Arrival
Hannah
Arrival è una pellicola del 2016 diretta dal regista canadese Denis Villeneuve e interpretata da Amy Adams, Jeremy Renner e Forest Whitaker. Questo film di fantascienza racconta il primo contatto tra una specie aliena (Eptapodi) e l’uomo. La storia descrive il tentativo difficile di comunicare tra le due specie e le paure dell’uomo nel non capire il linguaggio degli Eptapodi. Il titolo di questo CineSofia è Hannah.
È difficile definire la nostra vita, tutto scorre velocemente e spesso non diamo la giusta attenzione alle cose e alle persone. Dare un senso a ciò che accade è un compito arduo perché il nostro comprendere si mescola alle emozioni, al tempo e al mondo. Sicuramente l’ambiente in cui cresciamo condiziona le nostre percezioni e la nostra capacità di pensiero. Esistiamo nel mondo perché determinate situazioni ce lo permettono, siamo il nucleo di una vita che ci appartiene solo in parte e questo inevitabilmente non fa che aumentare il distacco tra noi e l’universo ignoto. Tuttavia, il linguaggio sembra essere l’unico “strumento” di connessione con la conoscenza, l’unico progetto di esistenzialità possibile.
Così il mio linguaggio è la somma totale di me stesso perché l’uomo è il pensiero.
Charles Sanders Peirce
Dunque, l’essere nel mondo prende forma e sostanza grazie al linguaggio. Costruiamo città, luoghi, stanze di parole e segni che permettono al nostro io di essere in collegamento con lo spazio esterno. Comunichiamo o almeno cerchiamo di comunicare le nostre emozioni e i nostri pensieri solo con l’ausilio del linguaggio. Anche se ci troviamo di fronte ad un’epoca fortemente legata all’apparenza, in un periodo storico dove l’informazione viene catapultata ad ogni angolo del nostro campo recettivo, comunicare resta una delle forme di espressione più difficili e misteriose.
Il linguaggio è un labirinto di strade. Vieni da una parte e ti sai orientare; giungi allo stesso punto da un’altra parte, e non ti raccapezzi più.
Ludwig Wittgenstein
La direzione che seguiamo è una combinazione di elementi profondi e tangibili, elaborata su dei limiti imposti dalla conoscenza e dal nostro percorso formativo. Ciò che comunichiamo spesso è filtrato dalle nostre paure e dalla nostra mancanza di responsabilità verso un mondo che consideriamo molte volte, ostile. Le strade del pensare non fioriscono in un linguaggio chiaro perché quello che sentiamo non è un’armonia di segnali, anzi, dentro di noi molte volte regna un caos difficilmente governabile.
Louise Banks: Un tempo pensavo che questo fosse l’inizio della tua storia. La memoria è una cosa strana, non funziona come credevo, siamo così limitati dal tempo e dal suo ordine. Ricordo alcuni momenti in mezzo e questa è stata la fine. Ma ora non so più se credo che esista un inizio e una fine, ci sono giorni che determinano la tua storia al di là della tua vita come il giorno in cui arrivarono.
Il tempo agisce in modo arbitrario, non ha un piano preciso anche se noi crediamo di poterlo imprigionare in lancette, numeri o display di ogni genere. Così il tempo varca le stanze della nostra mente, creando arredi di ogni genere, riempiendo la memoria di ricordi e i sogni di speranze. Dunque, l’istante in cui ci troviamo oscilla come una barca in tempesta cercando un senso che si nutre di emozioni e affetti.
In te, animo mio, misuro i tempi; quando misuro te, misuro il tempo. Non turbarmi con la domanda: perché mai? Non distogliermi, con una falsa domanda, dal guardare a te. Non ostacolare te stesso con la confusione di ciò da cui puoi essere affetto. In te, torno a dire, misuro il tempo; le cose transeunti ti mettono in un “sentirti” che rimane, mentre esse si dileguano. Io misuro il “sentirmi” nell’esistenza presente, non le cose che passano affinché esso sorga. È il mio “sentirmi” che misuro, ripeto, quando misuro il tempo.
Agostino
Pertanto, questa esistenza stretta e delimitata dal tempo si sviluppa lungo un percorso di conoscenza che cristallizza ogni momento come una fotografia. Così il linguaggio traduce queste nostre esperienze in parole, segni e gesti per comunicare ciò che percepiamo e quello che non riusciamo a comprendere. Mentre le parole costruiscono mondi e sollecitano la nostra immaginazione; i numeri, la scienza ci proiettano verso scenari e domande impensabili.
Ian Donnelly: La lingua è il fondamento della civiltà, è il collante che tiene insieme un popolo, è la prima arma che si sfodera in un conflitto…sì, è fantastico anche se è sbagliato.
Louise Banks: È sbagliato?
Ian Donnelly: Bè, il fondamento della civiltà non è il linguaggio, è la scienza.
Il linguaggio è cambiato nel corso del tempo, la scienza e la tecnologia hanno mutato le nostre esigenze, abitudini e comportamenti quindi è difficile ora capire cosa siamo diventati, cosa siamo in questa epoca così oscura e incerta. Affermava Marc Bolch: La varietà delle testimonianze storiche è pressoché infinita. Tutto ciò che l’uomo dice o scrive, tutto ciò che costruisce, tutto ciò che sfiora, può e deve fornire informazioni su di lui. Dunque, ciò che diffondiamo nel nostro panorama “visivo” è sempre qualcosa di autoreferenziale ma sarà la reale rappresentazione di chi siamo? L’incomunicabilità non nasce dalle diversità bensì dall’egoismo e dall’affermazione di una verità parziale e edulcorata. Le nostre emozioni ci rendono fragili in un mondo che vuole solo ribadire il concetto di forza e apparenza.
La vita umana non è un soggetto qualsiasi che deve fare un qualche artificio per entrare nel mondo. Esserci in quanto essere-nel-mondo vuol dire: essere nel mondo in modo che questo essere significhi: avere a che fare con il mondo; rimanere nel mondo in una modalità dell’eseguire, dell’operare, dello sbrigare, ma anche del considerare, dell’interrogare, del determinare mediante l’osservazione e la comparazione. L’essere-nel-mondo è caratterizzato come prendersi cura (Besorgen)…L’esserci in quanto siffatto essere-nel-mondo è contemporaneamente un essere-l’uno-con-l’altro, un essere con altri: un avere qui con altri lo stesso mondo, un incontrarsi l’un l’atro, un essere l’uno con l’altro nel modo dell’essere-l’uno-per-l’altro…L’essere l’uno con l’altro nel mondo, l’avere il mondo essendo uno con l’altro, possiede una determinazione d’essere eminente. Il modo fondamentale dell’esserci del mondo, l’avere qui il mondo l’uno con l’altro, è il parlare (Sprechen). Considerato in senso pieno, il parlare è parlare di qualcosa esprimendosi (aussprechend) con un altro. L’essere-nel-mondo dell’uomo si svolge prevalentemente nel parlare…Nessuno nella quotidianità è se stesso. Ciò che egli è, e il modo in cui lo è, non lo è nessuno: nessuno, eppure tutti insieme, senza che nessuno sia se stesso.
Martin Heidegger
Hannah: Qual è? Cosa sarebbe?
Louise Banks: Riguarda una malattia molto rara ed è inarrestabile un po’ come sei tu che sei un pesciolino e hai le tue poesie e tutte le altre cose meravigliose che regali al mondo.
Sono le persone che entrano a far parte della nostra vita che rendono meravigliosa l’esistenza, l’esistere. Me stesso è sempre un dono condiviso tra quello che so e quello che non so, tra quello che mi appartiene e quello che appartiene agli altri. Il linguaggio mette in relazioni mondi e universi diversi, rendendo questo viaggio un’esperienza unica e straordinaria.
Louise Banks: Nonostante io conosca il viaggio e dove porterà, lo accetto, dal primo all’ultimo momento.
L’autenticità del vivere si realizza nel momento in cui sono in grado di esprimere le mie emozioni, quando il tempo non assume dei limiti ma si dilata e si trasforma in uno spazio dove tutto segue un disegno preciso. Il linguaggio non apre soltanto la porta della conoscenza ma concede l’opportunità di essere liberi, concede la possibilità di essere con gli altri come uno straordinario progetto esistenziale.
Louise Banks: Se potessi vedere la tua vita dall’inizio alla fine, cambieresti qualcosa?
Ian Donnelly: Esprimerei più spesso quello che sento forse, non lo so. Da che mi ricordo ho passato la vita a testa in su a guardare le stelle però la più grande sorpresa non è stato incontrare loro, è stato incontrare te.
Francesco Colia