L’anima Ama
senza fare rumore.
La mente ama
con il baccano
di chi fissa un chiodo.
L’Amore è vita che fluisce. La “fissazione” è qualcosa di “fisso”, che blocca il fluire della vita, è mortifera.
La causa della fissazione è sempre il bisogno di essere amati. Essa nasce, generalmente, quando non c’è reciprocità, perché laddove c’è reciprocità, la vita fluisce dall’uno all’altro e il bisogno d’amore è colmato. Allorquando questo bisogno non viene colmato perché non c’è reciprocità[1], subentra la fissazione per la persona “amata”, la quale, di fatto, non viene amata autenticamente, ma diventa semplicemente l’oggetto della nostra fissazione, su cui si proietta il nostro bisogno d’amore. La fissazione è un modo per colmare il bisogno, in parte inconscio, d’amore, è un modo per sopportare il vuoto d’amore che ci attanaglia, per sopportare il dolore di questo vuoto. È simile ad un bambino che urla senza tregua (la fissazione è un urlo!) perché ha fame, la quale è un bisogno, o meglio, mangiare è un bisogno che se viene negato diventa fame (urlo), provoca dolore e l’urlo del bambino esprime tutto il dolore per questo bisogno[2], che non può essere rimpiazzato con nessun’altra cosa, né con un altro bisogno, fosse anche fisiologico, per esempio dandogli acqua invece di cibo, né con il bisogno di cura e tenerezza, né con una qualsivoglia distrazione. Il bambino urla perché ha fame e si calmerà solo quando questo, e solo questo, bisogno sarà soddisfatto.
Così nell’Amore, l’unica via che potrà veramente guarirci dalla “fissazione” sarà il sentirci profondamente amati da qualcuno. Certamente la consapevolezza che siamo alle prese con una “fissazione” è importante, perché potrebbe evitarci lo “spostamento”, nel senso che il bisogno, sempre per cercare di sopportarne il dolore, il vuoto, potrebbe essere indirizzato (e di conseguenza colmato) verso un’altra cosa, per esempio verso il cibo, verso il sesso, verso chi ci lusinga, verso l’alcool, verso il successo (il riconoscimento totale e a tutti i costi da parte degli altri), verso l’esagerata mania del sapere e dello studio, e mille altre cose ancora. Tuttavia la consapevolezza non è sufficiente per smantellare la fissazione. Solo l’Amore autentico può farlo. Sperimentare di essere amati per ciò che si è, profondamente, autenticamente, senza calcolo, senza malizia, senza interesse, con tenerezza infinita, con innocenza, purezza, freschezza, ingenuità, gratuità[3], trasparenza, essere amati con parole ma soprattutto con gesti di autentica tenerezza, che passano attraverso il corpo, la pelle, con abbracci, carezze, baci, sguardi, che passano, in definitiva, attraverso ciò che noi siamo: CorpoAnima-to.
Patrizia Ferraro
[1] Tuttavia, può accadere che la reciprocità, pur essendoci, non venga percepita, sperimentata, il soggetto non si sente abbastanza amato, pretende di più, pretende ciò che l’altro non può dargli, per il semplice motivo che non riuscirebbe mai a colmare in toto l’infinito desiderio d’amore che l’essere umano si porta dentro, lo squilibrio in questo caso non è nella relazione ma interna al soggetto.
[2] Mi sembra opportuno sottolineare la differenza che separa il bisogno dalla dipendenza, troppo spesso confusi l’uno con l’altro. Il bisogno è una necessità vitale, è ciò che ci consente di stare in vita, di essere “vivi”, fisicamente o psicologicamente o spiritualmente o affettivamente. L’esempio più immediato riguarda i bisogni fisiologici, senza cibo o acqua moriamo “fisicamente”. Tuttavia, se fosse necessario o addirittura se lo “scegliessimo”, riusciremmo a non mangiare anche per più giorni, a non bere per un giorno. La dipendenza non è un bisogno, non è una necessità per mantenerci in vita, anzi, al contrario, ci conduce alla morte: morte fisica o/e morte psicologica e interiore. Inoltre, la dipendenza non ci lascia alcun”potere” di scelta, ha in sé qualcosa di compulsivo. Ciò vale anche nella dipendenza dal sesso, che alcuni definiscono come qualcosa di istintivo, confondendo, probabilmente, l’istintivo con il compulsivo; è chiaro che anche per un tossicodipendente o un alcolizzato è “istintivo” andare a cercare ciò che il suo corpo reclama, il problema sta nel fatto che lui non riesce a dire di “no”, non ha il potere di scegliere, è già, suo malgrado, soggiogato dalla scelta. Il meccanismo è simile in tutte le dipendenze e ciò che le caratterizza sono: assenza di autentica libertà e assenza di vita che fluisce. Il bisogno è legato al piacere, mangiare è un piacere, la sessualità (che è bisogno di tenerezza attraverso la carne) è piacere, ma nel momento in cui il piacere viene sganciato dal bisogno, paradossalmente, diventa dipendenza mortifera, non serve più per vivere e stare bene. Così, due persone che si amano è vero che sentono il bisogno l’uno dell’altro, perché hanno sperimentato che questo li fa stare bene e meglio di quando non si conoscevano ancora, tuttavia questo non significa che, se fosse necessario, non sarebbero in grado di separarsi momentaneamente e continuare a svolgere la loro vita quotidiana, se così non fosse, allora è chiaro che il legame tra i due, simbiotico e malato, piuttosto che moltiplicare vita, l’ha dimezzata, non c’è più la separazione necessaria che consente di far fluire la vita, che consente di “muoversi” liberamente seppure all’interno di un legame.
[3] La gratuità a cui si fa riferimento, in questo caso specifico, non esclude la reciprocità, dal momento che non si sta parlando di Amore/Agape, né di Amore/Filia, ma di Amore/Eros, che non esclude, certamente, l’agape e la filia, ma tuttavia, a differenza delle prime due, presuppone la reciprocità. Reciprocità troppo spesso confusa con lo “scambio”, che caratterizza il commercio, perdendo di vista la vera natura della reciprocità nell’Amore, che è quella del “dono”, ovvero quella della “gratuità reciproca”, senza obbligo, ma con la libertà di chi sceglie di donarsi a chi, a sua volta, si dona a me, la libertà di due persone che, liberamente, per Amore, si “obbligano” l’un l’altro.