Le origini, segno inconfondibile di un inizio disperso tra le luci del passato. La materia, forma deformabile di un fragile percorso tra le ombre del presagire. Così cosparsi nel mare del presentare, non abbiamo modo di capire il nostro tradire. Sopra lastre di parole ghiacciate saltiamo con indifferenza e rassegnazione mentre il tempo gioca con fredda e insolita partecipazione. Piantare lettere di disperata ambizione, provare a distogliere ogni stupida esaltazione così la sostanza si rifugia nella lontananza. Quanta frantumazione nel vivere, quanto imbarazzo nel decidere così la distanza fugge nell’intolleranza. Particolari trascurabili eppure così determinanti da rendere il tutto un pacco da scartare e ripiegare. I cartelli sono cosparsi di numeri e parole così si perde ogni slancio di calore mentre il suono agita ogni colore. È possibile puntare un traguardo mai pensato e per sempre abbandonato? La magia, fumo impensabile di figure teatrali, regali di sorrisi ormai ancestrali. E all’improvviso, un vuoto immobile, un silenzio molle, erba verde che si piega al passaggio del vento, cielo aperto, sopraffatto e mai contento. Le origini, un segno confondibile immerso in un velo di malinconia. La materia, una forma domabile legata in un riflesso di monotonia. E all’improvviso, un’esplosione inattesa, una voce distesa, mani che accarezzano un’emozione sempre attenta e mai spenta.
Francesco Colia