Il mio mondo, il nostro mondo, centro affollato di una descrizione incompleta fugge dalla verità e dalla casualità. Una massa immensa di lettere, logiche interpretative snocciolano soltanto incomprensioni. Così le cose, le mie, le nostre vanno alla deriva, senza una meta precisa seguono le imprese più titaniche e le sconfitte più drammatiche. Malgrado tutto ciò perché con tanta insistenza il mio guscio, il nostro guscio è oltremodo curato, lodato, truccato? Lo sguardo, il mio, il nostro è accoccolato nel cuore di un pensiero nascosto dove la sconfitta è un fumoso gioco da adulti e le parole sono una schiumosa esplosione di chiacchiere. Così le uniche risorse che abbiamo le mettiamo da parte, chiuse in scatole anonime, scotchcciate per essere riposte in vecchi scantinati. Il tempo non aspetta, i ripensamenti sono una ferita senza sutura ma il decidere è un tuffo nel profondo ignoto del vivere. Sono sfuggenti le mie, le nostre cose anche quando sono a portata di mano. Tuttavia, si afferra sempre la grande e indifferente superficie del pensare, battendo i denti non per il freddo ma per la noia. Il mio mondo, il nostro mondo, periferia di un’immagine perfetta sosta nelle apparenze e nelle certezze. Eppure quelle piccole e semplici emozioni sono tutto ciò che sono, siamo, nel vincolo di un agire così incosciente e dolente. Un giorno che non verrà il nodo sarà allentato, tenuto appeso come una lacrima in procinto di cadere e tutto sarà leggero, fluttuante, rassicurante. Così le uniche risorse che abbiamo sono nelle cose, quelle mostrate e quelle celate, in attesa della loro destinazione originale, in silenzio nella loro dimensione occasionale.
Francesco Colia