Non è semplice esprimersi su un argomento così misterioso e complesso come l’Amore tra due esseri umani, probabilmente, solo la parola poetica sarebbe in grado di farlo. Con tale consapevolezza, mi accingo a mettere nero su bianco delle semplici considerazioni, che non hanno la pretesa di dire cosa l’Amore sia ma piuttosto, forse, cosa l’Amore non può essere. Non a caso mi servirò proprio della più classica opera poetica sull’Amore: Romeo e Giulietta.
Rileggendo, a distanza di anni, quest’opera, con una maturità certamente diversa rispetto all’adolescenza, sono venute fuori delle verità che solo un poeta (quale è stato Shakespeare), ovvero un uomo capace di scrutare le più profonde profondità dell’animo umano, può portare in luce.
L’amore che unisce Romeo e Giulietta è stato spesso definito “romantico”, e io stessa, per molti anni l’ho ritenuto tale, convinta che più un amore ci causa sofferenza più è vero e profondo, identificando, spesso, il desiderio struggente dell’altro che fugge, con l’amore stesso.
Eppure, ad una lettura più realistica e scevra dal “romanticismo” che alberga nel nostro animo di lettori, si scopre come ciò che rende grande ed unico l’amore tra i due protagonisti siano la totale reciprocità e lealtà[1] fino alla morte.
Prima di incontrare Giulietta, il cuore di Romeo si struggeva per Rosalina, la quale non ricambiava il suo amore, e ciò lo rendeva triste e fiacco, come si deduce dalle sue stesse parole[2]. Al cugino Benvolio che voleva persuaderlo di dimenticarla, di non pensarci più e di rivolgere il suo sguardo su altre bellezze, Romeo risponde che ciò sarebbe impossibile, che nessuna bellezza può superare quella della sua Rosalina. È come una dolce “ossessione” dalla quale la mente di Romeo non vuole sganciarsi, perché, comunque, questo desiderio, sebbene lo faccia più soffrire che altro[3], in qualche modo lo fa sentire “vivo”, a parer suo.
Ma ecco, che improvvisamente, “accade” l’inaspettato! E tutto cambia! Romeo cambia! Romeo diventa veramente vivo! Come non lo era mai stato! Come non sapeva di poterlo essere! Se prima si trasportava qua e là come un povero sventurato, con l’animo triste e pesante, adesso balza come un cerbiatto, scavalca muri, supera ostacoli[1], rinnega perfino il suo nome, quel nome che tutti gli altri conoscono, “Montecchi”[2], un rinnegamento che è una rinuncia del proprio “io ideale”, ovvero l’immagine che gli altri hanno di noi! E tutto questo perché, per la prima volta ha sentito il suo vero nome, quel nome che può pronunciare solo l’Amore! Romeo non è più “altrove”, Romeo si è ritrovato! Ecco la follia dell’Amore: rinnegare il proprio ego, l’immagine ideale di sé, per ritrovare il vero se stesso, la propria anima. Ecco il miracolo e il mistero dell’Amore! Un miracolo che accade quando meno ce lo aspettiamo e un mistero che non trova risposta alla domanda “perché?”, perché proprio con lei, perché proprio Giulietta? Sì, è bella agli occhi di Romeo, ma anche Rosalina lo era. Perché Romeo e Giulietta si scelgono reciprocamente, nello stesso istante? È forse una passione fuggevole, che dura il tempo di un fulmine? È quanto la stessa Giulietta si chiede e chiede al suo Romeo e la risposta sarà l’unica possibile: il reciproco voto d’amore! Romeo le chiede subito di sposarlo. Un amore che non è per nulla inseguimento ma piuttosto dono reciproco di sé e che farà dire a Giulietta: “La mia generosità è come il mare e non ha confini e il mio amore è altrettanto profondo, ambedue sono infiniti e così più do a te più ho per me.” Solo un poeta poteva cogliere questa profonda verità dell’amore come “dono” che non è perdita ma arricchimento e sovrabbondanza di sé!
Un’altra domanda che mi assilla, nella lettura di questo testo, è com’è possibile che i due protagonisti si scelgano, in un modo così deciso, senza ombra di dubbio, pur non conoscendosi? È possibile? Oppure esiste solo nelle favole? Eppure, so di storie d’amore reali, per le quali le cose sono andate proprio in questo modo, come a dimostrare e confermare che l’amore non è una semplice questione di affinità o compatibilità caratteriale, che necessita di conoscenza temporale e storica, bensì il misterioso incontro di due anime che inspiegabilmente si appartengono e si “sentono”. Si sentono vivi! L’amore/innamoramento di Romeo e Giulietta rimane eterno, non tanto perché si conclude con la morte, non è certo ciò che desideravano, ma perché loro decidono di non voler, per nulla al mondo, rinunciare al loro legame. E perché? Perché, probabilmente, per la prima volta, si sono sentiti reciprocamente vivi in un modo nuovo ed unico, il loro amore non è un inseguimento, né una passione bestiale, né possessività, ma piuttosto uno scrutarsi, un avvicinarsi, uno sfiorarsi fino a toccarsi ed entrare l’uno nell’altro, fino a scegliersi[1]. E il loro sentirsi vivi, non è un succhiare la linfa vitale l’uno dell’altro, ma piuttosto è il fatto che l’altro/l’amato esiste, è al mondo e l’ho incontrato, che accende una vita nuova nell’intimità dell’amante. Il conflitto sta fuori di loro, la tragedia non è interna al loro legame ma causata da forze esterne, la rivalità delle loro famiglie. Loro combattono fino alla fine affinché queste forze esterne non uccidano il loro amore, rischiando tutto, affinché ciò non accada, preferendo addirittura la morte. E allora ci si chiede, per l’ennesima volta, “perché”? Perché l’hanno fatto? Non potevano mettersi il cuore in pace? Non potevano pensare che, magari, avrebbero incontrato qualcun altro da amare e con meno problemi? Evidentemente no! Erano vivi in un modo in cui non lo erano mai stati, in un modo in cui non osavano nemmeno sperare o immaginare si potesse essere vivi, e nulla è più forte della vita, nessun pensiero, nessuna paura, nessuna ragionevolezza, nessuna morte fisica! Sarebbero stati mille volte più morti se il loro animo, preso dal timore, avrebbe ragionevolmente, rinunciato all’Amore che pronunciò i loro veri Nomi.
Concludo queste mie considerazioni su Romeo e Giulietta, con alcune domande che affollano la mia mente da un po’ di tempo. Nel nostro mondo reale, nel nostro tempo storico, quello di cui sono figlia, nel tempo dell’identificazione di sé con la propria immagine, dell’individualismo sfrenato, del successo a tutti i costi, dell’esposizione estrema dei social network, è ancora possibile sperare che l’amore umano tra due creature sia così profondo ed autentico? È ancora possibile sperare di esser capaci di rinunciare al nome del nostro “ego”/io-ideale che come un’eco ci rimanda sempre e solo a noi stessi ed udire il nostro vero Nome che ci chiama da quell’altrove che è l’Amore e ci trasporta in quella terra promessa che è anche la nostra vera “casa”? È possibile sperare che due esseri umani possano scegliersi reciprocamente e avere la certezza che assieme avranno la forza di superare qualunque ostacolo esterno, sia esso la mancanza di lavoro, le continue subdole tentazioni esterne e quant’altro? In altri termini, è ancora possibile sperare che il miracolo dell’Amore accada, che non sia solo un surrogato di esso, che non sia frutto solo dei nostri bisogni, a volte anche i più bassi, che non sia solo un modo per soddisfare il nostro ego, che non sia un semplice “star bene” perché in compagnia si sta meglio che da soli?
Non lo so, non so ancora rispondere, ma spero di sì, spero che questa speranza sia anche una realtà.
Il tuo vero Nome
Quando l’Amore ti abbraccerà
la vanità del mondo smetterà di esistere
e dal Cielo risuonerà il tuo vero Nome.
Appenderai le tue paure
lasciandole essiccare al sole,
abbandonerai i tuoi sogni di vanagloria
e sfiderai la gravità con la tua leggerezza,
il tuo corpo fremerà con la tua anima
all’unisono e saranno un’unica cosa,
ti alzerai al mattino
felice di essere vivo,
venderai diamanti, oro e argento
per rimanere con Lui,
svaniranno fantasie e idealizzazioni.
E infine, spoglio di tutto
ti sentirai reale ed eterno.
Patrizia Ferraro
[1] Stupende le parole che Shaskespeare mette in bocca a Romeo alla vista di Giulietta: “Bellezza troppo grande per poterla possedere (…). Finita la danza, la avvicinerò e farò benedetta la mia mano rozza toccando la mano di lei”.
E il loro contatto graduale, che è prima un contatto di sguardi, poi di mani, poi di labbra che si sfiorano fino a baciarsi; un contatto che, è evidente, non riduce l’altro ad oggetto da possedere, ma piuttosto ad un mistero da scoprire e in questo mistero nasce il vero desiderio dell’altro, tensione costante verso l’altro da me. Ed è proprio la consapevolezza del mistero dell’altro che, lungi dal ridurre la scelta a qualcosa che “afferra” l’altro rendendolo conoscibile e scontato, piuttosto alimenta costantemente il desiderio/tensione verso l’altro, che rimane e sempre rimarrà insondabile nella suo essere altro da me, la terra sconosciuta che è anche la terra promessa. Inoltre, questo immediato, seppur nella sua gradualità, contatto fisico ci dice come, il loro desiderio d’amore non fu un desiderio “platonico”, mentale, ma reale, come reali erano loro stessi, un desiderio che li spinge l’uno verso l’altro nella loro totalità di anima e corpo inscindibili, le loro anime toccano i corpi l’uno dell’altro.
[1] Romeo: “Sono volato sopra questi muri con le ali dell’amore, perché nessun limite di pietra può chiudere la via della passione. Tutto ciò che amore osa è lecito all’amore. I tuoi parenti non sono un ostacolo per me”.
[2] Giulietta: “Solo il tuo nome mi è nemico, tu sei te stesso, non un Montecchi”. Romeo: “Chiamami «amore» e sarò ribattezzato. Da questo istante non sarò più Romeo”.
[1] Romeo dirà: “Sono stato alla festa del mio nemico e lì mi ha ferito chi io ferivo a mia volta”. E Giulietta chiederà a Romeo lealtà nel suo amore: “…io ti seguirò, mio signore, per tutta la vita, …ma se le tue intenzioni non sono buone, io ti scongiuro…”.
[2] Romeo: “Ahimè, le ore tristi paiono così lunghe! (…) Zitto ho perduto me stesso. Io non sono qui. Questo non è Romeo. Romeo è altrove. (…) Ordineresti a un povero malato di far testamento sul serio? Tetra parola per chi è già tanto triste”.
[3] In un altro momento dell’opera Romeo afferma: “L’amore è cosa tenera? è ruvido, villano, rumoroso e punge come se avesse le spine”.