Spesso ci domandiamo cosa sia effettivamente il bene, se fare delle azioni colme del nostro sentimento più puro e sincero possa ritenersi sufficiente per un segno inequivocabile di altruismo.
Come possiamo capire se fare del bene è un dono o una semplice condizione di razionalità comprensiva?
I nostri gesti sono sempre determinati da un pensiero, costruito fedelmente sull’esperienza e sul contrasto forte e indelebile del nostro io. Già, il nostro io, materia di studi senza fine, terreno innumerevole di domande che il silenzio schernisce con brutalità mentre il dubbio lo veste di pericolosità. Ci muoviamo in ragione di un perché e offriamo il nostro tempo e le nostre energie, affettive o fisiche, per rispondere ad una richiesta.
Tuttavia, diamo seguito alle richieste per noi stessi (quell’universo cangiante di pretese e attese) o in virtù di un aiuto proveniente da un’altra entità?
Il bene, fare del bene, credere nel bene, è un alloggio spesso scomodo con una fede spesso traballante. Immaginare che qualcuno o qualcosa possa essere felice per un nostro gesto senza pretendere riconoscenza o nulla in cambio è davvero difficile da capire. Il mondo contemporaneo detta regole ben precise: si fa per ottenere, si pondera con attenzione ogni comportamento per avere un esplicito tornaconto. La morale di un bene che possa infondere un piacere che non riguarda direttamente i nostri sensi si sta lentamente sciogliendo nell’abisso profondo dell’indifferenza.
Tuttavia, la felicità altrui, di un altro essere vivente dovrebbe generare in noi un entusiasmo sconfinato. Il nostro io, la nostra integrità esistenziale non può ritenersi un progetto ben riuscito se non condiviso con il mondo, con ciò che ci circonda…
La felicità è reale solo quando condivisa.
Christopher McCandless
I nostri punti di raccolta sono puntualmente spazi virtuali dove ciò che si è assume il volto dell’approvazione e della visibilità trascurando radicalmente il terreno fertile dell’essere e del non-essere.
Il tentativo di divenire avviene dopo lunghi e frequenti contrasti tra ciò che si vuole e ciò che si ha, tra inganni e verità di un vivere indubbiamente complicato. In tutto ciò il bene dove si cela?
Infatti io me ne vado in giro senza fare altro se non persuadervi, giovani e vecchi, a non preoccuparvi né del corpo [30b] né dei soldi più che dell’anima, perché sia quanto migliore possibile, dicendo: “L’eccellenza (ἀρετή/aretè) non deriva dalla ricchezza, ma dalla virtù (ἀρετή/aretè) provengono la ricchezza e tutti gli altri beni per gli uomini, sia sia come privati sia in quanto comunità.”
Platone – Apologia di Socrate
Dunque, il bene non può che risiedere nell’anima, vivere e alloggiare nel posto più profondo e indecifrabile dell’essere. Tutte le volte che interpretiamo il bene soltanto come un’azione, un gesto o una parola non facciamo altro che definire e delimitare un desiderio. Il bene puro non può essere semplicemente tradotto in un risultato sicuro, il bene è e resterà una condivisione, un’attenzione, una comprensione che unisce, mette in relazione due o più essere viventi.
Infatti, il male implica non solo una conseguenza negativa per chi lo riceve ma principalmente un annichilamento interiore per chi lo fa. Fare del male equivale ad annientare la propria anima, frantumare la propria identità in singolarità di poco rilievo.
L’essere e il non-essere sono gli unici spazi dove il bene può esprimere le proprie potenzialità.
Tuttavia mentre la strada dell’essere può condurre il bene verso la sua dimensione congeniale, la strada del non-essere (che non coincide con il male) può portare il bene verso una progettualità priva di emozioni. Ognuno subisce il fascino del male, viene accarezzato dal desiderio di ottenere senza alcun limite e principio morale. Ci si perde, svariate volte e spesso in un oblio senza fine. La conoscenza, sapere, non è una condizione che possa eliminare i nostri dubbi anzi, molte volte può rivelarsi un fardello doloroso.
Tutti noi vogliamo essere ri-conosciuti nell’atto di voler bene, vogliamo avere una sorta di ri-compensa smarrendo il vero senso del bene che è quello di donare all’altro un pezzo dell’essere per il mondo. Se riceviamo indifferenza o scarsa attenzione verso delle nostre azioni volte al bene e al voler il bene nella maggior parte dei casi ci sentiamo feriti o impotenti, eppure il bene, l’intima essenza dell’essere e del non-essere, ha raggiunto la sua dimensione originale.
Il bene è null’altro che un’alterità nell’universo dell’essere (nella sua conflittualità) e del mondo in cui abitiamo e noi non dobbiamo fare altro che affondare le nostre corde emotive nel suo enigmatico potere.
Francesco Colia
Credo la grandezza, la bellezza del bene sia proprio nelle eccezioni. Essere nelle pochissime volte in cui non si è feriti o almeno non abbastanza da sentirsi frustrati e impotenti per l’indifferenza di chi riceve. Non essere e non partecipare alla maggioranza che subisce l’irriconoscenza dell’altro. Non perdersi nell’oblio della mancata condivisione.
Nutriti solo dal proprio gesto. Dalla bontà del bene che si fa.
Bellissima risposta ?
Chissà se tu che scrivi sei mai stato in grado di fare del bene senza ricevere nulla in cambio.
Chissà se tu che commenti sei mai stato in grado di capire il bene.