “colorata” con i personaggi e le idee che mi venivano. Siete stati molto efficaci a dare nome ad alcune cose che nel racconto escono solo con immagine. Si sà che la fiaba arriva in modo diretto ai bambini e ai ragazzi; è un veicolo di valori e messaggi efficace. i nostri bimbi e ragazzi hanno bisogno di sentire che si parli di certi temi, di certi aspetti; ma non basta la parola, non basta l’intervento educativo, non basta spiegare dobbiamo dare l’esempio e la fiaba lo fa. Dobbiamo educare i bambini e le nuove famiglie all linguaggio delle emozioni, al linguaggio degli affetti, tornare al sacro. Sacro inteso come sacralità della vita innalzandosi sopra ogni ogni chiesa o religione. Se solo l’uomo “sentisse” in modo empatico che l’unica cosa sacra è la vita…
Scusate mi sto perdendo 🙂
Le fiabe lavorano da tempi imprecisati; arrivano da culture più antiche della nostra; parlano di un sacro che non era impregnato di religione e di chiesa/fedi. Calvino ci ha insegnato che le fiabe sono Vere. Le fiabe arrivano dalle popolazioni di cacciatori primitivi e sono ancora come le raccontavano allora … questa cosa, solo questa, è sufficiente per farne sentire la potenza! E le montagne… le montagne anche loro arrivano da lontano…
grazie per i vostri commenti arricchiscono ancora di più la mia storiella 🙂
buona vita a tutti
Di quest’ultima non mi sono mai approcciato mentre con alba marcoli a marzo seguirò un corso con lei. Non vedo l’ora!!! 🙂
Grazie Lorenzo per questa bellissima fiaba!!!! ^_^
Grazie a voi. 🙂