Un altro inizio.
L’esilio di Eva
Al limitare del sogno
si avvede dell’angelo
che terribile
la attende
-Eva
esiliata
del nome
di madre-
E ora è donna
che conosce e dice.
L’oblio del mondo e delle preoccupazioni, che ci avvolge nell’incanto della bellezza, esige il tributo dell’esclusione, l’angoscia di essere allontanati per aver trasceso il limite posto tra il sé e il sublime.
L’oblio del mondo è la colpa dell’origine commessa da Eva, il dissolvimento della coscienza nel momento in cui ella diventa tutt’uno con la bellezza. Ma qualcosa interviene a distogliere Eva dall’estasi: nel suo cuore si fa strada lo sgomento che consegue allo smarrimento per aver reciso, seppure per un attimo, il laccio che la ancora alla cura di chi le è stato affidato. E, nella condanna dell’angelo terribile, ella trova conferma di non poter essere accettata che in questa veste, nell’essere colei che è legata, destinata alla cura dell’altro.
Ad Eva è stato conferito l’attributo “madre dei viventi”, “Eva” significa questo, ma ella è molto di più di questa definizione che la confina: è un sé che si dispiega anche in altre dimensioni, che sfugge agli aggettivi usati per qualificarla e delimitarla. Per conoscerla è necessario oltrepassare il recinto di referenze che la trattiene e lasciarsi attraversare da parole nuove. Eva, nell’estasi, nella comunione con il sublime, ha scoperto che esiste il luogo in cui ella si compie.
Il castigo rivela l’impotenza dell’angelo: messaggero di un mondo che Eva ha già trasceso, egli la ammonisce che uscire fuori dall’assetto delle cose significa perdere approvazione, essere privata di un nome attraverso il quale ella è riconoscibile e dal quale le derivano accettazione e consenso. Ma Eva ora sa che la sua identità non è contenuta nell’attributo con cui è conosciuta, che non coincide con esso; l’angelo può privarla solo di questo nome, ma non dell’essere, perché l’essere è inalienabile.
L’esilio di Eva è una esclusione dall’ordine delle cose di cui non è considerata degna di far parte dal momento in cui ha trasceso il limite. Esiliata da un mondo fissato nel suo assetto, è fuori dalle categorie, ma non da se stessa. Ella è la “madre dei viventi”, perché questa connotazione fa parte del suo essere, ella è l’ente che genera e che fa nascere, non per compito o per definizione, non perché le sia imposto un legame che la trattenga nell’ordine, ma per essenza, e la sua essenza esprime anche in questo modo l’essere tutt’uno con la bellezza e con il sublime.
A volte, sospesa tra nostalgia e anelito, si sofferma ad additare le cose dicendole nella loro incompiuta singolarità e rivela che esse sono inscindibili dalla sua conoscenza e dal suo canto.
Cristina Polli