Attraverso le intuizioni di Cronenberg si ha la sensazione di viaggiare nella metafora del multidimensionale come in un giro di giostra incastrato dentro sinistre scatole cinesi.
Le immagini forti e crude, seppur in un registro direttivo di qualche anno fa, è come se proponessero una loro contemporanea concretezza, quasi a rivendicare un’autenticità discutibile e grosso modo illusoria ma per certi aspetti seduttiva.
“Elaborazioni di elaborazioni” direbbe F. Corrao in Mito, Passione e Memoria (1992), facendo riferimento alla complessità della mente umana che procede per cognizioni simultanee e multidimensionali, qui vigorosamente proiettate sul grande schermo a rappresentare la creatività ideativa del nostro regista che si spinge negli anfratti del regno virtuale.
Attraverso la trasposizione cinematografica di anime vaganti dentro il gioco, Cronenberg infatti è come se realizzasse paradossi percettivi, laddove reale, simbolico e virtuale s’intrecciano in fitte connessioni “neuro-cibernetiche” ambivalenti e, a volte, inquietanti.
Menti iperstimolate da corpi “cerebrali”, dunque, e biologicamente collegate a realtà virtuali da singolari bio-porte di accesso, dalle originali fattezze: simili a orifizi anali, nonché evocative di affascinanti teorie di freudiana memoria.
Non resta che augurarvi una buona visione!