Una bambina soffriva molto l’assenza della madre che lavorava lontano così – credo per sentirla più vicina – era solita prepararle delle sorprese, quasi che il fare qualcosa per lei ne accelerasse il ritorno.
Una delle cose che la madre non amava era, ad esempio, spolverare, così lei piena di buona volontà, lucidava ben bene il salotto, attenta al minimo dettaglio, in modo che non appena fosse rientrata, non avrebbe avuto bisogno di rivelarle la sorpresa, lei se ne sarebbe necessariamente accorta, non avendo così alcun dubbio sul suo amore.
Entrando nel salotto di sabato pomeriggio la donna mormorava tra sé: “oggi devo dare una bella spolverata!” Poi guardandosi attorno diceva con tono più alto per farsi sentire anche dalla bambina che se ne stava a distanza con aria noncurante: “ma qui tutto brilla! chi è stato a fare questa bella sorpresa alla mamma? lo so io chi è stato, la mia cucciola!”. Era inutile che i due fratelli maggiori – per gioco – gridassero: “no mamma, siamo stati noi!”, lei sapeva riconoscere “il tocco” – così diceva – della figlia minore.
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Credo che l’attenzione abbia la sua origine nell’amore e che solo chi ama ne sia realmente capace, questo è indubbiamente quel “tocco” che ci rende sempre, comunque e ovunque riconoscibili. Tuttavia vi sono diversi livelli di riconoscimento: spesso ci limitiamo a elogiare gli effetti dell’attenzione, i suoi lodevoli risultati, ma non essendo capaci d’altrettanto amore manchiamo di “riconoscenza”, cioè di risposta.
L’attenzione infatti non si paga con la gratitudine, anzi quest’ultima è quasi un’offesa, ma solo ed unicamente con la stessa moneta, cioè con l’attenzione, o per semplificare, come diceva una giovane mistica, Teresa di Lisieux: amor con amor si paga.
Secondo quest’affermazione potrebbe sembrare però che l’attenzione così come si è soliti pensare dell’amore non si possa imparare invece essa è un dono che può e deve essere portato a compimento, cioè reso perfetto.
“L’attenzione consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’oggetto …” – diceva S. Weil – essa è come una radura, un’apertura nell’essere, un’accoglienza dell’altro sia esso inteso come persona che come concetto: disarmati, recettivi di fronte ad un testo, una parola, un discorso, una persona.
Credo che questa capacità sia in parte un dono, una di quelle qualità che scopriamo in noi senza alcun merito, in parte una conquista, come la vittoria per l’atleta. Ecco allora quanto sia necessario oggi educare i giovani e rieducarci alla lentezza perché i tempi lunghi consentono – anche a chi fosse fuori allenamento – di cogliere e gustare la bellezza, di essere attenti verso gli altri, di accoglierne il “tocco” e di “toccarli” con e nella propria unicità.
Se la potenza di una lampadina si calcola sulla capacità che essa ha d’illuminare gli oggetti materiali disposti in un determinato spazio fisico, allo stesso modo l’attenzione conquistata si misura sulla capacità del nostro sguardo di raggiungere l’invisibile. Essere attenti non significa anticipare i desideri o le mosse dell’altro, ma piuttosto retrocedere finché il desiderio maturi ed essere semplicemente presenti al momento opportuno.
Niente di più difficile, si potrebbe obiettare, eppure niente di più naturale. E’ il lavoro del contadino che attento, riconosce l’ora della semina e quando è maturato il tempo del raccolto …
Antonella Foderaro
L’attenzione, tuttavia, non raccoglie alcun risultato ne aspira a essere riconosciuta. L’attenzione sembra orientarsi su due strade: una rivolta verso una cosa animata, l’altra verso un’astrazione o un oggetto. Apparentemente questa distinzione può apparire inutile ma in realtà è proprio l’aspetto emotivo che determina la sua differenza. Ora proviamo a riflettere sul primo caso, l’attenzione verso un essere, umano o animale che sia. Quando il nostro pensiero presta attenzione verso qualcuno, due nostri sensi sono richiamati prepotentemente: l’udito e la vista. Porre attenzione significa principalmente conoscere e mettersi in una posizione passiva. L’attenzione non è un gesto spontaneo ma una predisposizione fondata sulla conoscenza e sul desiderio di soddisfare un interesse. Colui che è attento resta in ascolto per conoscere lo stato d’animo dell’attenzionato, è un approdo razionale verso un’isola da salvaguardare. L’attenzione esprime il suo senso più vero nella comprensione e nella considerazione del “soggetto-oggetto richiamato”; è abbandono di se stessi per l’abbraccio verso “l’altro”, è un far sentire il nostro calore, in definitiva prestare attenzione significa prendersi Cura con distacco. La Cura verso l’altro, svelata con l’attenzione, non si traduce nella solidarietà, qui avviene un distacco-accogliente, si dice: “Sei nei miei pensieri e sono qui per ascoltarti”. C’è una presenza-donata che non s’identifica con una semplice risposta; l’attento è immerso completamente nel mondo dell’altro. Nella relazione attento-attenzionato i due protagonisti viaggiano su due binari diversi. Il sentimento che abita in chi presta attenzione possiamo definirlo di “protezione” perché non si resta solo in ascolto-visivo ma si ha il desiderio di rassicurare. Di diversa natura è il sentimento che dimora nell’essere che riceve attenzione. Se nel mio agire e nel mio essere-manifesto vengo “ascoltato” io provo un sentimento di amore e di fiducia nei confronti “dell’ascoltatore”. Non è riconoscenza ma un amore consapevole dell’attenzione ricevuta. Chi riceve attenzione è cosciente di essere “visto” e non di essere “intra-visto”. Non dimentichiamo che questa è l’epoca della dimenticanza e della s-vista esistenziale. Prima di arrivare all’attenzione verso un’astrazione o un oggetto dobbiamo aggiungere altre considerazioni. Se nella parola “disattenzione” noi riscontriamo una distrazione, una dimenticanza è logico attribuire all’attenzione un significato opposto: in essa risiede il potere della memoria. Nell’attenzione si vuole ricordare, rammentare l’oggetto del nostro interesse, un precetto chiaro e semplice: non dimenticare. Tuttavia, attenzione significa vicinanza verso il nostro “soggetto-oggetto”. Se la disattenzione allontana in noi la volontà di abbracciare, nell’attenzione ci ripariamo vicino all’attenzionato. L’attenzione è amore e candore mentre la disattenzione è assenza dalla mente e dal cuore per questo motivo non prestare attenzione significa allontanarsi. Ciononostante anche l’attenzione sembra destinata a perire nel tempo perché nulla può essere atteso per sempre se non nel ricordo. Il tempo corrode lentamente la potenza dell’attenzione. È necessario in ultima analisi fare una distinzione tra i sentimenti generati dall’attenzione nei diversi casi. L’attenzione verso una cosa animata non soddisfa alcun sentimento personale, noi siamo appagati dalla nostra attenzione-concessa: non ci troviamo di fronte a un dono perché non si dona nulla, ma si riconosce un essere. Di diversa natura sono i sentimenti generati nel caso di attenzione verso un’astrazione o un oggetto. Qui vi è il raggiungimento di un desiderio personale: si soddisfa un piacere esclusivamente privato. Pertanto volgere ora la riflessione sul secondo caso ossia sull’attenzione verso un’astrazione o un oggetto è abbastanza semplice. Le nostre aspirazioni, le nostre ambizioni possono essere realizzate solo se concediamo la giusta attenzione, nulla può attuarsi nella dimenticanza di un obiettivo. Nel caso dell’attenzione verso un oggetto dovremmo fare un’ulteriore distinzione ma forse non è il caso di aprire questo discorso. Concludo con la parte più “umana”. L’attenzione ci gratifica per cui sentirsi importanti rincuora il nostro animo. Se non si ricevono attenzioni, si scivola nell’oblio dell’assenza, nella totale indifferenza e siccome c’è già tanta indifferenza nel mondo noi vogliamo presenziare e testimoniare la nostra vita. Tutti aspiriamo ad-essere, vogliamo uscire da una condizione di assenza a una di presenza e l’attenzione è la miglior medicina per lenire la nostra sofferenza. L’indifferenza è dolore e inadeguatezza.
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– “Mamma perché non resti sempre con me?”
– “Figlia mia quando non ci sono sei sempre con me e quando sentirai la mia mancanza tu pensami perché pensare è la migliore attenzione che tu possa desiderare. Amore mio, pensami perché io sono accanto a te”.
Francesco Colia