Soffermarsi sulle situazioni, quelle tempestive e quelle tempestose e capire che tutto svanirà. Il tempo, voce di un circo ambulante, colora ogni stella luminosa senza tener conto della polvere. Perché abbiamo paura di perdere? Si perdono cose e persone, frutto di scelte scartate o rubate. Sappiamo che le svolte, le strade che non conosciamo più ci addolorano, ci lacerano perché fuori dal luogo intimo del nostro essere. Si può tornare indietro? Già, il tornare, il desiderio di ri-vivere un lasciato non è altro che un déjà-vu nostalgico. Il perdere non è una sconfitta o almeno non nel suo senso profondo, ma un separarsi. Ogni distacco, ogni divisione dischiude una possibilità, un’opportunità. I ricordi sono un luogo immenso, dove depositiamo infiniti cuori pulsanti, sangue di ferite ai margini del reale. Le spiegazioni possono dipingere una parete ma non possono riempire una stanza perché il perdere è un’assenza, un impostore delirante che schernisce quotidianamente i nostri pensieri. Quante volte abbiamo pensato di non essere in grado di fare, disfare, affrontare e quante volte abbiamo puntato il dito sull’incapacità, la superficialità, la credulità trascurando le nostre mani, i nostri occhi, le nostre idee. Possiamo recriminare sul passato, sull’abbandono, sul perdono ma il vero delitto non è il perdere una presenza ma il perdere se stessi. Soffermarsi sulle parole, quelle vuote e quelle votate e capire che tutto cambierà. Il tempo, silenzio di un’eco imperscrutabile, ri-ordina costruzioni sparse sul tappeto del mondo. Già, il mondo, l’esilio più sorprendente che abbiamo, unica palla su cui giocare i nostri sorrisi più sinceri.
Francesco Colia