(Immagine WALL-E)
Quale filosofo, poeta, artista, pensatore, psicologo o a dirla tutta, quale essere umano non si sia interrogato sul senso della “felicità”, se sia possibile raggiungerla, su come raggiungerla. L’elenco potrebbe essere lunghissimo e tracciare un excursus storico sul concetto di felicità sarebbe un “viaggio” troppo lungo che chi fosse interessato potrebbe benissimo affrontare da solo. Ciò che ho invece deciso di condividere con voi che leggerete queste parole, forse, come quasi tutte le parole che ruotano attorno all’inflazionata parola “felicità”, banali e scontate ma pur sincere fino a sanguinare, ciò su cui voglio soffermarmi è quello che ritengo essere il primo passo necessario per essere felici, il coraggio.
Ci hanno abituato a pensare che la nostra felicità dipenda quasi sempre da qualcosa di esterno a noi, la salute, il denaro, il sesso, l’amore, la stima altrui, il successo, il potere, il riconoscimento, se hai, se possiedi tutto ciò allora sarai una persona felice. Come se tutte queste cose non dipendessero da noi, non fossero strettamente connesse al nostro essere, e allora tu non sei in salute ma hai la salute, non sei piacevolmente invischiato in una relazione erotica ma fai sesso, non sei amore ma lo possiedi come fosse un oggetto da consumare e con inevitabile scadenza, e così all’infinito. Fin quando, facendo i conti ognuno con la propria vita reale, concreta, quotidiana, non ci si accorge che i conti non tornano perfettamente, che potresti godere della massima salute fisica e non essere felice, che potresti fare sesso quattro volte al giorno e non essere felice, che potresti aver ereditato un’enorme ricchezza da tuo nonno o chicchessia e non essere felice, che potresti ricevere la stima e il riconoscimento altrui e potere e successo e amore e ancora non essere pienamente felice. E allora? Sono tutte “balle” di sapone quelle per cui ci si affanna tutta la vita a tal punto da non “vivere” più?
Non lo so, probabilmente no, ma una cosa è certa, non tutte queste “balle” corrispondono a ciò che ognuno di noi desidera profondamente, non tutte queste “balle” sono ciò che potrebbe rendere ciascuno di noi, ognuno nella sua singolarità, felice. Forse siamo tutti d’accordo con Epicuro nell’affermare che ogni essere umano tende alla felicità, potremmo addirittura sostenere senza scandalizzarci, che anche un suicida con il suo gesto non vuole far altro che sfuggire alla sua infelicità, tuttavia non possiamo pensare che ciò che potrebbe rendere felice un uomo è uguale per tutti! L’essere felice comporta una pienezza, una esuberanza, una vitalità che corrisponde ad una piena realizzazione della propria autenticità, autenticità che è unica, singolare, originale nel senso letterale del termine, come qualcosa che ha origine a partire da sé, che non risulta essere la copia di un altro! E questo la dice lunga sulle nostre scelte, che come tutte le scelte sono sempre in vista della felicità. Le nostre scelte sono state e continuano ad essere talmente coraggiose da rispondere alla nostra autenticità? Da risvegliare ogni volta il daimon della felicità dentro di noi, che ci fa dire “Sono vivo! Anche se dovessi letteralmente morire in questo istante io sono vivo e anche se dovessi morire domani io sono sempre stato vivo e lo sono ancora!”? O rispondono piuttosto a quello che abbiamo appreso sulla felicità “per sentito dire”? Quanto il coraggio di scegliere gli studi, il lavoro (forse poco redditizio o poco stimabile per i più), lo stile di vita (forse troppo modesto o troppo semplice per alcuni), l’uomo o la donna (forse troppo brutto/a o troppo grande o troppo povero/a agli occhi degli altri), che sentiamo, spesso anche inaspettatamente, in grado di risvegliare il nostro daimon, nonostante non rispondano a quello che la società e soprattutto coloro che ci circondano, amici e parenti, si aspettano da noi, quanto questo coraggio è determinante per la nostra felicità e di conseguenza anche per la nostra salute psicofisica? Quanto saremmo più capaci di sopportare anche il dolore inevitabilmente connesso ad ogni scelta (e chissà probabilmente l’idea che il dolore non abbia nulla a che vedere con la felicità è soltanto un’altra “balla” di sapone!)? Forse solo la felicità frutto di questo coraggio potrà renderci veramente potenti, stimabili, amanti e amabili, ricchi di tutto il necessario, riconoscenti e riconosciuti o forse niente di tutto questo…o forse è giusto che ognuno dia a se stesso la risposta a questa domanda che vi lascio con l’augurio di un 2012 autentico e felice!
Patrizia Ferraro
La felicità è una stupenda anomalia che l’uomo incontra quando è impegnato a cercarla altrove.
Ciao
Una riflessione condivisibile. Io credo che la felicità non può dipendere da qualcosa, qualunque cosa sia, perchè se questo qualcosa non riusciamo, per un motivo o per un altro, a raggiungerlo non siamo felici. Penso che sia felice veramente solo chi si senta libero, solo chi liberi il concetto della felicità e la viva per se stessa, chi cioè ha come fine la felicità stessa e non la felicità legata a qualcos’altro. Per liberare la felicità ci vuole coraggio. Il coraggio della felicità è allora il coraggio della libertà della felicità.
Sono molto d’accordo. E’ veramente inutile cercare la felicità, la libertà, fuori da noi stessi. Invece ci vuole coraggio nel rispettare noi stessi e i nostri sentimenti.
Non credo che però sia sempre così facile, anche perché, se anche c’è il coraggio, spesso crediamo di conoscerci e invece poi con il tempo ci rendiamo conto che non avevamo proprio capito niente di noi stessi, che avevamo scommesso su cavalli che si sono volatilizzati dopo la griglia di partenza … e alla fine ci ritroviamo a dover condividere con scelte obsolete e sbagliate alle quali il nostro daimon della felicità deve sopravvivere … e in questo caso serve ancora più coraggio e determinazione … insomma una gran fatica essere felici!! 🙂
Cara Patrizia, io non sono per la felicità e penso che la nostra autenticità sia ben altra cosa!!!! 🙂
La felicità a mio parere è legata all’accettazione, se sappiamo accettare tutte le contraddizioni di questo mondo saremo felici, altrimenti sarà molto difficile.