
La follia della Perdita
In questo numero di CineSofia tratteremo di un film del 1991 dal titolo “La leggenda del Re Pescatore” diretto dal regista Terry Gilliam e interpretato con grande bravura dagli attori Robin Williams e Jeff Bridges.
Un evento tragico segnerà le vite di Parry e Jack Lucas (i due protagonisti), trasformando l’uno in un barbone, l’altro in un alcolizzato. Le loro storie però si incroceranno casualmente, in una follia amica e bizzarra.
Per questo film che ha vinto, tra l’altro, alla 48° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il Leone d’argento – Premio Speciale per la regia e si è distinto per l’eccellenza degli attori Robin Williams, Jeff Bridges (ai quali sono andati due Golden Globe come migliori attori in un film drammatico) e Mercedes Ruehl (Oscar come migliore attrice non protagonista), abbiamo scelto come tema La follia della perdita. Le difficoltà maggiori che incontriamo lungo il nostro cammino sono quelle di riconoscere i cosiddetti “punti di equilibrio esistenziali”.

Cos’è l’equilibrio esistenziale?
Tutte le nostre motivazioni sono tese a fissare un piano su cui poggiare le nostre incertezze e le nostre paure più profonde. Non è raro sentirsi estranei a noi stessi ed all’ambiente in cui agiamo quindi con personalità e forza cerchiamo dei riferimenti che possano lasciarci in sella ai nostri sogni. Tuttavia, deragliare da quel binario convenzionale non è poi così difficile ed entrare nel clan degli emarginati resta una possibilità concreta.
In un momento di sconforto dirà Jack Lucas: Ma tu lo hai mai letto Nietzsche? Nietzsche dice che ci sono due tipi di persone al mondo, persone che sono destinate alla grandezza, come Walt Disney e Hitler e poi ci sono quelli come noi … lui ci chiamava gli scarti di fabbrica. Siamo stuzzicati, a volte ci avviciniamo alla grandezza ma non ci arriviamo mai. Siamo le masse senza valore, siamo gli articoli usa e getta. Ci sbattono sotto i treni, ci capitano i cibi avariati, ci sparano per caso al supermercato.
Oscilliamo tra la grandezza e la perdita?
Tutto ciò che desideriamo è realizzare noi stessi e i progetti che abitano nella nostra testa e non raggiungerli può farci defluire in un mondo-spazzatura.
Fallire può destabilizzarci?
Ci impegniamo sempre per i nostri obiettivi?

La vita ci riserva diverse sorprese e fallire sui nostri “investimenti” può lasciarci ferite profonde che difficilmente possono volare via come foglie al vento. Pertanto, il sapore della sconfitta si poggia sulla nostra spalla nel momento in cui cediamo il passo all’irrealizzabilità, alimentando a dismisura i nostri sensi di colpa.
Affermerà Jack Lucas: Hai mai la sensazione, a volte, che ti stiano punendo per i tuoi peccati?
Come lavare le nostre “infrazioni”?
I momenti di sconforto capitano a tutti, momenti difficili in cui il nostro carattere è messo a dura prova, ci sentiamo infreddoliti e tremiamo di fronte al nostro passato.
Sempre Jack Lucas dirà: Vorrei che ci fosse un modo di pagare la multa e andare a casa.
Dunque, l’esistenza continua a tingersi di momenti belli e finestre oscurate ed è dura saltare fuori come per evitare una pozza d’acqua. La routine investe i nostri sensi cercando di addormentarli e addomesticarli e vorresti che qualcosa o qualcuno ti gettasse una fune per calarti sulla strada della salvezza.
Ecco cosa dirà un vagabondo seduto sulla sedia a rotelle in una stazione a Jack Lucas: Beh, paga così non deve guardare. Vedi, uno va a lavorare otto ore al giorno, sette giorni la settimana, si sente le palle così strizzate in una morsa che comincia a contestare l’essenza stessa della sua esistenza e poi un giorno verso l’ora di staccare il capo lo chiama nel suo ufficio e dice: “Ehi Bob vieni un momento qua, dammi una leccatina al culo”. Lui pensa, chi se ne frega, sarà quel che sarà…ho proprio voglia di vedere che faccia fa quando gli pianto questo paio di forbici nel braccio. Ma poi pensa a me e dice: “Un momento, ho tutte e due le braccia, ho tutte e due le gambe, non devo mendicare per vivere” e stai sicuro che Bob mette giù le forbici e tira fuori la linguetta. Vedi io sono una specie di semaforo della morale, come se dicessi: “Rosso, non si va oltre, Bu, Bu, Bu”.
Tuttavia, di cosa abbiamo veramente bisogno?
È sufficiente il nostro “bagaglio” per vivere con pienezza?

I nostri progetti di vita devono sempre rientrare in un insieme condiviso e capita, non di rado, di sentirsi estranei, che il tempo cambi le nostre priorità lasciandoci ai margini del nostro stesso vivere. Ci sentiamo spesso smarriti e delusi perché realizzarsi non è solo un obiettivo interno ma anche un consenso esterno. Consapevoli di un successo o di un fallimento, corriamo sul filo della follia e dimentichiamo la purezza del nostro cuore.
Parry racconterà la storia del Re Pescatore: Comincia col Re da ragazzo che doveva passare la notte nella foresta per dimostrare il suo coraggio e diventare Re…e mentre passa la notte da solo è visitato da una visione sacra, nel fuoco del bivacco gli appare il Santo Graal, simbolo della grazia divina e una voce dice al ragazzo: “Tu custodirai il Graal onde possa guarire i cuori degli uomini”. Ma il ragazzo accecato dalla visione di una vita piena di potere, di gloria, di bellezza, in uno stato di completo stupore, si sentì per un attimo non un ragazzo ma onnipotente, come Dio. Allungò la mano per prendere il Graal e il Graal svanì, lasciandogli la mano tremendamente ustionata dal fuoco e mentre il ragazzo cresceva la ferita si approfondiva, finché un giorno la vita per lui non ebbe più scopo, non aveva più fede in nessuno, neanche in se stesso, non poteva amare né sentirsi amato, era ammalato di troppa esperienza e cominciò a morire. Un giorno, un giullare entrò al castello e trovò il Re da solo ed essendo un semplice di spirito egli non vide il Re, vide soltanto un uomo solo e sofferente e chiese al Re: “Che ti addolora amico?” e il Re gli rispose: “Ho sete e vorrei un po’ d’acqua per rinfrescarmi la gola”. Allora il giullare presa una tazza che era accanto al letto, la riempì d’acqua e la porse al Re ed il Re cominciando a bere si rese conto che la piaga si era rimarginata, si guardò le mani e vide che c’era il Santo Graal, quello che aveva cercato per tutta la vita, si volse al giullare e chiese stupito: “Come hai potuto tu trovare ciò che i miei valorosi cavalieri mai hanno trovato?” e il giullare rispose: “Io non lo so, sapevo solo che avevi sete”. Aver fissato dei punti che ci tengano in equilibrio non equivale ad aver trovato il senso del nostro vivere, il Santo Graal. La follia non è solo un’ipotesi di deragliamento ma anche uno stato che può aiutarci a capire quanto è importante il nostro animo. Non conformarsi ad un universo conciliante può farci vibrare come una corda di violino la cui musica può risultare fastidiosa. Ecco allora che perdiamo il dialogo con noi stessi e con un mondo che non sempre è ospitale se non nella misura in cui si è materia plasmante.

Cosa ci lega al mondo e ci tiene apparentemente lontani dalla follia?
Gli affetti e le persone che amiamo. Quando il nostro essere riesce ad entrare in contatto con un’altra creatura e riesce soprattutto a trasmettere e a ricevere le emozioni vere ecco che il nostro motore esistenziale entra in una combustione positiva.
Dunque, la fitta ragnatela di “relazioni” ci permette di rinforzare i nostri punti di equilibrio e di dare un senso alle nostre domande perché in definitiva quello che facciamo di più vero e di più puro lo facciamo per amore.
Parry risponderà a Lydia Sinclair: Non dica così, non c’è spazzatura nel sentimento. Il sentimento è passione, è immaginazione, bellezza e poi a volte, si trovano cose bellissime nella spazzatura.
La perdita può essere superata, la follia può essere dominata solo se avremo il coraggio di annaffiare i nostri sentimenti e di lasciarli sfiorire accanto all’altro.
Jack Lucas dirà al suo amico Parry in coma: Ti sveglieresti un po’ per me? Non ti dai per vinto, eh? Tu speri sempre di farmi fare quella follia, vero? Scordatelo, tanto non ce la fai. Io non mi sento responsabile con te o chiunque altro, capita a tutti di avere guai più o meno grossi, io mica sono Dio, non decido io, chi deve sopravvivere. Eh dì qualcosa! Sta andando tutto bene, davvero, avrò un mio talk show, con un contratto incredibile aggiungerei, ho una ragazza incredibilmente bella e arrapante e sto facendo una vita incredibilmente piacevole…e inutile che stai lì a crogiolarti nel tuo coma, a credere che io voglia lasciare tutto perché mi sento responsabile verso di te, io non sono responsabile. Io non mi sento in colpa, tu hai la vita facile, io combatto ogni giorno, ogni fottuto giorno per riuscire a capire che cavolo sto facendo. Beh qualsiasi cosa io faccia sento che non ho niente. Per cui non ti compatisco, è facile essere matto, prova ad essere me…e quindi non lo farò, non ci credo in queste stronzate e non mi raccontare quella storia che sono l’eletto, non c’è niente, niente di speciale in me. Lo controllo io il mio destino non un branco di folletti rubicondi e grassottelli, lo decido io cosa voglio fare e non intendo rischiare la mia vita per cercare un fottuto calice per un fottuto vegetale come te. Figlio di puttana ma che cazzo posso fare? Che cazzo dovrei fare? Che cazzo dovrei fare? Il calice…ok d’accordo, ammesso e non concesso che io decida di prenderlo, ok? Se lo faccio devi sapere che non lo faccio perché sento di doverlo fare o perché mi sento maledetto o colpevole o responsabile, se io lo faccio…oh cazzo…se io lo faccio e comunque se, è perché mi va di farlo per te, tutto qui…per te. Non te ne andare.
Francesco Colia