Ci sono uomini che sono troppo fragili per andare in frantumi. A questi appartengo anch’io.
Ludwig Josef Johann Wittgenstein
I pensieri governano la mente e la parola viene istruita, rafforzata, ingannata per districare la moltitudine di occasioni che affollano la testa. La parola detta è sempre un’intesa, un universo di mondi possibili dove la verità entra in scena solo a determinate condizioni. Ciò che voglio è diverso da ciò che desidero perché mentre il volere gravita intorno alla ratio, al lucido piano di un pensiero, il desiderio è un satellite dell’anima. Dunque, ascoltare la parola significa credere nello spazio di una mente e nel gioco progettato da essa per realizzarlo. Credere e allo stesso tempo cadere perché l’occasione è un’implosione di emozioni, colorata su una tela fitta di ricordi. La mente cullata da infiniti pensieri plasma le proprie immagini in parole confortanti, la mente, mente, e lo fa con una rigorosa regolarità per conformarsi alle brame dei pensieri, quelli più nascosti, quelli più irriverenti. Così un regalo non è un momento di attenzione ma una scadenza piena di distrazione. La parola è prigioniera della mente e i pensieri dominano questo sodalizio di fragili incapacità. Lettere come stelle, parole come pianeti e i pensieri restano sospesi nel tempo, nelle figure rassicuranti dell’anima. La memoria è una galassia fantasma, il corpo un piccolo giocattolo danneggiato e il desiderio, quel minuscolo sole estivo, vorrebbe frantumare ogni argine di volontà, vorrebbe risalire nella superfice della verità. I pensieri governano la mente e la parola è sempre più spesso orfana di felicità.
Francesco Colia