«Vieni con me».
«No, ti prego, non ora».
«Io sono qui, è dunque l’ora. Vieni con me».
Ebbe paura, come no ne aveva mai avuta, ma andò.
Scesero la prima rampa di scale, la seconda, la terza.
Prima stanza.
«Alla tua sinistra».
«Eh! Ma quella sono io!», ne fu terrorizzata.
«Sì, eri tu. Ora guarda alla tua destra».
Si voltò con estrema lentezza, angosciata per ciò che avrebbe potuto scorgere.
Un altro specchio. Più grande. E lei. Sembrava felice.
«Ero felice allora. Lo ricordo benissimo, avevo tutto ciò che il mio cuore desiderava. E lui mi amava».
«Voltati di nuovo alla tua sinistra».
«Eh! Ommioddio no! Prima non c’era, lui non c’era».
«Prima non l’hai visto. Non volevi vederlo».
Cominciò a piangere come una bambina. Forse per rabbia o forse per tristezza. In quello specchio vide tutta la sua bellezza perduta. Non era rimasto quasi nulla. Sfigurata. Le sue rughe scendevano lungo i lati della bocca, sulla fronte, tra le sopracciglia. Gli occhi cerchiati. Lo sguardo a tratti triste e arrabbiato. La pelle e i capelli spenti. Tutto emanava buio.
«Perché, perché sono così brutta? Non capisco, cosa vuol dire? Io ero felice con lui, lo amavo».
«Il nostro modo d’Amare e di riconoscere l’Amore, dipende dal nostro grado di consapevolezza».
«Io non ti capisco! Non ti capisco!».
«Gli altri, che non vedono se non le apparenze, ti credevano felice. Tu stessa, che non osavi desiderare l’estrema felicità, pensavi con convinzione di essere felice, ti sforzavi di esserlo. E non vedevi».
«Cosa non vedevo?»
«Non vedevi lui. Non lo vedevi per quello che era, perché non riuscivi a vedere nemmeno te per quello che sei. Vedi coloro che vi circondano? Vi sorridono, vi credono felici, qualcuno vi invidia; ecco, dovevate stare al gioco, senza saperlo. Dovevate ubbidire».
«Vuoi dire che era tutto un’illusione, una farsa, una tragica commedia?»
«Sì. Seguimi».
Scesero la quarta rampa di scale, la quinta, la sesta.
Seconda stanza.
«Su, il soffitto».
«Ma sono sempre io! Sono morta! Ti prego basta, andiamo via», disse piangendo.
«Aspetta, non avere paura. Vedi lui?»
«Sì, lo riconosco. Amai anche lui a suo tempo o almeno credo».
«Dove non c’è Vita non può esserci Amore».
«Ma io mi credevo viva, te l’assicuro! Ho pianto così tanto per lui, avrei dato la mia anima pur di stargli accanto».
«A chi avresti dato la tua anima?»
«Non lo so, a chiunque!»
«E infatti l’hai data a lui, facendone il tuo Dio e sei morta. A poco a poco. In silenzio. Senza accorgertene. I tuoi capelli divennero sempre più tristi. I tuoi occhi sempre più chiusi. Il tuo corpo sempre più malato.
Adesso guarda giù.»
«Giù dove?»
«Giù, su questa mattonella. Vedi?»
«Sono io, sono bellissima e c’è anche lui.»
«Vedi coloro che ti circondano? Ti sorridono, ti credono bella, qualcuno ti invidia. Dovevi stare al gioco. Per sopravvivere a te stessa. E così, hai fatto di tutto per renderti più bella di ciò che eri, perché nessuno si accorgesse delle tue rughe».
«Cosa vuoi dire?»
«Non voglio dire nulla che tu non sappia già. Qual è la verità secondo te? Questa o quella lassù, sul soffitto?»
Iniziò a piangere per l’ennesima volta. Non era facile ammettere tutto ciò a se stessi.
«Non angosciarti. Non temere. Nulla è perduto».
«Io sono perduta! Ho vissuto un’intera vita nella menzogna! Credevo di essere viva mentre ero morta, di essere bellissima mentre ero orrenda, di amare mentre ero semplicemente disperata d’amore. Io sapevo, sapevo tutto in fondo al mio cuore, sapevo tutto, ma non volevo vedere!»
«Non piangere più, devi conservare un po’ di lacrime ancora, non pensi?»
«Per chi?»
«Per Lui. Per l’Amore.»
«Io non so riconoscerlo l’Amore. Ogni volta ho creduto fosse l’Amore e questo posso giurarlo!»
«Lo so. Era una forma d’amore ma non l’Amore. Non potevi saperlo perché non eri consapevole. Non hai colpa. Ognuno ama per come è in quel momento della vita. La tua anima era ostacolata e non riusciva a vedere chiaro».
«Da chi ostacolata?»
«Dall’Ego. Hai amato profondamente, disperatamente, ma con l’ego, perché hai scelto con l’ego. L’ultimo l’hai scelto perché ti piaceva ma anche perché era stimato e riconosciuto da molti. E questo ti faceva sentire importante. Il primo l’hai scelto perché era bello ma anche abbastanza benestante. E questo ti faceva comodo. Il terzo l’hai scelto perché era affascinante ma anche perché ti amava più di quanto lo amassi. E questo ti dava sicurezza. Il secondo l’hai scelto perché era giusto così, per svariati motivi, imparavi ad amarlo. E questo ti faceva sentire onesta ed eroica. E così all’infinito».
Continuarono a scendere ancora. La settima rampa di scale, l’ottava, la nona, la decima, e poi ancora e ancora. Li vide tutti. Si vide accanto ad ognuno.
«Oddio che orrore! Come ho potuto!». Il suo cuore non si dava pace.
«Nessuno di loro rispondeva alla tua anima e così rimase sempre più sola e triste. Fu per questo che, a poco a poco, anche il tuo corpo si abbruttì».
«Vuoi dire che era la mia anima?»
«Sì. Voglio dire che il tuo corpo è la tua anima e tu sei questa anima. Seguimi».
La prese per mano. Con un volo balzarono fuori da quelle stanze. Attraversarono le stelle e il tempo. Era lì, in riva al fiume, seduta su una tartaruga. Con gli occhi luminosi di lacrime giocava con le formichine, le farfalle e i pesciolini.
«Ma piange eppure gioca. È felice. È vecchia eppure è bellissima. È una bambina. È sola eppure sembra parlare con qualcuno».
«Ha solo cento anni».
«Come fa ad essere così bella? Anch’io voglio esserlo».
«La vecchiaia appartiene a coloro che non amano. E lei ha amato e continua ad amare. La sua anima non scese mai a compromessi, per questo rimase bambina. Tu non riesci ancora a vedere tutto. Lei non parla sola, è il suo amato. Ci parla e prega. E pregando ama. Ama lui, le formiche, le farfalle, i pesciolini e l’intero universo con tutte le sue creature».
Si asciugò gli occhi. E lo guardò.
«Ma tu chi sei?»
«Mi vedi?»
«Mi fai paura.»
«Perché mai?»
«La tua luce mi fa paura. Ti prego aiutami. Io non voglio scappare. Ti vedo. La tua pelle. Gli occhi. I capelli. Le labbra. Le sopracciglia. Le mani. Lo sguardo. Sei bellissimo.»
«Il mio nome è Amore».
Rimase pietrificata. Pianse come non aveva mia pianto. Pianse di gioia.
E d’improvviso s’illuminò. Era bellissima.
Il percorso nelle stanze era durato un anno. Finalmente la sua anima l’aveva riconosciuto.
Fu come incontrare Dio stesso. Non era lui Dio, ma Dio era lì, con loro, era il loro Amore.
Adesso doveva decidere. Se rimanere con lui o scappare.
Quella scelta avrebbe determinato la sua vita. Per sempre.
Patrizia Ferraro