Il ragazzo camminava rapidamente sul marciapiede della strada di periferia.
Il cuore gli batteva forte e gli sembrava di avere dentro il petto un macigno.
Ma ormai aveva deciso di far colpo su di lei, di dimostrarle di essere un vero uomo.
Adocchiò la preda: una macchina il cui proprietario aveva lasciato la chiave al cruscotto. I battiti del cuore raddoppiarono mentre apriva, guardandosi intorno, la portiera: tutto andava bene e qualche raro passante non badò affatto a lui che si era messo alla guida.
Aveva già pensato prima che l’antifurto si sarebbe potuto mettere a suonare: in quel caso era pronto a scappare. Ma l’auto partì senza alcun problema e nessuno aveva provato a fermarlo o a gridare “Al ladro!”.
Procedeva piano per non dare nell’occhio e il suo respiro si stava normalizzando, era tornato leggero, quasi normale.
Si complimentò con se stesso: c’era riuscito, adesso sì che era un vero uomo e sicuramente lei l’avrebbe apprezzato.
D’altronde, che c’era di male a voler fare una passeggiata con la ragazza, “prendendo in prestito” una macchina che poi avrebbe lasciata da qualche parte senza alcun danno per il proprietario se non il consumo di un po’ di benzina?
Quando all’incrocio vide il vigile, però, si sentì di colpo il solito macigno dentro il petto.
Fortunatamente quello non badò al ragazzo e al fatto che era diventato come una statua di marmo e gli fece segno di passare.
Di nuovo, a poco a poco, riacquistò la leggerezza.
Ma eccola finalmente davanti a quel bar. Era bella, ma pallidissima e, appena salita, gli disse subito che aveva come un groppo allo stomaco.
Mentre procedevano, lui cercò di rassicurarla, come aveva fatto poco prima con se stesso: “Perché tremi? Facciamo solo un giretto!”.
Solo che, quasi subito, la vista di un poliziotto in motocicletta lo inchiodò di nuovo al sedile come se la forza di gravità si fosse improvvisamente centuplicata, mentre lei si mise addirittura a piangere.
Anche una gazzella dei carabinieri adesso! Possibile che tutti gli “sbirri” fossero in circolazione? Per intanto, gli si era troncato il respiro.
Ormai procedeva quasi per forza d’inerzia, aggrappato al volante, e quando la ragazza lo guardò con quello sguardo spaurito capì che non ce la faceva più.
“Accidenti – mentì – il motore si è riscaldato…Forse l’olio…l’acqua…Che scarogna…Dobbiamo fermarci! Presto, scendiamo…”.
E accostò l’auto al marciapiede della stradina.
Rapidamente uscirono da quell’incubo.
Adesso entrambi si sentivano leggeri come piume e si incamminarono abbracciati prendendosi per mano, improvvisamente felici.
Era davvero bello sentirsi così leggeri.
Felice Irrera