La parola fa un inchino al silenzio e si mette in ascolto dell’indicibile. Spesso è un dolore profondo, a volte una piccola gioia inattesa, non mancano le umiliazioni e i graffi dell’individualismo, la solitudine di sapersi finiti, di non poter promettere di stringere per sempre la mano che amiamo.
E’ incredibile come in questo gesto in cui si raccoglie, facendosi piccola e muta, riesca a crescere di intensità e peso, come se in quell’inchino raccogliesse del silenzio il segreto.
Ritorna poi, nei momenti di quiete, a dire il dicibile, ma non è più la stessa. Porta con sè un peso che prima non conosceva.
Adesso è pura, è tutta intenzione, significa ciò che dice, è finalmente piena.
Ecco perchè la parola vuota scompare nell’insignificanza e nella frivolezza del detto, mentre la piena rimane appesa alle corde dell’anima e della memoria come una promessa mantenuta, che ha pagato il suo debito di attesa.
Ci abbelliscono le parole o ci impoveriscono a secondo del valore di ciò che portano o levano.
Dovrebbero di più inchinarsi al silenzio e lasciarsi cadere mature. Dovrebbero offrirsi senza scontarsi, per rispetto non del silenzio cui fanno l’inchino, ma dell’indicibile cui danno ascolto e del quale raccolgono misteriosamente il segreto.
Antonella Foderaro